Ipocrisia ignobile all’Onu Analisi di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio Data: 26 luglio 2023 Pagina: 1 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Ipocrisia all’Onu»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 26/07/2023, a pag. 1, l'analisi di Giulio Meotti dal titolo “Ipocrisia all’Onu”.
Giulio Meotti
Roma. A maggio l’Iran ha messo a morte due manifestanti per aver “insultato l’islam” (moharebeh). Sadrollah Fazeli Zarei e Youssef Mehrdad sono stati condannati per avere “insultato il profeta Maometto e... bruciato il Corano”, quindi impiccati. In Pakistan, negli stessi giorni, Nouman Asghar, 24enne cristiano della città di Bahawalpur, veniva condannato a morte per “blasfemia” da un tribunale per “vilipendio verso il profeta Maometto”. A Sokoto, in Nigeria, una folla aveva già bruciato viva riprendendola con i cellulari Deborah Samuel, una studentessa cristiana, per “offesa nei confronti dell’islam”. Iran, Pakistan e Nigeria sono alcuni dei paesi che al Consiglio dei diritti umani dell’Onu hanno appena fatto approvare una risoluzione senza precedenti che chiede all’Europa di fermare chi “offende il Corano”, in riferimento ai roghi del libro sacro dell’islam in Svezia e Danimarca da parte di provocatori. Nasser Kanaani, portavoce del ministero degli Esteri iraniano, ha quindi esortato le nazioni europee a “estradare” le persone coinvolte in questi gesti nelle nazioni musulmane. Nel 1950, Eleanor Roosevelt, in qualità di primo presidente della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani, fu coinvolta in un’aspra disputa sui limiti della libertà di parola. L’Unione sovietica di Stalin aveva chiesto che gli stati non solo fossero autorizzati, ma obbligati a vietare i “discorsi di odio”. Roosevelt lanciò un avvertimento: la proposta sovietica “estremamente pericolosa” avrebbe solo “incoraggiato i governi a punire tutte le critiche in nome della protezione contro l’ostilità religiosa o nazionale”, e aveva avvertito la commissione dell’Onu “di non includere ... qualsiasi disposizione che possa essere sfruttata dagli stati”. Avanti veloce fino al 12 luglio scorso, quando la maggioranza del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha dimostrato che Roosevelt era stata profetica. Lo ha fatto adottando una risoluzione che mette in gioco la visione di Roosevelt di un sistema internazionale di diritti umani che protegga i cittadini oppressi dai loro governi oppressivi. Basta guardare alcuni dei 28 stati che hanno votato a favore della risoluzione sul Corano per rendersi conto che il vero scopo non è contrastare l’incitamento all’odio o promuovere l’uguaglianza e la tolleranza e tutte le belle parole di cui si riempie la bocca l’Onu, ma fornire copertura e legittimità ai regimi quando reprimono il dissenso. Tra coloro che hanno sostenuto la risoluzione troviamo il Pakistan, dove la “blasfemia” è punita con la morte e dove l’accusa viene utilizzata per perseguitare minoranze religiose e laici (Asia Bibi, su tutti, dieci anni nel braccio della morte). Anche la Cina ha votato a favore della risoluzione, nonostante la sua ideologia politica atea e socialista. Apparentemente, la Cina pensa che i musulmani debbano essere protetti dai roghi di libri nelle democrazie europee, ma non dalla detenzione sistematica e arbitraria da parte del Partito comunista di oltre un milione di uiguri, la maggior parte dei quali musulmani, nei campi di “rieducazione”. Il modo in cui l’Iran tratta i critici del suo governo teocratico e shariaco fornisce un esempio abbastanza tragicomico del tipo di oppressione religiosa e politica che la risoluzione Onu aiuterebbe a legittimare. Ci si sarebbe potuti aspettare che l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, respingesse la criminalizzazione delle espressioni simboliche come una violazione del diritto internazionale. Invece, Türk ha fatto una dichiarazione lunare che non è riuscita a prendere una posizione chiara, ma ha suggerito implicitamente che il rogo del Corano costituisce un incitamento all’odio. Senza considerare Salman Rushdie, i giornalisti assassinati di Charlie Hebdo o la donna afghana Farkhunda Malikzada, picchiata e bruciata a morte da una folla dopo essere stata falsamente accusata di aver bruciato il Corano, o lo studente pachistano Mashal Khan, linciato da altri studenti per presunta blasfemia. La blasfemia è criminalizzata in molti paesi. In almeno sette – Afghanistan, Brunei, Iran, Mauritania, Nigeria, Pakistan e Arabia Saudita – comporta la condanna a morte. L’Onu si schiera dalla loro parte.
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