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israele.net Rassegna Stampa
11.07.2023 Tumulti e violenze dovrebbero ispirare la Francia a riconsiderare le sue prese di posizione quando si tratta di Israele
Editoriale del Jerusalem Post, da Israele.net

Testata: israele.net
Data: 11 luglio 2023
Pagina: 1
Autore: la redazione di Israele.net
Titolo: «Tumulti e violenze dovrebbero ispirare la Francia a riconsiderare le sue prese di posizione quando si tratta di Israele»
Tumulti e violenze dovrebbero ispirare la Francia a riconsiderare le sue prese di posizione quando si tratta di Israele
Editoriale del Jerusalem Post, da Israele.net

Violenze in Francia. 700 persone fermate e 249 agenti feriti. Saccheggi e  devastazioni nei negozi e negli uffici pubblici - Leggi Euroroma.net

A partire dall’ormai famigerato video dei colpi mortali sparati da un poliziotto francese sul 17enne Nahel Merzouk durante un controllo stradale nel sobborgo parigino di Nanterre, le immagini giunte dalla Francia nella scorsa settimana sono state a dir poco scioccanti. Le scene di saccheggi, incendi, caos, distruzioni, odio, arresti e scontri tra poliziotti in tenuta anti-sommossa e giovani a volto coperto sugli scooter hanno lasciato un impressione indelebile. Le finestre degli appartamenti sfondate, gli autobus sventrati, i negozianti pietrificati davanti alla devastazione delle loro attività. Altrettanto sbalorditivo è stato il dispiegamento in tutto il paese di 45.000 agenti di polizia e veicoli blindati per reprimere i tumulti e, come ha affermato il ministro dell’interno francese Gerard Darmanin, “ripristinare l’ordine repubblicano”. Nel farlo, sono state arrestate circa 3.400 persone e centinaia sono rimaste ferite, tra cui 700 agenti di polizia. Nel frattempo sono state date alle fiamme oltre 5.000 auto, sono stati danneggiati più di 1.000 edifici, centinaia di negozi sono stati saccheggiati e sono stati attaccati municipi, stazioni di polizia, scuole e altri simboli dello stato. I tribunali hanno tenuto processi per direttissima in cui, stando a quanto riferito, spesso agli avvocati non è stato concesso nemmeno il tempo necessario per prepararsi, e sono fioccate le condanne a pene detentive. Il presidente Emmanuel Macron ha menzionato possibili restrizioni a social network come Snapchat e TikTok per mettere sotto controllo il dilagare delle violenze, ma l’idea si è immediatamente scontrata con l’accusa di violare la libertà di espressione.

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L’ondata di violenze ha portato alla luce una rabbia profonda, diffusa soprattutto tra le comunità minoritarie francesi a causa di atteggiamenti razzisti nella polizia, del pregiudizio sistemico, della discriminazione e della diffusa povertà. Per una parte significativa della popolazione francese, in particolare fra i discendenti di immigrati dalle ex colonie francesi in Africa, il celebrato motto “liberté, égalité, fraternité” sembra uno slogan vuoto anziché qualcosa che sia mai arrivata fino a loro. Nel bel mezzo di questo caos, le Nazioni Unite – sempre pronte a rendersi utili – hanno pensato bene di intervenire esortando la Francia ad affrontare le “problematiche profonde del razzismo e della discriminazione nelle forze dell’ordine”. Usando la terminologia spesso utilizzata quando si rivolge a Israele, l’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani ha esortato le autorità francesi a “garantire che l’uso della forza da parte della polizia per affrontare elementi violenti nelle manifestazioni rispetti sempre i principi di legalità, necessità, proporzionalità, non-discriminazione, precauzione e responsabilità.” Il Ministero degli esteri francese ha prontamente respinto i commenti delle Nazioni Unite, affermando: “La Francia e le sue forze di polizia combattono con determinazione contro il razzismo e ogni forma di discriminazione. Non ci possono essere dubbi su questo impegno. L’uso della forza da parte della polizia nazionale e della gendarmeria è governato dai principi di assoluta necessità e proporzionalità, rigorosamente inquadrati e controllati”. Usando il linguaggio della diplomazia, in sostanza il Ministero degli esteri francese ha detto: statene fuori, ci pensiamo noi, non abbiamo bisogno che voi o nessun altro soggetto esterno venga a ricordarci di rispettare i principi di legalità, proporzionalità, non discriminazione, e responsabilità. La Francia, che spesso e volentieri si è unita con condiscendenza al coro paternalistico di coloro che ogni volta, in modo automatico, predicano a Israele di esercitare moderazione e rispondere “in modo proporzionato” ad atti aggressivi come attentati terroristici e lanci di missili contro la popolazione civile, evidentemente non ha preso di buon grado lo stesso invito quando se l’è sentito rivolgere dalle Nazioni Unite. La Francia versa in una crisi che sconvolge il paese. I suoi decisori non si dilettano a colpire le persone tanto per farlo. Cercano piuttosto di contenere le violenze, che solo pochi giorni fa sembravano totalmente fuori controllo. Macron non ha nessun bisogno che altri gli facciano la predica sull’agire con attenzione e con cautela. Lo capisce benissimo da solo. I francesi non gradiscono che gli si faccia la morale su come affrontare un problema che sanno essere acuto, e che riesplode periodicamente ogni pochi anni. C’è da sperare che, una volta che questa particolare crisi sarà superata e la rabbia si sarà placata, i francesi si ricorderanno di come si sono sentiti quando, nel mezzo dei tumulti e delle violenze, certi sapientoni del resto del mondo hanno pensato bene di fargli la paternale sul loro comportamento. Forse, alla prossima occasione, ci penseranno due volte prima di alzare il ditino contro Israele ed eviteranno di aggiungersi allo stanco coro di coloro che esortano lo stato ebraico ad agire con “moderazione” e “proporzionalità” – cosa che fa già, e in misura molto maggiore di quanto non facciano molti dei suoi accusatori. Forse, allora, si ricorderanno come ci si sente a subire certe prediche, quanto ferisca e sia mortificante, e si assumeranno la responsabilità di non fare agli altri, in particolare a Israele, ciò che non volevano che gli altri facessero a loro. Forse.
(Da: Jerusalem Post, 9.7.23)

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