Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 04/07/2023, a pag. 13, con il titolo "L’esercito israeliano all’assedio di Jenin: 'Rifugio di terroristi' " la cronaca di Rossella Tercatin.
Rossella Tercatin
GERUSALEMME — Massiccia operazione militare israeliana in corso a Jenin – operazione descritta da molti come la più vasta nella zona dai tempi della Seconda Intifada. Almeno una decina i raid aerei a mezzo droni che hanno colpito il centro palestinese nel Nord della Cisgiordania a partire dalla notte tra domenica e lunedì, mentre oltre un migliaio di soldati sul campo conducevano azioni di terra, spesso casa per casa, e anche dentro una moschea dove secondo l’esercito israeliano si è asserragliato un gruppo di miliziani. «Negli ultimi mesi, Jenin è diventata una città rifugio per il terrorismo», ha dichiarato in serata il premier israeliano Benjamin Netanyahu. «Noi ci stiamo occupando di porre fine a questa situazione » . Secondo il Ministero della Salute di Ramallah sarebbero almeno otto i palestinesi uccisi e ottanta i feriti. Non è al momento chiaro se tra le vittime ci siano civili. Inoltre sarebbero almeno venti i sospetti arrestati dalle truppe israeliane. I vertici politici e militari di Gerusalemme hanno insistito che l’azione va inquadrata come un intervento mirato e di portata specifica. Tra gli obiettivi colpiti fabbriche di armi e centri operativi utilizzati dai gruppi armati.
L’Autorità nazionale palestinese ha condannato duramente l’intervento israeliano, con il portavoce del presidente Abu Mazen che l’ha definito «un crimine». Lo stesso presidente in serata ha minacciato la fine del coordinamento in materia di sicurezza con Israele. Negli ultimi anni, complice proprio la debolezza dell’Anp, Jenin è diventata la base di numerosi gruppi armati, riempiendosi di depositi di armi e laboratori per la fabbricazione di esplosivi. Dei 49mila abitanti della città, circa 18mila vivono nel campo profughi e secondo stime dell’esercito israeliano il 25% si identifica con la Jihad islamica e il 20% con Hamas. Il centro è anche la base di alcuni nuovi gruppi armati autonomi o con un’affiliazione meno marcata. Da lì sono originati oltre 50 attacchi condotti con armi da fuoco contro obiettivi israeliani dall’inizio dell’anno con 19 terroristi che vi si sono rifugiati dopo aver colpito, secondo l’Idf. Negli ultimi mesi, si sono susseguite diverse operazioni militari israeliane nella zona. Giorni fa, miliziani palestinesi sono riusciti a mettere fuori uso con delle cariche esplosive alcuni veicoli dell’esercito israeliano, con la necessità dell’intervento di un elicottero Apache per evacuare i soldati feriti, mentre si è registrato anche un tentativo di lanciare due razzi di fabbricazione artigianale, senza raggiungere l’obiettivo. Proprio questi ultimi episodi avrebbero spinto Netanyahu a procedere con la nuova azione, secondo alcuni analisti anche in risposta alla pressione esercitata dai suoi alleati di governo di estrema destra.
L’escalation a Jenin si inserisce nel quadro di un periodo di rinnovata violenza. Nell’ultimo anno e mezzo, le tensioni nella regione sono salite alle stelle, con una recrudescenza degli attentati terroristici nello Stato ebraico e operazioni militari israeliane in Cisgiordania quasi quotidiane, che hanno provocato la morte di centinaia di palestinesi, in grande maggioranza miliziani, ma anche un numero significativo di civili, inclusi diversi bambini. Dall’inizio del 2023, sono 24 gli israeliani che hanno perso la vita in attacchi terroristici. Secondo fonti citate dalla stampa israeliana, già negli scorsi giorni Israele aveva informato gli Stati Uniti dell’intenzione di condurre un’operazione anti-terrorismo a Jenin. Washington ieri ha espresso il proprio supporto al diritto di Israele all’autodifesa. A condannare l’intervento invece sono stati molti dei partner regionali nel mondo arabo, inclusi Egitto, Giordania ed Emirati Arabi. A operazione che, a 24 ore dal suo inizio, era ancora in corso, l’interrogativo rimane quale potrebbero essere le sue conseguenze. I vertici militari israeliani si dicono pronti a qualunque scenario, ma non sembrano credere nella possibilità di un’escalation massiccia, con il rischio più concreto che pare rimanere quello di una rappresaglia con lanci di razzi da Gaza. Anche se la situazione rimane estremamente fluida.
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