Riportiamo un articolo di Dimitri Buffa pubblicato su Libero mercoledì 21 maggio 2003. Esiliare Arafat, sì o no? In queste ore il dibattito in Israele verte su questa drammatica opzione. Che compatterebbe immediatamente quei falchi filo terroristi che nell'Anp, almeno a sentire l'attuale capo dello Shin Bet, il generale Aharon Ze'evi, non aspetterebbero altro per trascinare i moderati su posizioni di sostegno alla lotta armata. Così però non sembra pensarla Yuval Steinitz, presidente del comitato difesa ed esteri del Likud , uno dei maggiori sponsor della cacciata di Arafat. Qualcosa contro Arafat si sta muovendo anche tra la popolazione di Gaza, almeno secondo il Jerusalem Post, con centinaia di persone sono scese in piazza contro questa ondata di kamikaze e di lanci di missili Kassam contro Israele. Il motivo della manifestazione di rivolta è presto detto: la gente non ne può più delle ritorsioni israeliane che conseguono ad ogni attentato o attacco con razzi Kassam. "Loro li chiamano martiri ed eroi - spiegava l'agricoltore Mohammed Zaneen di 30 anni al "Post" - ma la verità e che ci portano solo distruzione e ci fanno diventare dei senza casa, per di più ci usano come scudi umani, usano i nostri bambini e le nostre case per nascondersi.." Ma perchè gli israeliani si sono convinti che solo cacciando Arafat e la banda di Tunisi si potrà risolvere il problema terrorismo nei territori palestinesi? La risposta è scontata per chi non si limiti all'informazione che danno i media italiani ed europei. Nessuno dei quali ha riportato il discorso che lo scorso 15 maggio Arafat ha pronunciato in occasione di quella che loro chiamano "nakbah", la disgrazia, che poi coincide con la nascita dello stato d'Israele. "Maledetto sia lo stato d'Israele in questo giorno infausto" , ha esordito Arafat, aggiungendo che "..in questo giorno di lutto, lo stato d' Israele è stato fondato dalla forza delle armi e dalla cospirazione coloniale, sulle rovine della nostra patria, la Palestina, ed il nostro popolo è stato sradicato e disperso nelle sue terre originarie ed in esilio, fra i massacri". Poi l'ardua giustificazione del terrorismo: "..nel 1947 le potenze coloniali che controllavano le Nazioni Unite hanno imposto la spartizione della nostra patria, la Palestina, in due stati...Il popolo palestinese non accetterà le umiliazioni, il colonialismo israeliano e l'aggressione israeliana... Nei 55 anni passati molti martiri sono caduti per la salvezza della loro patria, per la loro libertà e per il ritorno dei profughi... ogni palestinese sa che gli sarà restituita la sua identità solo con il suo ritorno in patria" Insomma, questa la prova che Arafat non pensa a "due popoli e due stati" ma a uno solo, il suo, al posto di quello d'Israele. "Non vi sarà alcuna pace senza un ritiro completo di Israele da tutte le nostre terre palestinesi ed arabe... nessuna pace prevarrà e nessuna sicurezza esisterà sotto l'occupazione e la colonizzazione" . Ed ecco spiegato perchè i vertici del Likud premono su Sharon perchè cacci Arafat prima di accettare questa benedetta "road map". E Arafat da parte sua per oscurare Abu Mazen ha dato ordine a tutti i suoi media (la radio "Voice of Palestine", la omonima tv, il giornale ufficiale del regime) di non dare notizie che mettano troppo in risalto l'immagine di Mahmoud Abbas.
Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare la propria opinione alla redazione di Libero. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.