L’Occidente abbandona Navalny Commento di Anna Zafesova
Testata: La Stampa Data: 05 agosto 2023 Pagina: 15 Autore: Anna Zafesova Titolo: «Condanna a vita per Navalny, il Cremlino cancella l'oppositore più temuto»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 05/08/2023, a pag.15 con il titolo "Condanna a vita per Navalny, il Cremlino cancella l'oppositore più temuto" il commento di Anna Zafesova.
Anna Zafesova
Alexei Navalny
La sentenza è stata letta in un'aula allestita dentro la prigione, con presenti solo imputati, giudici, avvocati, poliziotti con i mitra e i passamontagna neri sui volti e una serie di sedie vuote: perfino i genitori di Alexey Navalny all'ultimo momento si sono visti negare l'accesso. Parenti, colleghi e giornalisti sono stati confinati in una stanza videocollegata, con l'audio talmente orrendo che dagli altoparlanti non si riusciva a capire nemmeno il numero di anni della condanna: «Diciannove anni, forse», è stata la notizia battuta dai media online. La paura che infonde al Cremlino Alexey Navalny si può misurare tutta in questa scena, in cui un tribunale emette in 10 minuti una sentenza che nemmeno si sente, per non far ascoltare nemmeno una parola dell'imputato. Del resto, anche la condanna a Navalny – ufficialmente sei capi d'accusa che declinano in varie forme la parola "estremismo" - è una condanna al silenzio, alla sparizione: dovrà scontare i 19 anni cui è stato condannato in un carcere a regime speciale, dove non potrà praticamente comunicare con il mondo esterno, perché perfino quei post che riusciva a trasmettere attraverso gli avvocati, e i discorsi trasmessi in video nelle aule del tribunale, erano considerati troppo. Navalny ha commentato la sentenza dicendo che «il numero non ha importanza... è una condanna a vita, o per la durata della mia vita o per quella del regime». Nessuno, né l'accusa, né la difesa, sono entrati nel merito delle imputazioni: è evidente, come ha dichiarato ieri l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue Josep Borrell, che il dissidente è stato condannato per aver «svolto attività legittima di opposizione e denuncia della corruzione». La difesa ha avuto soltanto 10 giorni per leggere i 196 volumi dell'indagine, che secondo i collaboratori di Navalny, contengono essenzialmente descrizioni di siti Internet dove viene citata l'attività di oppositore, e dei social dei suoi seguaci, che dovrebbero dimostrare che l'opposizione russa è una «comunità estremista», guidata dal suo leader dal carcere nel quale si trova da due anni e mezzo. La macchina repressiva del putinismo ormai non ha bisogno nemmeno di mettere in piedi un finto processo vero, e la prossima incriminazione per Navalny è già in arrivo: 10 anni per "terrorismo". Del resto, in un Paese dove ormai sono routine giudiziaria condanne a 5-7-10 anni di carcere soltanto per un paio di post contro la guerra in Ucraina sui social, stupisce semmai che Navalny sia ancora vivo. Del resto, il "regime speciale" è ancora più una tortura della prigione a "regime severo" in cui Navalny ha assunto quell'aspetto scheletrico che si vede perfino nelle immagini sfocate dal tribunale. Riservato ai serial killer e ai terroristi, questo percorso penitenziario prevede celle in isolamento, il divieto a comunicare con altri detenuti, sbarre alle fineste e manette per ogni spostamento, ma soprattutto l'assenza quasi totale di visite, telefonate e lettere. La guerra che Navalny aveva ingaggiato con l'amministrazione della sua prigione per i suoi diritti di detenuto deve aver esasperato il neo Gulag, e il politico è stato condannato di fatto a venire sepolto vivo, lontano dalla famiglia, dagli avvocati, dai medici.Il coimputato Daniel Kholodny, ex tecnico del canale YouTube di Navalny, è stato condannato a 8 anni dopo essersi rifiutato di collaborare con l'accusa. Prima della sentenza, Navalny si è rivolto ai suoi sostenitori con la preghiera di «non manifestare solidarietà con me gridando a una condanna che sembra uscita dai tempi di Stalin», ma di reagire opponendosi al regime con tutti gli ormai pochi strumenti possibili. Un appello che suona disperato: la stessa vicenda di Navalny mostra quanto è cambiata la Russia nei tre anni trascorsi dal suo avvelenamento per ordine del Cremlino. Il suo arresto al rientro il patria, il 17 gennaio 2021, aveva portato in piazza migliaia di persone, e provocato centinaia di arresti: pochi, sicuramente insufficienti a far nascere un movimento di protesta che spaventasse il Cremlino, ma almeno milioni di persone avevano espresso la loro rabbia sui social. Oggi, scendere in piazza in Russia è impossibile, gli attivisti navalniani sono quasi tutti in carcere o fuggiti all'estero, e la sola menzione di Navalny in pubblico può valere una condanna al carcere. L'impressione è che la paura sia già stata interiorizzata dalla maggioranza, e perfino molti sostenitori di Navalny ritengono che abbia sbagliato a tornare in Russia dopo l'avvelenamento. Un altro oppositore russo reduce da dieci anni di carcere per aver sfidato Putin, Mikhail Khodorkovsky, ha proposto di lottare per «la liberazione dei detenuti politici senza aspettare la morte del dittatore», in altre parole, a spingere Mosca a rilasciarli. Nei canali Telegram vicini al Cremlino circola l'ipotesi fantapolitica di uno scambio di Navalny con Trump, nel caso l'ex presidente americano venisse condannato, o con qualche spia russa detenuta negli Usa.
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