La Corte Suprema protegge i cittadini israeliani da indebite interferenze giudiziarie straniere
Analisi di Zina Rakhamilova, da Israele.net
A destra: la Corte Suprema
Zina Rakhamilova
Indipendentemente dall’opinione che si può avere sulla riforma giudiziaria israeliana, è fondamentale comprendere il ruolo che svolge la Corte Suprema nel salvaguardare i cittadini israeliani da minacce giudiziarie straniere. Poiché Israele ha un sistema giudiziario forte e indipendente, organismi internazionali come la Corte Penale Internazionale e la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia si sono per lo più astenuti dall’indagare sul paese. La Corte Penale Internazionale fa assegnamento sui paesi con una magistratura come quella d’Israele affinché indaghino su illeciti o crimini di guerra eventualmente commessi da loro cittadini.
Come scrive l’Israel Democracy Institute, “anche se è stato sollevato un numero relativamente elevato di accuse e denunce contro Israele, nessun comandante delle Forze di Difesa israeliane o alto ufficiale israeliano è mai stato processato per presunti di crimini di guerra dalla Corte Penale Internazionale o da un tribunale straniero”. Gli esperti dell’Israel Democracy Institute sottolineano che questi organismi internazionali hanno effettivamente cercato di aprire in passato indagini su Israele per perseguire comandanti delle Forze di Difesa israeliane presso tribunali stranieri. Ma è proprio grazie alla presenza della Corte Suprema indipendente israeliana che quei tentativi della Corte Penale Internazionale sono stati respinti. Israele deve fare i conti con una delle più complesse sfide alla sicurezza nella regione, in particolare per quanto riguarda le sue operazioni militari in Cisgiordania. In una regione che è da sempre zona di guerra, la capacità di un paese di rendere conto di eventuali illeciti e di indagare su se stesso è fondamentale per proteggere la popolazione da indebite interferenze straniere. Poi c’è l’Onu, un organismo dominato da soggetti non democratici, violatori seriali dei diritti umani, che fanno di tutto per prendere di mira specificatamente Israele nell’Assemblea Generale e nel Consiglio di Sicurezza. E ci sono ong teoricamente votate ai “diritti umani” come Amnesty International e Human Rights Watch, che prendono di mira Israele nelle loro condanne ignorando quasi sempre il quadro del conflitto e le campagne terroristiche palestinesi. Le loro risoluzioni e accuse hanno relativamente poco peso e ripercussioni perché i veri organismi decisionali sanno che la magistratura israeliana è realmente in grado di indagare all’interno del paese. Un noto esempio si ebbe quando il tribunale spagnolo decretò l’archiviazione delle indagini a carico di alcuni alti ufficiali israeliani accusati di presunti crimini per aver autorizzato l’azione del luglio 2002 contro Salah Shehade, comandante delle Brigate Izz ad-Din al-Qassam (ala militare di Hamas), che provocò la morte di diversi civili oltre a quella del terrorista. Il tribunale spagnolo ha concluso che Israele aveva condotto indagini approfondite a livello governativo, inclusa la formazione di una commissione speciale per esaminare l’incidente, e all’interno del sistema giudiziario per accertare se si fossero verificati crimini. Sebbene nessuno possa negare che la Corte Penale Internazionale era attivamente impegnata a perseguire Israele quando avviò le indagini nel 2014 su “potenziali crimini di guerra”, uno dei principali argomenti contro quell’inchiesta è quello che viene definito il “principio di complementarità”, cioè l’idea che la Corte Penale Internazionale abbia solo una giurisdizione secondaria dopo i tribunali nazionali e possa agire solo quando gli stati non hanno la volontà o la capacità di perseguire i crimini mediante i propri tribunali. Senza questa garanzia, i cittadini israeliani accusati e perseguiti potrebbero essere arrestati in oltre 120 paesi. Come ogni cosa al mondo, la questione della riforma giudiziaria non è in bianco e nero. Le riforme non sono necessariamente un male, e personalmente sono d’accordo con alcune delle critiche che vengono mosse alla Corte Suprema israeliana così com’è ora. Tuttavia non possiamo avere un’oscillazione così drastica da un lato all’altro del pendolo. Il ramo esecutivo non deve avere così tanto potere da poter annullare le sentenze della Corte Suprema con una maggioranza semplice. Indipendentemente dalla posizione che si ha circa la riforma, considerare il ruolo della Corte Suprema nella salvaguardia di Israele dagli organismi internazionali deve essere una parte cruciale del dibattito. Israele è ancora una forte democrazia e le modifiche alla sua natura istituzionale democratica non possono essere fatte senza una seria analisi e un’ampia discussione.
(Da: Jerusalem Post, 1.8.23)