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Il Foglio Rassegna Stampa
07.07.2023 Sottrarre la Bielorussia a Putin
Analisi di Micol Flammini

Testata: Il Foglio
Data: 07 luglio 2023
Pagina: 1
Autore: Micol Flammini
Titolo: «Un piano per Minsk»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 07/07/2023, a pag. 1, con il titolo "Un piano per Minsk", l'analisi di Micol Flammini.

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Micol Flammini

Roma. I confini della Bielorussia sono preziosi per Vladimir Putin, sono linee di manaccia e di imprevedibilità. Chi però controlli il territorio di oltre duecentomila chilometri quadrati che scorre da una frontiera all’altra, non si sa mai fino in fondo. Nel 2020, la speranza di molti cittadini era che potesse diventare Svjatlana Tikhanovskaya la presidente della nazione e tutto sarebbe stato diverso: il futuro della nazione, il presente della vicina Ucraina. A Tikhanovskaya non è stato permesso di diventare presidente, il potere se l’è tenuto Aljaksandr Lukashenka, ma il controllo è a Mosca. “Lukashenka si affanna a dimostrare che ha in mano la nazione, ma chi gli sta attorno e anche i cittadini sanno che senza Vladimir Putin non controllerebbe nulla”, dice al Foglio Tikhanovskaya, che vive in esilio da tre anni. Tikhanovskaya è a Roma per creare legami, per tenere viva l’attenzione sulla Bielorussia. “Credo che Lukashenka sappia che la Wagner e il suo capo sono una minaccia per la tenuta del suo potere”. Ieri Evgeni Prigozhin si è spezzettato in mille immagini, altrettanti travestimenti e molteplici lussi, ma dove sia nessuno lo sa. Sono stati pubblicati i video e le foto della sua villa, delle stanze che nascondevano i travestimenti e Lukashenka ha detto che il capo dei mercenari non è in Bielorussia, non è nell’albergo senza finestre del centro di Minsk, ma è a San Pietroburgo, non lontano dalla villa dei travestimenti e degli affari. Gli uomini della Wagner, invece, secondo il dittatore bielorusso sarebbero nei loro campi in Bielorussia, non sa cosa faranno, quanti siano e vuole parlarne con Vladimir Putin, probabilmente per avere delle rassicurazioni sulla tenuta del suo potere e su chi pagherà per la presenza dei mercenari. “Dopo la marcia della Wagner, Lukashenka voleva creare l’illusione di essere l’uomo del momento, di aver aiutato Putin, di essere in grado di ospitare i mercenari, di farli collaborare con il suo esercito. Poi ha capito che non sarebbe stato in grado di controllarli. Lukashenka, Putin e Prigozhin non si fidano l’uno dell’altro, ricorrono l’uno all’altro quando intravedono qualche utilità”. Tikhanovskaya racconta che l’intelligence che chiama “mjastnaja”, locale, costituita da cittadini, partigiani, persone del posto che fanno spionaggio, ha detto che nei campi che dovrebbero essere destinati alla Wagner ci sono dei movimenti, ma è impossibile sapere davvero chi ci sia, e quanti uomini. “I mercenari però sanno bene che non sono i benvenuti, che i bielorussi non li vogliono. La Wagner non ci serve, c’è già abbastanza violenza, i cittadini non ne vogliono altra, due usurpatori sono sufficienti”. Oltre a Lukashenka e a Putin non servono altri problemi in un paese stremato dalla repressione. “E men che meno i bielorussi vogliono la guerra contro l’Ucraina, non è nella nostra storia né nel nostro Dna. Questo l’hanno capito anche i vertici dell’esercito, sembrano essere consapevoli che nessuno combatterebbe contro gli ucraini, i soldati scapperebbero o passerebbero dalla parte di Kyiv”. La guerra di Minsk è dalla parte dell’Ucraina. “I cittadini sanno che per cacciare Lukashenka bisogna aspettare i momenti di debolezza. Quando giravano voci sui suoi problemi di salute, oppure quando i bielorussi hanno visto le immagini della marcia della Wagner verso Mosca, le persone hanno iniziato a domandare se ci fosse un piano per agire, se fosse il momento giusto. E il piano per portare la democrazia c’è, ma va costantemente adattato. Abbiamo in testa una strategia chiara che funziona a due livelli: il primo è indebolire il regime, il secondo è rafforzare la cittadinanza”. Il regime si fa più debole con la pressione economica e politica, la cittadinanza si rafforza con il sostegno delle istituzioni internazionali: “La legittimazione che i leader mondiali danno all’opposizione è un segnale forte per i bielorussi, quando l’Europa dice crediamo in voi e vi sosteniamo, è una piccola vittoria”, dice Tikhanovskaya. L’attesa va riempita di resistenza e la resistenza a Minsk ha un valore anche per l’Ucraina. Quando la popolazione ha saputo dell’arrivo della Wagner, racconta la leader dell’opposizione, ha pensato soltanto che non voleva altra violenza e aveva capito che Lukashenka voleva approfittare dei mercenari per reprimere ancora di più la popolazione. “In Bielorussia le persone non si sono mai sentite al sicuro, ma da tre anni è peggio, sanno che possono essere arrestate in qualsiasi ora del giorno, sono consapevoli che Lukashenka sta russificando la nazione. C’è uno stato di paura, ma c’è attesa, bisogna aspettare il momento giusto”. Molto è già cambiato, le persone che un tempo vivevano lontane dalla politica ora sono meno apatiche, prima non pensavano al regime, ora se ne sentono schiacciate e non lo tollerano più: “Le persone vivono in Bielorussia come in un gulag”, il termine è forte, ma Tikhanovskaya lo pronuncia scandendolo bene. Il cambiamento passa anche attraverso la collaborazione con l’occidente e la leader dell’opposizione lo sa, ci lavora da tre anni: “La Bielorussia vera prende decisioni in galera o all’estero. La prossima settimana ci sarà il summit della Nato a Vilnius, noi saremo lì e abbiamo delle richieste: per ora non possiamo essere parte dell’Alleanza, ma parlate di noi, delle armi tattiche nucleari sul nostro territorio, della repressione, di sanzioni, del nostro europeismo. Siate i nostri rappresentanti”.

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