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Il Foglio Rassegna Stampa
19.07.2023 La ong Oxfam e Putin contro l’accordo sul grano in nome della comune ossessione anti occidentale
Analisi di Luciano Capone

Testata: Il Foglio
Data: 19 luglio 2023
Pagina: 1
Autore: Luciano Capone
Titolo: «Agenda Oxfam-Putin»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 19/07/2023, a pag. 1 l'analisi di Luciano Capone dal titolo "Agenda Oxfam-Putin".

Oxfam - Wikipedia

Il grano duro: caratteristiche e utilizzo - AIFB

Roma. Tutti, a partire dal segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, sono preoccupati per le conseguenze per la fame nel mondo della decisione di Putin di far saltare l’accordo sul grano. Tutti tranne la ong che si occupa di fame nel mondo. Per Oxfam l’accordo non serviva poi a un granché: “L’accordo che aveva portato allo sblocco dell’export di grano dall’Ucraina al Mar Nero si è rivelato del tutto inadeguato a fronteggiare l’aumento della fame globale – dice la ong –. I paesi ricchi si sono accaparrati l’80 per cento del grano e dei cereali usciti dall’Ucraina, mentre agli stati più poveri e colpiti dalla crisi alimentare è andato appena il 3 per cento”. Una posizione insensata, che finisce per dare ragione a Vladimir Putin. L’analisi di Oxfam si basa su una manipolazione dei dati, o un’errata interpretazione, che conduce a conclusione sballate. E’ vero che secondo i dati della Black sea grain initiative, questo il nome degli accordi sul grano tra Ucraina-Turchia-Onu e Russia-Turchia-Onu, il 3 per cento delle derrate esportate è andato ai paesi a basso reddito come Etiopia, Yemen, Afghanistan, Sudan e Somalia, ma un altro 17 per cento è andato a paesi a medio-basso reddito come Egitto, Bangladesh, India, Indonesia, Algeria, Pakistan. Bisogna poi considerare che un altro 37 per cento è finito a paesi a medio-alto reddito come Cina, Turchia, Libia e Iraq. Mentre il restante 44 per cento ha ragginuto paesi ad alto reddito, prevalentemente dell’Unione europea. Più in generale, sempre secondo i dati dell’Onu, sui 33 milioni di tonnellate esportate attraverso l’accordo, il 43 per cento (14 milioni) è andato ai paesi sviluppati e il 57 per cento ai paesi in via di sviluppo. Così il quadro appare nettamente diverso rispetto alla brutale descrizione “80 per cento ai ricchi e 3 per cento ai poveri” fatta da Oxfam. Per giunta, il World Food Programme dell’Onu – il più importante piano di aiuto umanitario al mondo, che dà assistenza alimentare a 160 milioni di persone e 20 milioni di bambini in 120 paesi – a luglio 2023 ha ricevuto l’80 per cento delle sue forniture di grano dall’Ucraina, in netto aumento rispetto al 50 per cento del 2021 e del 2022. Come si fa a definire questi numeri “Il grande inganno sul grano ucraino”? Ma dati a parte, la tesi di Oxfam non ha senso dal punto di vista economico. Perché non conta la destinazione materiale delle forniture, bensì l’impatto che l’accordo ha avuto sull’offerta e quindi sui prezzi globali. Non importa se ai paesi poveri arrivino chicchi di grano ucraino, importa che questi paesipossano comprare il grano, da ovunque provenga, per sfamare la popolazione. Secondo i dati della Fao, dopo l’accordo sul grano ucraino i prezzi internazionali degli alimentari sono crollati del 23 per cento dal picco di marzo 2022. Abbiamo già visto cos’è accaduto quando la Russia ha fatto sparire il gas dal mercato globale: i prezzi si sono impennati, l’occidente ha comprato il Gnl dall’Asia pagando l’extracosto e in paesi come il Pakistan e il Bangladesh sono scoppiate rivolte per i blackout energetici perché senza gas. L’accordo sul grano è fondamentale per evitare che lo stesso meccanismo scatti sui mercati alimentari, provocando carestie anziché blackout. La tesi di Oxfam che sminuisce l’accordo perché “ha certamente contribuito a contenere l’impennata dei prezzi alimentari ma non ha rappresentato la soluzione alla fame globale” è illogica. Perché la Black sea grain initiative non serve a eliminare la fame nel mondo che già c’era, ma a impedire che si aggravi. Inoltre, sul piano politico, la posizione irragionevole della ong è esattamente identica a quella di Putin che ha giustificato l’uscita dall’accordo dicendo, proprio come Oxfam, che l’export attraverso il Mar Nero serve solo ai paesi ricchi. Accade che un’organizzazione umanitaria e un dittatore sanguinario facciano la stessa analisi quando hanno in comune un’ossessione anti occidentale.

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