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La Repubblica Rassegna Stampa
11.08.2023 La strategia dell’Ucraina per togliere allo zar la maschera umanitaria
Analisi di Gianluca Di Feo

Testata: La Repubblica
Data: 11 agosto 2023
Pagina: 3
Autore: Gianluca Di Feo
Titolo: «La strategia dell’Ucraina per togliere allo zar la maschera umanitaria»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 11/08/2023, a pag. 3, con il titolo "La strategia dell’Ucraina per togliere allo zar la maschera umanitaria" l'analisi di Gianluca Di Feo.

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Quella del grano è la grande sfida lanciata da Kiev per conquistare il sostegno dei Paesi del Sud, ma soprattutto per ribaltare le manovre avviate dal Cremlino nell’ultimo mese. L’esordio di una controffensiva diplomatica nata dal vertice di Gedda e sottolineata dalle parole del ministro degli Esteri Dmytro Kuleba: «Noi possiamo offrire all’Africa molto più della Russia». Il blocco del corridoio navale nel Mar Nero ordinato da Mosca lo scorso 17 luglio ha reso nuovamente centrale la questione delle forniture di cereali, con prezzi tornati ad aumentare e problemi generalizzati di approvvigionamento. Con la sua mossa, Putin ha in qualche maniera accelerato i colloqui per fermare le armi e infatti i tentativi di mediazione in corso fanno riferimento all’urgenza di ripristinare le esportazioni di prodotti agricoli: dai sauditi all’Unione africana, dagli emiratini ai cinesi, tutti presentano la questione del grano come un elemento chiave per chiudere le ostilità. Lo stesso presidente russo ha sfruttato la crisi, presentandosi sul podio del vertice di San Pietroburgo davanti ai leader africani nelle vesti di statista munifico, pronto a donare cinquantamila tonnellate di cereali a sei paesi dell’Africa, inclusi Mali, Burkina Faso e Repubblica Centroafricana, ossia le roccaforti della brigata Wagner nel Continente. La sua è stata l’operazione di propaganda più riuscita dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina. Che contiene un altro aspetto controverso. Alcuni analisti giudicano infatti che la spinta negoziale nel nome del grano possa rappresentare una trappola per l’Ucraina, diventando l’argomento principe per una tregua più gradita a Mosca che a Kiev. A sostegno di questa tesi sottolineano come solo il 13 per cento delle forniture portate a termine grazie al vecchio accordo abbiano raggiunto l’Africa, con una quota ancora inferiore consegnata nei Paesi più poveri, mentre il 65 per cento è approdato in Cina, Spagna, Turchia, Italia e Olanda. Di fatto, la chiusura arbitraria delle rotte del Mar Nero è finita paradossalmente per favorire la strategia russa, che usa il grano come un bastone e una carota. Di fronte a questa situazione, il governo Zelensky ha cercato di riprendere l’iniziativa e non trovarsi a subire passivamente le scelte del Cremlino. Anzitutto ha agito dal punto di vista militare, scatenando attacchi di droni marittimicontro la flotta russa: azioni condotte in alto mare o nei porti, arrivando a colpire persino a oriente della Crimea. I risultati di questi raid sono stati limitati – una sola unità da sbarco è stata seriamente danneggiata – ma per la prima volta nella Storia la libertà di movimento di una potente marina è stata ostacolata da un avversario privo di navi da guerra, grazie all’impiego di barchini telecomandati di progettazione e produzione nazionale. La ritorsione è stata immediata, con la pioggia di missili contro i silos e i terminali di Odessa, Izmail e Reni, arrivando a bombardare i moli lungo il corso del Danubio a pochi chilometri dalla frontiera romena. Dopo questa dimostrazione di forza, seppur asimmetrica, Kiev è passata alla seconda fase con la sfida aperta al blocco russo, affidata a mercantili civili. Una decisione presa sulla scia dei risultati del vertice di Gedda, che ha visto convergere i piani di mediazione saudita e cinese davanti ai rappresentanti di quaranta stati. Non solo quelli di Europa e Nord America, ma anche il Brasile e tanti Paesi del resto del mondo hanno riconosciuto l’appoggio all’Ucraina. «Pechino – ha detto l’inviato Li Hui – è disposta a ogni sforzo per porre fine alla guerra. Abbiamo molti disaccordi e abbiamo sentito punti di vista diversi, ma è importante che i nostri princìpi siano comuni. Siamo riusciti a raggiungere accordi sulla creazione di gruppi di lavoro per elaborare i dettagli dei temi che occupano un posto di rilievo nella formula di pace espressa dal presidente Zelensky». Il cui caposaldo è chiarissimo: senza il ritiro dai territori occupati non si può trattare. Adesso le navi ricominceranno a salpare da Odessa. Le prime saranno quelle imprigionate sui moli dall’inizio della guerra, almeno sessanta tra cui diverse portacontainer che non sono state incluse nel precedente accordo sul grano. Poi, stando alle dichiarazioni del portavoce della marina ucraina Oleh Chaky, sarà la volta di quelle «con il grano e i prodotti agricoli». Questa “rotta umanitaria” ribadirà la realtà dei fatti, spazzando via gli slogan terzomondisti russi: è stata Mosca a violare tutte le regole del diritto internazionale, invadendo l’Ucraina e sbarrando le acque del Mar Nero. E metterà nuovamente Putin in un angolo: se userà le armi per fermare i mercantili, mostrerà chi è che vuole affamare il pianeta.

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