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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Un apartheid culturale? 06/08/2023
Un apartheid culturale?
Analisi di Michelle Mazel

(traduzione di Yehudit Weisz)


Ramallah, l'Olp si riunisce: sul tavolo il dopo Abu Mazen - la Repubblica
Abu Mazen


2017 U.N. General Assembly Resolutions Singling Out Israel - Texts, Votes,  Analysis - UN Watch

Giusto a un mese dalla riunione annuale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, i nemici di Israele si schierano in ordine di battaglia. Il vecchio leader dell’Autorità palestinese, il cui mandato presidenziale è scaduto da lungo tempo, attende con impazienza il rituale del suo discorso davanti all’augusta assemblea, l’occasione di riprendersi gli applausi se non le ovazioni. Ne ha davvero bisogno. I tempi sono difficili. I territori che è tenuto a controllare in virtù degli Accordi di Oslo, si restringono come una pelle di zigrino; è sotto stretta sorveglianza della sua scorta che è andato a Jenin per una visita di cosiddetta solidarietà; centinaia di “giovani” forniti di armi e di denaro dalle reti di contrabbando dell’Iran rifiutano qualsiasi autorità. Invano un incontro cosiddetto dell’ultima occasione, ha riunito al Cairo i rappresentanti di tutte le fazioni palestinesi, compreso Hamas: le divergenze erano talmente abissali che non si è potuto neppure pubblicare una dichiarazione congiunta. Allora Abu Mazen, senza grandi speranze di essere ascoltato, moltiplica le sue dichiarazioni bellicose, agita lo spauracchio di un ricorso alla Corte penale internazionale e fa appello al mondo intero, scongiurando tra l’altro l’Arabia Saudita di non normalizzare le sue relazioni con lo Stato ebraico. Sin d’ora l’Autorità palestinese promette una offensiva diplomatica e giuridica contro Israele: è quello che  il suo Ministro degli Esteri Riyad al-Malki ha appena dichiarato dopo che una riunione con una delegazione americana di alto livello a Ramallah non ha dato alcun risultato.     

Comunque sia,  si è appena aperto un nuovo fronte contro lo Stato ebraico all’interno stesso del Paese. I Beduini del Negev hanno appena lanciato una grave accusa. Lo Stato starebbe attuando una nuova forma di apartheid, “un apartheid culturale.” Di cosa si tratta precisamente? Difficile da spiegare, perché secondo uno dei portavoce dei beduini, ciò non esiste in nessun Paese democratico. Ciò non sarebbe possibile. Ma in Israele sì, perché “ lì le leggi sono ad personam e culturalmente dipendenti.” In una parola, quel che sta arrivando sarebbe una vera guerra di religione, un obbligo culturale e per dirla tutta, una punizione collettiva che, alla fin dei conti, è nociva alle donne stesse. In parole povere, sempre secondo il portavoce, si tratta di imporre una forma di controllo delle nascite ad una minoranza etnico-culturale. E come? Un nuovo decreto stabilisce di fatto che agli uomini che vivono con più di una moglie non verrà dato alcun appezzamento di terreno aggiuntivo. In pratica, le famiglie beduine non riceveranno più di un solo appezzamento, a prescindere dal numero di mogli, e quindi di bambini,  che hanno  a carico. I beduini protestano contro delle misure destinate a combattere la poligamia, che anche se vietata in Israele, è tollerata presso i Beduini tenuto conto delle loro tradizioni. Si vorrebbe ovviamente far loro notare che leggi simili esistono nella maggior parte dei Paesi occidentali.

E’ certamente questo il motivo per cui i media, anche se sempre alla ricerca di questo genere di diatribe contro lo Stato ebraico, stavolta non hanno ripreso e diffuso questa informazione.

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Michelle Mazel

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