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Il Foglio Rassegna Stampa
10.07.2023 Francia spaccata, lo spettro del 2005
Intervista a Jacques de Maillard

Testata: Il Foglio
Data: 10 luglio 2023
Pagina: 10
Autore: la redazione del Foglio
Titolo: «“Siamo in una situazione in cui domina il rapporto di forza”. Lo spettro 2005»

Riprendiamo dal FOGLIO  di oggi, 10/07/2023, a pag. 10, con il titolo " “Siamo in una situazione in cui domina il rapporto di forza”. Lo spettro 2005" il commento dal Monde.

Jacques de Maillard : « Avoir une police municipale - Ville de Paris
Jacques de Maillard

Per il politologo Jacques de Maillard, autore del libro “Police et société en France”, intervistato dal Monde, la legge del febbraio 2017 sul refus d’obtempérer (il rifiuto di rispettare un ordine o di ottemperare a un controllo di polizia) ha prodotto un aumento degli spari contro i veicoli da parte dei poliziotti. De Maillard, direttore del Centre des recherches sociologiques sur le droit et les institutions pénales (Cesdip) e professore a Sciences Po Saint-Germain-en-Laye, deplora il fatto che la formazione sia il “parente povero” dell’istituzione.

Le Monde – Lei pensa che il colpo di pistola del poliziotto che ha ucciso a Nanterre il giovane Nahel sia, secondo le parole del primo ministro Élisabeth Borne, “contrario alle regole del mestiere”? Jacques de Maillard – E’ sempre difficile pronunciarsi quando è in corso un’inchiesta, ma le immagini sono scioccanti. Non si vede la minaccia che il rifiuto di ottemperare al controllo fa correre ai poliziotti o ad altre persone. Ciò che colpisce tra l’altro è che il resoconto post-intervento degli agenti maschera la realtà. Se questo resoconto si rivelasse veramente falso, costituirebbe una devianza che non bisogna sottovalutare, perché dimostrerebbe la volontà di proteggersi senza tener conto delle regole del diritto.

Autorizzando i poliziotti a sparare se i passeggeri di un veicolo sono “suscettibili” di rappresentare un pericolo, la legge del 2017 ha secondo lei incoraggiato le derive della polizia? Quella legge è stata adottata sotto la pressione delle organizzazioni di categoria, in un contesto segnato dall’affaire Viry-Châtillon, che nel 2016 aveva visto due poliziotti aggrediti e bruciati nei loro veicoli. Ha esteso le condizioni di utilizzo delle armi da fuoco per dei rifiuti di ottemperare in modo poco chiaro, senza specificare precisamente le condizioni di uso delle armi. Quando il testo non è limpido, gli orientamenti delle direzioni generali sono importanti – e i testi iniziali della direzione generale della polizia nazionale hanno insistito sull’alleggerimento del quadro regolamentare permesso dalla legge, che “rafforza le capacità operative dei poliziotti, permettendo loro di agire in maniera più efficace, beneficiando allo stesso tempo di una maggiore sicurezza giuridica e fisica”. Cinque anni dopo, il numero di spari contro i veicoli in movimento è aumentato: con una media annuale di 119 sul periodo 2012-2016 contro i 166 sul periodo 2017-2021, ossia un aumento del 40 per cento. Il numero di colpi di pistola contro dei veicoli in movimento è aumentato ancor più velocemente: quattro in media all’anno dalla riforma del 2017 contro meno di un anno in precedenza. Le cifre del 2022 sono state particolarmente elevate con 12 morti.

Una migliore formazione dei poliziotti permetterebbe secondo lei di limitare queste derive? La formazione iniziale e continua non è una bacchetta magica, ma potrebbe favorire dei gesti allo stesso tempo giusti e proporzionati se si fondasse su degli scenari realistici tali da permettere ai poliziotti di prepararsi a delle situazioni reali. Bisognerebbe che gli agenti seguissero i corsi obbligatori previsti, ma non è così: secondo i dati disponibili nel 2019, solo il 6 per cento degli agenti aveva effettuato tre sessioni al poligono di tiro e meno di un quarto aveva seguito le dodici ore di addestramento regolamentari. La formazione è il parente povero di questa istituzione dove l’aspetto operativo primeggia. Che parallelismo farebbe con le rivolte del 2005? Abbiamo lo stesso momento drammatico scatenante e la stessa mobilitazione che oltrepassa il luogo iniziale e che riunisce i giovani di Nanterre e delle città medie di provincia, uniti, potremmo pensare, da poche cose, se non dalle condizioni sociali e territoriali degradate e dalle esperienze negative con la polizia. In compenso, la reazione giudiziaria è stata inflessibile: incriminazione per omicidio volontario e detenzione provvisoria. Anche la reazione politica è stata netta: mentre il ministro dell’Interno dell’epoca, Nicolas Sarkozy, aveva mantenuto molta distanza rispetto alle vittime e si era attenuto alla versione della polizia – è vero anche che non c’era un video – l’esecutivo, questa volta, ha manifestato compassione per la vittima e la sua famiglia, con un tono nettamente più critico nei confronti del poliziotto. Le parole, tuttavia, hanno avuto un contro-effetto presso i sindacati di polizia – questi ultimi hanno fatto appello alla presunzione d’innocenza – e non hanno visibilmente avuto alcun effetto dissuasivo importante tra i giovani che vogliono esprimere la loro rabbia. Siamo oggi in una situazione particolarmente confusa dove domina il rapporto di forza e dove aleggia lo spettro del 2005.
(Traduzione di Mauro Zanon)

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