Europa: 3 articoli contro israele Il quotidiano ex-DC: falsità e luoghi comuni
Testata: Europa Data: 20 maggio 2003 Pagina: 3 Autore: la redazione Titolo: «Israele»
In una pagina interamente dedicata a tre articoli che trattano del Medioriente il quotidiano Europa riesce a cumulare una serie di falsità e luoghi comuni.
"L'esercito dei figli della disperazione" di Caroline Drees dal Cairo, sviluppa nel testo il tema enunciato dal titolo, secondo cui i terroristi non sarebbero altro che il frutto (spontaneo?) della miseria e della disperazione, analisi comicodrammatica, proprio mentre ai primi colloqui tra Sharon ed Abu Mazen (una seppur timida speranza) risponde una raffica di attentati contro Israele. "i kamikaze arma dei militanti islamici che cercano di vendicare quella che è un'ingiustizia nei confronti della loro fede e della loro patria" Forse sarebbe stato più corretto scrivere "quella che sentono come un'ingiustizia", ma l'autrice non dà scampo: non è un sentire soggettivo, ma un dato di fatto che si tratti di ingiustizia contro la fede e la patria. Il bello poi è che in tutto l'articolo quale sia questa ingiustiza contro fede e patria non viene mai detto! Che sia data per scontata una ingiustizia cosmica? Per sostenere la sua tesi riporta le parole di un politologo egiziano: "è un mezzo per ottenere dei risultati, è gente debole che non dispone di missili cruise o B52". Siamo alla solita tesi giustificatoria e mistificatoria secondo cui l'unico modo di ottenere risultati è uccidere giovani in discoteca o anziani che festeggiano Pesach. Segue una digressione sul suicidio nell'islam, che conclude (citando anche i kamikaze giapponesi e i tamil): "il peccato del suicidio è considerato superato dal bisogno di difendere la pace" Questa è proprio bella! Hamas, Jihad islamica e compagnia esplodente come strenui paladini della pace! Sarebbe da ridere se non lasciasse allibiti l'insensatezza di certi autorevoli giornalisti. Arriva l'analisi della disperazione: "la devastazione socio-economica, il basso grado di istruzione, una sensazione d'impotenza politica hanno reso questa regione un terreno fertile per i candidati al suicidio... disoccupazione, povertà e frustrazione mettono a disposizione giovani che pensano di non aver nulla da perdere e di non aver altro mezzo per combattere l'oppressione e l'ingiustizia". Eccone un'altra veramente grossa: come se ignorasse che moltissimi terroristi vengono da ambienti sociali e geografici (i due che di recente venivano dall'Inghilterra, per esempio) che nulla hanno a che vedere con la realtà appena descritta. E di aver esagerato la giornalista sembra rendersi conto, e quindi prosegue con un colpo alla botte e una bottarella al cerchio. Cita un politologo yemenita: "la maggioranza dei kamikaze è priva di posizione economica e sociale", ma aggiunge un suo commento: "in realtà, adesso si arruolano anche donne e giovani dei ceti medi". Perché "adesso"? E' sempre stato così, da Monaco 1972 ad oggi. E qui segue una confusione difficilmente riassumibile: privi di posizione, provenienti dai ceti medi, poi di nuovo "frustrazione e disperazione prodotte dalle politiche americane" (ti pare che Bush non c'entrava niente!) che renderebbero secondo un'altra studiosa legittimo per gli islamici qualsiasi attacco contro l'Occidente, mentre per altri legittimerebbero solo quelli contro Israele, fanno dire alla Drees l'unica cosa giusta proprio a conclusione dell'articolo: "questo non fa che intorbidire le acque morali e rendere più facile per i militanti affermare che il loro fine giustifica i mezzi" Siamo d'accordo: articoli come questi che diffondono la tesi del terrorismo come reazione alla disperazione intorbidiscono le acque e giustificano gli attentati. Forse quello che manca è una analisi della situazione della democrazia nei paesi arabi e musulmani, e sull'interesse che hanno governanti straricchi che opprimono i loro popoli a volgerne la rabbia ben lontano da sé e dirigerla contro i soliti ebrei e amerikani.
Nella stessa pagina un articolo di Filippo Cicognani parla specificamente di Israele e della road map, che è un unico lungo attacco a Sharon. Il quale "continua a parlare di negoziato possibile. Unacortina fumogena evidente.", "parla di condizioni storiche favorevoli al dialogo, convinto però del contrario", insomma un gran bell'ipocrita. A questo punto verrebbe da dire che con gente così ogni dialogo è impossibile, e quindi chissà, magari, forse, in fondo (vedasi articolo precedente) il lettore è indotto a credere che davvero i poveri palestinesi disperati non possano far altro che farsi esplodere. Quanto alla sostanza del negoziato: "per i palestinesi accettare oggi la road map sarebbe una chiara ammissione di sconfitta: intifada, morti, macerie non sarebbero serviti a niente" e più avanti: "quindi l'unica speranza è che Sharon capisca e accetti di trattare a prescindere dagli attacchi e dalla provocazioni". Forse si dovrebbe considerare anche l'altra faccia della medaglia: può Israele, accettare l'ida che il terrorismo paghi? può calare le braghe e dire implicitamente: "avanti, su, continuate con gli attentati che riuscirete ad avere Tel Aviv e Haifa?". Non può, a nostro parere, né può tradire il mandato dei suoi elettori: diano i palestinesi la dimostrazione della loro reale buona volontà e tutto sarà possibile: perfino la pace.
Il terzo articolo della pagina, "Una perestroika per il Medio e Vicino Oriente" riporta quanto scritto in un giornale turco dal commentatore Bulent Kenes. E' un articolo estremamente lucido, che avrebbe meritato lo spazio dedicato agli altri due e che avrebbe potuto fornire (se solo si fosse voluto) una risposta ai quesiti che pongono. Dice che "solo 12 dei 53 paesi a maggioranza musulmana hanno un sistema pluralistico, peraltro quasi sempre di facciata", "in Arabia Saudita la dottrina wahabita propaga l'odio verso i cristiani, gli ebrei e gli stessi musulmani moderati", ed infine invita i paesi arabi e musulmani a capire che "il successo materiale e culturale dell'Occidente è fondato sull'accettazione della libertà come principio di organizzazione della società". Splendido: ma forse anche certi giornalisti occidentali farebbero bene a capirlo prima di scrivere certi loro articoli!
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