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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
20.05.2003 Sharon e Abu Mazen ci sentono benissimo
E' Ferrari a vederci poco chiaro

Testata: Corriere della Sera
Data: 20 maggio 2003
Pagina: 1
Autore: Antonio Ferrari
Titolo: «E così va in frantumi il già esile Abu Mazen»
Vorrebbe essere un'analisi della situazione, e invece è solo la solita accozzaglia di luoghi comuni, fra i quali estraiamo i più significativi.
Degli anziani leader dell'Olp, Abu Mazen è sempre stato tra i più moderati.
Vi ricordate l'Unione Sovietica? Dei suoi leader in Europa si sono sempre innamorati tutti, comunisti e no: prima baffone perché era forte, poi Chrusciov perché non faceva le purghe (e poco importa che insieme a quell'altra buona lana di Kennedy ci abbia portati più vicini alla terza guerra mondiale di quanto mai lo siamo stati in questi quasi sessant'anni), poi Brezniev perché aveva un aspetto solido e rassicurante, eccetera. Lo stesso sembra avvenire coi leader palestinesi. Adesso è il momento del mantra della moderazione di Abu Mazen. Tutta da dimostrare, beninteso - anzi, per la verità, è ampiamente dimostrato il contrario - ma si continua a ripeterlo perché suona bene in bocca e poi perché apprezzare i leader palestinesi è politicamente corretto.
Abu Mazen puntava sulla concretezza di qualche risultato, ma anche il governo di Sharon, che a parole sostiene la necessità di «dolorose concessioni» e nei fatti vuol concedere poco o nulla,
a noi, per la verità, sembrerebbe che i fatti siano che Sharon non sia ancora stato messo nella condizione di poter concedere qualcosa senza rischiare la distruzione di Israele. Ed è singolare che tutti pretendano "i fatti" da Israele, mentre dai palestinesi si accontentano regolarmente di qualche chiacchiera, sistematicamente condita di sangue ebraico.
ha spinto il neopremier palestinese al centro di un fuoco incrociato: gli attentati dei terroristi di Hamas, della Jihad, delle Brigate Al Aqsa; l'invidia dei vecchi apparati palestinesi che temono di perdere il potere, il controllo della cassa e che ostacolano le scelte del nuovo governo; l'ostinata intransigenza di Israele
E naturalmente l'ostinata intransigenza di Israele nel pretendere la sopravvivenza dello stato e dei suoi cittadini vale quanto le azioni dei terroristi, nell'affossare le speranze di pace.
In realtà, la tanto pubblicizzata «Road Map», cioè il percorso che si dovrebbe seguire per poter giungere alla creazione dello Stato palestinese, non è una sola. Le interpretazioni, le riserve e i distinguo sono tanti. Troppi. E in questo dialogo fra sordi vincono soltanto i fanatici.
Sordi, per la verità, e anche ciechi, ci sembrano più che altro i nostri giornalisti.
Lo scomparso premier israeliano Yitzhak Rabin diceva che «bisogna negoziare come se il terrorismo non ci fosse, e combattere il terrorismo come se non esistesse un negoziato».
Altro amatissimo mantra. E poco importa che questa politica di Rabin abbia portato a un'esplosione di terrorismo senza precedenti nella storia di Israele e a un'autentica catastrofe. O forse ai nostri inviati piace proprio per questo?
E' una lezione di realismo che Abu Mazen aveva condiviso
la dirigenza palestinese può permettersi di condividere tutto quello che vuole: tanto, come è stato ripetutamente e pubblicamente dichiarato, gli accordi non sono fatti per essere rispettati. Diverso, naturalmente, il discorso per Israele, che quando prende un impegno poi cerca anche di rispettarlo, e quindi ha bisogno, prima di prenderlo, di verificare se sia qualcosa di fattibile.
e che oggi nessuno vuole ascoltare. Ecco perché l'avventura del primo ministro palestinese rischia di finire ancor prima di cominciare davvero
No, forse non è esattamente per questo che rischia di finire prima ancora di cominciare.
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