Amore e morte a Tel Aviv: il romanzo imperdibile di Cinzia Leone Recensione di Susanna Nirenstein
Testata: La Repubblica Data: 20 luglio 2023 Pagina: 31 Autore: Susanna Nirenstein Titolo: «Storia d’amore e ombra sullo sfondo di Tel Aviv»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 20/07/2023 a pag. 31, con il titolo "Storia d’amore e ombra sullo sfondo di Tel Aviv", l'analisi di Susanna Nirenstein.
Susanna Nirenstein
Se c’è un modo per raccontare Israele fuori dagli stereotipi, Cinzia Leone, figlia di due religioni (di una madre Coen e di un padre cattolico), giornalista, scrittrice, disegnatrice, l’ha felicemente e coraggiosamente costruito. Restituendocene un’immagine spontanea, realistica, affettuosa e al tempo stesso attenta e doppia come si deve in ogni racconto in terre di conflitti. Nato da un viaggio reportage nel gennaio 2020, Vieni tu giorno nella notte,prende spunto da una realtà spesso ignorata e fagocitata dalle cronache più aspre e abitate dai pregiudizi: Israele è l’unico paese gay-friendly del Medio Oriente, una nazione dai diritti paritari dove il presidente stesso della Knesset (Amir Ohana, del Likud) è un omosessuale dichiarato con tanto di marito e figli, un dato che ne fa il luogo di fuga senza ritorno di molti gay palestinesi perseguitati invece a casa loro, in Cisgiordania, a Gaza, e passibili di pena di morte in tante terre islamiche, Arabia Saudita, Iran, Emirati, Afghanistan, Somalia, Mauritania, Yemen...; un migliaio circa, sembra, i rifugiati, tra quelli con soggiorno e i clandestini che non hanno ancora il permesso di lavoro e residenza.
Cinzia Leone
Cinzia Leone nel suo viaggio ne ha incontrati alcuni attraverso le organizzazioni che li proteggono, Agudà, HaBait Hashoné, o le case rifugio Beit Dror e Pink Roof: la grande bellezza, oltre alla libertà di vivere apertamente la loro identità sessuale, era che spesso li vedeva arrivare o andarsene dall’incontro abbracciati a un israeliano. Il romanzo parte dall’attentato di un kamikaze in un locale di Tel Aviv: muore un giovane soldato che cerca di fermare il terrorista, è un italo-israeliano, Ariel Anav, i suoi resti verranno restituiti dopo giorni perché si sono mischiati a quelli dell’attentatore e Zaka, l’organizzazione di volontari che si occupa del recupero dei corpi negli scenari dei disastri deve fare un complesso e penoso lavoro. Una cosa è certa, nessuno potrà più rivedere il volto di Ariel, né quello del palestinese. Dall’Italia arrivano i genitori separati da tempo, Micòl e Daniel, lei costumista di scena vagamente superficiale, lui pubblicitario di successo, con un passato di sessantottini senza ingegno, normalmente molto poco coinvolti nelle tradizioni ebraiche o nelle vicissitudini israeliane, e ancor più ostili oggi che quel mondo gli ha portato via l’unico figlio. C’è anche la madre di Micòl, però, e Stella è una sionista rocciosa, da sempre coinvolta nella difesa militante dello Stato ebraico: è ispida come i cactus che circondano stretti la sua casa telavivina e Ariel si è ispirato a lei quando ha scelto di fare l’Alyah, il ritorno in Israele a cui ogni ebreo ha diritto. Il dolore li squarcia, non esiste un lutto più grande, l’ex coppia è attonita, moribonda, ferita a morte, incredula anche di non aver visto, capito i pensieri e la natura del ragazzo sangue del proprio sangue. Ma mentre Micòl si assopisce nella casa di Ariel sui tetti di Tel Aviv arriva qualcuno che ha le chiavi di casa, il giovane palestinese Tariq. E tutto cambia. In poco tempo è chiaro che i due erano amanti, di più, si amavano. Per Micòl all’inizio è un tuffo nel buio, cosa non ha compreso? perché non ha intuito niente? Ma Tariq le si porge dolce e mansueto, gli offre un modo di conoscere anche Ariel, di rivedere i loro rapporti passati, i suoi silenzi. Dalla morte nasce la vita, la conoscenza, «Vieni tu giorno nella notte», come recitava Shakespeare in Romeo e Giulietta. Quella fine così atroce inizia a prendere i suoi contorni, vediamo Ariel bambino e adolescente nella distratta casa materna, e la gioventù della determinata Stella che si prende cura del ragazzo, ma nasconde anche lei degli importanti segreti che una volta svelati riavvicinano madre e figlia. Vediamo le liti tra Ariel e Tariq, dove i due “recitano” le loro parti di israeliano e palestinese, ognuno a difendere le proprie posizioni identitarie, in una dialettica che redistribuisce torti e ragioni (e non secondo gli abituali preconcetti), l’amore che ottimisticamente indica una via. Vediamo anche la vita di Tariq a Jenin, minacciato da padre e paesani, protetto da una madre giordana molto più aperta e liberale. Man mano la scena si compone, i personaggi acquistano spessore, sono voci che attraverso le loro storie e parole compongono il racconto, come un romanzo deve fare, con i suoi colpi di scena e le sue introspezioni, senza farci mancare il lavoro e le azioni dello Shin Bet, i servizi interni, per trovare, alla maniera diFauda, i mandanti dell’attentato, e una nuova vita che sboccia, quasi all’improvviso. Un romanzo profondamente al femminile, dove le donne hanno in cuor loro la possibilità di accogliere, capire, accompagnare anche di fronte alle più straordinarie sorprese della vita come quelle che possono accadere in Israele.
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