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La Repubblica Rassegna Stampa
30.07.2023 Il Niger e la sicurezza europea
Commento di Maurizio Molinari

Testata: La Repubblica
Data: 30 luglio 2023
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Il Niger e la sicurezza europea»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 30/07/2023, a pag. 1, con il titolo “Il Niger e la sicurezza europea” l'analisi del direttore Maurizio Molinari.

Molinari: “Le sorti dell'Italia sono decisive per quelle dell'Europa” -  Mosaico
Maurizio Molinari

Il presidente americano Joe Biden chiama di persona il leader nigerino Mohamed Bazoum appena deposto dai militari golpisti mentre il capo della Brigata Wagner Evgeny Prigozhin si dice pronto ad inviare «mille mercenari» russi per sostenere i rivoltosi: quanto sta avvenendo a Niamey evidenzia come in Niger sia in gioco la stabilità dell’intero Sahel, cruciale per la sicurezza dell’Alleanza Atlantica e dell’Europa.  Il Niger è uno dei Paesi più poveri del Pianeta ma dispone di almeno il sette per cento delle riserve mondiali di uranio e la sua posizione al centro dell’Africa sub-sahariana lo rende uno snodo strategico per la lotta tanto contro i gruppi jihadisti — Al Qaeda e Stato Islamico — ancora operativi in Maghreb quanto contro i trafficanti di uomini che gestiscono le rotte dei migranti dal cuore del Continente verso l’Europa. Ecco perché chi controlla il Niger ha le chiavi della sicurezza europea.  Ed a guidare il Niger, fino a mercoledì 26 luglio, era Mohamed Bazoum, eletto nel 2021 nel primo passaggio di potere democratico dalla fine della dominazione francese, nonché l’ultimo leader filoccidentale in una regione dove i mercenari filorussi della Brigata Wagner si sono insediati a sostegno di regimi militari in Mali, Burkina Faso, Libia, nella Repubblica Centrafricana e puntano a fare altrettanto in Ciad e Sudan.

Da qui il rischio strategico che si accompagna al colpo di Stato messo a segno dal generale della guardia presidenziale Omar Tchiani, capo dell’auto-proclamato “Consiglio nazionale della salvaguardia della nazione”. Sebbene infatti Tchiani affermi di agire per «evitare il crollo del Paese» e chieda «ai nostri principali partner — Usa ed Europa — di comprendere cosa sta avvenendo», la grave situazione di instabilità che si è venuta a creare offre a Mosca l’evidente occasione di insediarsi a Niamey ed assestare un duro colpo all’Occidente nello scacchiere del Mediterraneo allargato. Ecco perché Prigozhin, attraverso i social, si è affrettato a far conoscere il «pieno sostegno» alla «sollevazione anti-colonialista» mentre a Niamey una folla festante scendeva in piazza sventolando bandiere russe in maniera analoga a quanto avvenuto in Mali nel 2021 ed in Burkina Faso nel 2022 accompagnando le svolte filorusse (ed antifrancesi) di questi Paesi. Il tutto in singolare coincidenza con il summit russo-africano svoltosi a San Pietroburgo alla presenza di Vladimir Putin. Ciò significa che la Brigata Wagner percepisce di avere la concreta opportunità di mettere piede a Niamey: l’ultimo Paese alleato di Usa e Ue nel Sahel, dove i francesi hanno al momento 1.500 militari, gli americani una forza anti-terrorismo di 1.100 unità dotata dei droni più avanzati ed anche l’Italia dispone di un contingente di 350 uomini. Per Mosca insediarsi con Wagner in Niger significherebbe dunque infliggere un vero e proprio scacco all’Occidente, creando una continuità fra Stati satelliti nel bel mezzo dell’Africa. Ecco dove nasce la forte preoccupazione dell’amministrazione di Washington, che prima con Biden e poi con il Segretario di Stato Antony Blinken ha contattato direttamente Bazoum per assicurarsi delle sue condizioni, auspicando il «veloce ripristino dell’ordine costituzionale e del governo democratico». E la dura condanna del presidente francese Emmanuel Macron che, dalla Papua Nuova Guinea, ha parlato di «un colpo di Stato completamente illegittimo e profondamente pericoloso per il Niger e l’intera regione». Il governo italiano invece ha finora scelto il basso profilo anche se Bazoum, quandonel dicembre scorso venne a Roma, fu assai esplicito nel confessare ai suoi interlocutori istituzionali il timore per la stabilità del proprio Paese stretto fra «i gruppi terroristi che nel Sahel sfruttano ogni tipo di traffico illegale» e le crescenti infiltrazioni dei mercenari russi nelle nazioni confinanti. La persistente ambiguità delle forze golpiste di Omar Tchiani — impegnate in un nebuloso negoziato con i generali dell’esercito regolare — rende possibile qualsiasi scenario e dunque aumenta l’incertezza. Basti pensare che i militari americani ed europei sono chiusi nelle rispettive basi nel timore di essere coinvolti in quanto sta avvenendo attorno a loro. Da qui il focus sulla Nigeria dove oggi si svolge un summit straordinario fra i leader della Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas) dedicata proprio alla crisi in Niger. Fra le opzioni sul tavolo c’è una mediazione politica fra le fazioni da affidare al presidente del Benin ma anche l’ipotesi di un intervento delle forze panafricane simile aquanto avvenne nel 2017, quando proprio Ecowas riuscì a scongiurare una sanguinosa guerra civile in Gambia. In attesa di sapere quali decisioni prenderanno i leader africani ad Abuja, possono esserci pochi dubbi sul fatto che il golpe di Niamey evidenzi come oramai il “Mediterraneo allargato” — identificato come tale dal summit Nato di Madrid — costituisca uno spazio strategico unico per via delle molteplici interconnessioni, dalla lotta al terrorismo ai migranti fino alla sfida con Mosca e Pechino, che legano a doppio filo Africa ed Europa.

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