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Cosa significa il termine “status quo”? - parte 2
Analisi di David Elber
Qui la prima parte dell'articolo: https://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=610&id=90651
Con l’istituzione del Mandato per la Palestina, affidato alla Gran Bretagna, una grande importanza fu assegnata alla questioni religiose di tutte le fedi presenti sul territorio. Infatti, ben quattro articoli del Mandato (il 13, 14, 15 e 16) furono riservati ai diritti religiosi e alla custodia di tutti i luoghi sacri alle tre religioni monoteiste, tutte e tre poste sullo stesso piano dei diritti (almeno teoricamente nello Statuto). In particolare nei riguardi dei luoghi sacri islamici si ribadiva la loro completa gestione da parte delle autorità religiose islamiche, anche se, non si specificava chi fosse l’autorità incaricata alla loro gestione (articolo 13). In nessun articolo del Mandato è presente uno specifico riferimento alla status quo istituito con il Trattato di Berlino. E’ ben ribadita, invece, la questione del pieni diritti religiosi di tutti e del libero accesso a tutti i luoghi di culto. Grave colpa, delle autorità britanniche, fu la nomina a Gran Muftì di Gerusalemme di Amin Al-Husseini e della conseguente radicalizzazione a scopo politico della religione islamica. Così a partire dalla fine degli anni Venti in avanti, la questione dei luoghi santi diventò sempre più intrisa di contenuti politici. All’aumentare del radicalismo islamico le autorità britanniche reagirono riducendo i diritti degli ebrei al libero accesso ai loro luoghi santi quando questi coincidevano con quelli islamici o erano in prossimità di quest’ultimi.
Anche la vita della popolazione cristiana peggiorò e retrocedette al periodo ottomano. Un altro importante cambiamento apportato dalle autorità giordane fu il diretto controllo del Waqf islamico che da questo momento finì direttamente sotto l’egida della monarchia hashemita.
Per tutto il periodo di occupazione illegale giordana – 19 anni – lo “status quo” fu peggio di quello ottomano. Infatti, esso consisteva in alcune libertà gestionali dei Luoghi Santi cristiani da parte delle locali autorità cristiane nei rispettivi luoghi sacri, mentre per gli ebrei non c’era neanche la possibilità di accedere ai luoghi sacri in palese violazione dei più elementari diritti umani e religiosi. Va qui fatta una annotazione: durante tutto il periodo di occupazione giordana, la moschea di Al-Aqsa era ancora e solamente la moschea stessa e non tutto il complesso di al-Haram al-Sharif, come i musulmani identificano l’intero complesso del Monte del Tempio, e come vogliono fare credere da venti anni a questa parte. Ma torneremo più avanti su questo punto.
Quando, nel 1967, Israele riuscì a riprendere il controllo di Gerusalemme, si affrettò a ripristinare il pieno rispetto della parità dei diritti di tutte le confessioni religiose insieme al libero accesso di ognuno ai rispettivi luoghi santi. Inoltre, per cercare una riappacificazione con la Giordania e con tutto il mondo islamico, decise di lasciare la custodia e la gestione dei luoghi sacri islamici al Waqf ormai diventato giordano. Questo atteggiamento di appeasement non ha mai portato a nessun miglioramento delle relazioni con il mondo musulmano, di contro sono aumenti i problemi di ordine pubblico a causa del radicalismo islamico. L’accordo non scritto tra Israele e la casa regnante hashemita, è stato poi ufficializzato con il trattato di pace tra Israele e Giordania del 1994, nel quale, all’Articolo 9 si legge: «1. Ciascuna parte garantirà la libertà di accesso a luoghi di importanza religiosa e storica. 2. A questo proposito, in conformità con la Dichiarazione di Washington, Israele rispetta l’attuale ruolo speciale del Regno Hascemita di Giordania nei santuari musulmani di Gerusalemme. Quando avranno luogo i negoziati sullo status permanente, Israele darà la massima priorità al ruolo storico giordano in questi santuari. 3. Le Parti agiranno insieme per promuovere le relazioni interreligiose tra le tre religioni monoteiste, con l’obiettivo di lavorare per la comprensione religiosa, l’impegno morale, la libertà di culto religioso, la tolleranza e la pace».
L’accordo pattuito tra le autorità israeliane e il Waqf, anche se non formalizzato nel trattato di pace con la Giordania, prevede il libero accesso al Monte del Tempio a tutti i non musulmani in orari e giorni concordati, mentre per i musulmani non ci sono limitazioni di sorta. Inoltre, ai non musulmani è proibito portare oggetti religiosi e pregare sulla spianata, cosa concessa ai musulmani.
In pratica, oggi, il Waqf musulmano, assieme al re di Giordania e l’Autorità Palestinese, purtroppo con l’avvallo internazionale, hanno creato una nuova realtà, secondo la quale, lo “status quo” può variare in base ai loro ondivaghi desideri; e che vede lo spazio più sacro all’ebraismo diventare un luogo di culto esclusivamente musulmano. Nel fare questo, non si fanno scrupolo di utilizzare l’argomento dello status quo, che per giunta non ha nulla a che fare con i luoghi sacri islamici, per deformare il diritto internazionale a proprio piacimento e per riscrivere la storia a scopo politico. Tutto questo con il pieno appoggio delle cancellerie mondiali – ad iniziare dal Dipartimento di Stato americano – e dei mass media sempre pronti ad accusare Israele di qualsivoglia violazione. Ma chi, nei fatti, ha costantemente violato gli accordi raggiunti in passato?
In conclusione, gli arabi stanno cercando, nuovamente, di mantenere gli ebrei in una posizione subordinata nel loro luogo più sacro al mondo adducendo falsamente “al mantenimento dello status quo” che nella realtà è un concetto antiquato, immorale, non rispettoso dei più elementari diritti civili e religiosi, contrario a tutte le leggi internazionali e completamente privo di consistenza storica.
David Elber
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