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israele.net Rassegna Stampa
11.08.2023 Il campo profughi di Jenin non dovrebbe nemmeno esistere. Ecco perché
Analisi di Mitchell Bard, da Israele.net

Testata: israele.net
Data: 11 agosto 2023
Pagina: 1
Autore: Mitchell Bard
Titolo: «Il campo profughi di Jenin non dovrebbe nemmeno esistere. Ecco perché»
Il campo profughi di Jenin non dovrebbe nemmeno esistere. Ecco perché
Analisi di Mitchell Bard, da Israele.net

A destra: il campo profughi di Jenin

Biography
Mitchell Bard

Tra i tanti servizi e commenti giornalistici dedicati all’operazione delle Forze di Difesa israeliane volta a sradicare i terroristi dal campo profughi di Jenin, ce n’è almeno uno che si sia posto la domanda: come mai esiste un campo di profughi palestinesi in un’area controllata dai palestinesi?

Il campo profughi di Jenin è da anni un covo del terrorismo, eppure non dovrebbe nemmeno esistere. Lo istituirono i giordani nel 1953 per alloggiare i palestinesi sfollati da una zona a un’altra della Palestina/Terra d’Israele a causa della guerra del 1948. I giordani lo istituirono dopo che Amman aveva unilateralmente annesso la Cisgiordania che aveva occupato durante l’attacco contro il neonato stato d’Israele. L’annessione venne riconosciuta da due soli paesi: il Pakistan e la Gran Bretagna (che aveva aiutato la Giordania a conquistare quel territorio che l’Onu, con la risoluzione di spartizione del 1947, avevano destinato al futuro stato arabo palestinese).

I 19 anni di illegale occupazione giordana di quell’area non generarono nemmeno l’ombra delle proteste e condanne che avrebbe generato successivamente l’occupazione (legittima, perché difensiva) della stessa area da parte di Israele. In quei due decenni, la Giordania avrebbe potuto creare uno stato palestinese indipendente in Cisgiordania, ma era entrata in guerra per espandere il proprio territorio. I palestinesi, erroneamente descritti come coloro che hanno sempre sognato un loro stato, in tutti quegli anni non rivendicarono mai l’indipendenza in Cisgiordania.

 La Carta Nazionale dell’Olp, redatta nel 1964, con l’art. 24 declinava esplicitamente ogni pretesa di “sovranità sulla Cisgiordania nel Regno Hascemita di Giordania, sulla striscia di Gaza [sotto controllo egiziano] o sull’area di Himmah [il Golan sotto controllo siriano]”. Dopo la guerra dei sei giorni, nella versione della Carta dell’Olp emendata nel 1968 l’enunciato dell’art. 24 è scomparso. (Da: israele.net)

In tutti quegli anni la comunità internazionale, inclusi gli Stati Uniti, non proponeva una soluzione a due stati separando la Giordania dalla Cisgiordania per creare uno stato palestinese: cosa che avrebbe risparmiato al mondo i successivi decenni di diatribe e polemiche sul destino dei palestinesi, con lo scopo di fare di Israele il capro espiatorio della loro condizione di apolidi.

Gli Accordi di Oslo hanno affidato la responsabilità di Jenin all’Autorità Palestinese, nell’aspettativa che si sarebbe adoperata per migliorare la condizione dei residenti smantellando il campo e trasferendo in residenze permanenti i “profughi” (che “profughi” non sono giacché sono palestinesi che vivono in terra palestinese sotto autorità palestinese ndr). Ma né Yasser Arafat, capo dell’Olp, né Abu Mazen, attuale presidente dell’Autorità Palestinese, avevano alcun interesse ad aiutarli. Non è stato per mancanza di denaro, visto che la comunità internazionale nel corso degli anni ha riversato miliardi di dollari all’Autorità Palestinese, gran parte dei quali sono andati perduti a causa della corruzione. Ancora oggi, invece di stanziare fondi per eliminare il “campo profughi”, Abu Mazen paga centinaia di milioni di dollari ai terroristi detenuti nelle carceri israeliane e alle famiglie degli attentatori suicidi.

E’ l’Autorità Palestinese, non Israele, che tiene più di 12.000 palestinesi nel campo di Jenin e quasi 1,4 milioni di palestinesi in altri 25 campi sotto il suo controllo. Perché? Perché ciò permette di dipingerli come vittime dell'”occupazione” israeliana, nel quadro della più ampia campagna di propaganda tesa a demonizzare Israele. Inoltre, tenerli confinati per intere generazioni in condizioni penose serve agli interessi dell’Autorità Palestinese e di Hamas perché alimenta odio e rancore ed è terreno fertile per i terroristi.

Gli avvenimenti recenti dimostrano quanto sia efficace questa strategia. I terroristi del campo di Jenin sono responsabili di decine di attacchi terroristici, che hanno spinto Israele all’operazione antiterrorismo. Sebbene l’operazione sia stata condotta con precisione da manuale, non sorprende che Israele sia stato immediatamente oggetto di condanne internazionali, e i giornalisti non hanno faticato a trovare dei “profughi” palestinesi pronti a raccontare le loro disgrazie e sventure per mettere in ombra le legittime ragioni dell’intervento delle Forze di Difesa israeliane.

Israele non avrebbe alcun motivo di intervenire se i palestinesi smantellassero quel campo e ne riabilitassero i residenti, e se le forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese, create dagli Accordi di Oslo per prevenire il terrorismo, facessero sul serio il loro lavoro (anziché perseguire e reprimere chi contesta la cricca al potere a Ramallah ndr).

Coloro che continuano a immaginare la soluzione a due stati come la panacea di ogni problema non devono far altro che dare un’occhiata a Jenin per capire come mai il grosso dell’opinione pubblica israeliana ha perso fiducia in quella soluzione e come mai le ultime cinque campagne elettorali in Israele hanno praticamente ignorato la questione palestinese. Il pubblico israeliano, pur su diverse posizioni, sostanzialmente non crede più che i suoi vicini arabi abbiano rinunciato al loro obiettivo storico di distruggere lo stato ebraico.

Le Nazioni Unite e i fan internazionali della “causa palestinese” non si curano affatto della condizione dei palestinesi di Jenin o di qualsiasi altro campo “profughi”, a meno che non se ne possa incolpare Israele. Durante gli anni in cui controllava la striscia di Gaza, Israele voleva portare i palestinesi fuori dai campi. Ma gli arabi spinsero l’Onu ad approvare risoluzioni che ingiungevano a Israele di “desistere dall’allontanamento e dal reinsediamento dei profughi palestinesi”. Dopo che Israele si è ritirato da Gaza, l’Autorità Palestinese ha ricevuto miliardi di dollari in aiuti, ma non crediate che siano stati usati per costruire una sola casa che permettesse anche solo a una famiglia di uscire dal campo profughi.

Tocca all’Autorità Palestinese la responsabilità di porre fine alla vergogna del campo profughi di Jenin e degli altri campi profughi palestinesi. Invece di insistere perché lo  faccia, gli Stati Uniti e l’occidente e i fan della causa palestinese si rendono suoi complici ripetendo a pappagallo la propaganda dell’Autorità Palestinese sui “profughi” e continuando a riversare fondi all’Unrwa che ne  perpetua la condizione. Per tutti coloro che dichiarano di avere a cuore la condizione dei palestinesi un buon punto di partenza sarebbe quello di esigere che l’Autorità Palestinese smantelli i campi profughi e ne trasferisca i residenti in alloggi permanenti dove possano iniziare a vivere una vita dignitosa e normale. Per inciso, la stessa richiesta dovrebbe essere fatta ai paesi arabi che insistono a preservare i campi profughi e rifiutano di riconoscere diritti di cittadinanza ai palestinesi.

(Da: jns.org, Israel HaYom, 2-7.8.23)

 

 


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