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israele.net Rassegna Stampa
04.07.2023 Non c’è niente di ebraico nell’aggredire palestinesi innocenti: la violenza di una frangia estrema va condannata senza riserve
Analisi di Avi Mayer, da Israele.net

Testata: israele.net
Data: 04 luglio 2023
Pagina: 1
Autore: Avi Mayer
Titolo: «Non c’è niente di ebraico nell’aggredire palestinesi innocenti»
Non c’è niente di ebraico nell’aggredire palestinesi innocenti: la violenza di una frangia estrema va condannata senza riserve
Analisi di Avi Mayer, da Israele.net

Palestinian killed in unclear circumstances as settlers rampage in West  Bank town | The Times of Israel

Il mese scorso diverse centinaia di estremisti israeliani hanno fatto irruzione nella città palestinese di Turmus Ayya, nella Cisgiordania settentrionale. Gli aggressori a volto coperto, per lo più residenti nelle vicine comunità ebraiche, si sono scatenati per le vie della città appiccando incendi a case, automobili e campi agricoli, lanciando sassi e, almeno in alcuni casi, sparando con armi da fuoco verso i residenti arabi. Le forze di sicurezza israeliane sono intervenute, una decina di palestinesi sono rimasti feriti, un uomo del posto, successivamente rivendicato da Hamas come un suo membro, è rimasto ucciso in circostanze che rimangono poco chiare. Nei giorni successivi sono stati arrestati diversi estremisti ebrei. La furia scatenata a Turmus Ayya è stata preceduta e seguita da analoghe aggressioni di minore entità in altre località palestinesi. La scintilla che ha scatenato questi attacchi di gruppo è stato l’attentato terroristico con armi da fuoco del 20 giugno a una stazione di servizio con ristornate alle porte dalla comunità ebraica di Eli, dove sono stati assassinati a sangue freddo quattro israeliani: il 17enne Nachman Shmuel Mordoff, il 18enne Elisha Antman, il 21enne Harel Masoud e Ofer Feirman, di 63 anni. Molti di coloro che hanno preso parte all’aggressione a Turmus Ayya arrivavano direttamente dal funerale di Mordoff, nel cimitero della vicina Shilo. Una delle città palestinesi prese di mira è stata Huwara, già teatro di una aggressione di gruppo altrettanto vergognosa lo scorso febbraio a seguito all’assassinio terroristico dei due fratelli israeliani Yagel, di 19 anni e Hallel Yaniv di 22.

Palestinian killed as Israeli settlers attack town after deadly shooting -  BBC News

Anche allora centinaia di estremisti israeliani erano entrati a Huwara e in alcuni villaggi circostanti dando fuoco ad auto, case, negozi. Il comandante locale delle Forze di Difesa israeliane parlò esplicitamente di un “pogrom”, spiegando che le sue forze erano completamente impreparate ad affrontare una eventualità del genere. Purtroppo atti di violenza perpetrati da estremisti ebrei israeliani contro palestinesi innocenti non sono un fatto nuovo. Il caso più infame è quello di Baruch Goldstein, nato a Brooklyn, residente a Kiryat Arba e membro del gruppo estremista ebraico Kach, che il 25 febbraio 1994 aprì il fuoco nella Grotta dei Patriarchi a Hebron uccidendo 29 fedeli musulmani. L’allora primo ministro Yitzhak Rabin e il leader dell’opposizione Benjamin Netanyahu denunciarono con forza la strage, che venne condannata senza eccezioni da tutte le voci d’Israele, e il governo mise fuori legge Kach. Ma dopo di allora vi sono stati altri casi, sebbene molto meno gravi e meno noti. Negli ultimi 15 anni, gruppuscoli di teppisti estremisti hanno compito numerosi attacchi contro proprietà palestinesi soprannominati “cartellino del prezzo” perché pretendono di voler “far pagare un prezzo” a palestinesi e arabi israeliani (presi di mira a caso) per ogni attacco terroristico subito da ebrei. Ma ciò che oggi è totalmente diverso è che questi atti di violenza arbitraria sembrano godere dell’imprimatur di alcuni membri del governo in carica. Tre giorni dopo la furia scatenata a Huwara, il ministro delle finanze Bezalel Smotrich affermò che la città doveva essere “spazzata via”, per poi aggiungere rapidamente che “è lo stato che deve farlo, non i privati cittadini” (in seguito Bezalel Smotrich ha cercato di ritrattare le sue dichiarazioni).

Questa volta, dopo che il capo di stato maggiore delle Forze di Difesa israeliane Herzi Halevi, il capo dei servizi di sicurezza Ronen Bar e il capo della polizia Kobi Shabtai hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui condannano gli attacchi contro palestinesi innocenti in quanto “terrorismo nazionalista sotto ogni aspetto e contrari a ogni valore morale ed ebraico”, la ministra delle missioni nazionali Orit Struck, dello stesso partito di Smotrich, si è scagliata contro di loro paragonando i più alti funzionari della difesa del paese al gruppo mercenario Wagner. “Chi siete voi per rilasciare una simile dichiarazione alle spalle del governo? – ha tuonato – Chi siete voi per insegnarci la morale?” (in seguito anche Orit Struck si è scusata per queste parole). Il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir – che, nella sua vita precedente come avvocato, ha spesso difeso estremisti ebrei accusati di aver aggredito palestinesi innocenti – è arrivato al punto di definire i teppisti saccheggiatori “bravi ragazzi”. “La maggior parte di loro sono bravi ragazzi”, avrebbe detto durante un incontro con il primo ministro Netanyahu, il ministro della difesa Gallant e i vertici della difesa del paese. Netanyahu ha emesso una implicita condanna di queste aggressioni di gruppo, ma sembra averlo fatto solo per ragioni di ordine pubblico. “Non accetteremo tumulti, né sulle alture del Golan né in Giudea e Samaria – ha affermato, assimilando le violenze in Cisgiordania alle recenti proteste di membri della comunità drusa diventate a loro volta violente – Israele è uno stato di diritto: tutti i cittadini di Israele sono tenuti a rispettare la legge”. Così facendo, Netanyahu ha fatto eco alla sua dichiarazione di marzo quando aveva messo sullo stesso piano l’aggressione di gruppo a Huwara e le manifestazioni di massa contro la riforma giudiziaria avanzata dal suo governo, durante le quali si sono avuti limitati scontri tra dimostranti e polizia: “Non accetteremo violenze a Huwara e non accetteremo violenze a Tel Aviv”, aveva dichiarato in quell’occasione. Sono molte le ragioni per cui queste aggressioni di gruppo contro palestinesi sono un danno per Israele: mettono a dura prova i nostri rapporti con paesi amici in tutto il mondo e li rendono meno favorevoli alle nostre posizioni; mettono sotto tensione i nostri nuovi alleati nel mondo arabo e rendono i nuovi potenziali partner meno disposti a impegnarsi con noi; aumentano le tensioni in Cisgiordania in un momento in cui sono già eccezionalmente alte. E poi, sì, minano la legge e l’ordine rendendo il lavoro delle forze di sicurezza ancora più difficile di quanto già non sia. Ma la ragione più importante è anche la più semplice: perché sono sbagliate e riprovevoli in se stesse. In Israele si è aperto un intenso dibattito sul fatto se queste aggressioni di gruppo debbano essere etichettate o meno come “terrorismo ebraico”. La maggior parte delle argomentazioni si incentra sulla seconda parte della locuzione, cioè se quelle violenze rientrino nella definizione di atti di terrorismo (a quanto pare, tutti i massimi vertici della sicurezza israeliana, come si è detto, pensano di sì). Ora, è chiaro che c’è un’enorme differenza tra questi spregevoli atti di violenza compiuti da un piccolo numero di estremisti ebrei respinti e condannati in modo schiacciante dalla società israeliana, e gli efferati atti di violenza compiuti contro gli ebrei israeliani da terroristi palestinesi che godono di un vasto plauso e sostegno nella società palestinese e che vengono celebrati, incentivati e premiati dalla stessa Autorità Palestinese. Come ha riferito il mese scorso Khaled Abu Toameh sul Jerusalem Post, il 71% dei palestinesi si dichiara favorevole alla “lotta armata” contro Israele, l’eufemismo con cui si riferiscono ad attacchi terroristici contro ebrei innocenti: un dato sostanzialmente in linea con una serie di sondaggi nel corso degli anni.

Al contrario, un sondaggio condotto dall’Israel Democracy Institute all’indomani dell’attacco a Duma del 2015, in cui tre membri di una famiglia palestinese restarono uccisi nell’incendio della loro casa appiccato dal lancio di molotov ad opera di ebrei israeliani, rilevò che l’81% degli ebrei israeliani considerava quell’attacco come un atto di puro terrorismo e il 73% affermava che coloro che effettuano attacchi contro i palestinesi sono “gruppi marginali che rappresentano solo una piccola minoranza” all’interno di Israele. Fondamentalmente, però, il problema con la locuzione “terrorismo ebraico” non è che designa questi spregevoli attacchi di gruppo come atti di terrorismo. È che semplicemente quegli attacchi non hanno nulla di ebraico. Come tantissimi altri ebrei israeliani, quando vedo questi teppisti a volto coperto che aggrediscono palestinesi innocenti sono nauseato dalla kippà che portano in testa e dalle tzitzit (frange rituali) che pendono dalle loro magliette. Mi sono totalmente estranei quanto lo sono gli estremisti violenti di qualsiasi altro ambiente, e la loro versione distorta dell’ebraismo è ai miei occhi del tutto sfigurata e irriconoscibile. L’ebraismo che conosco detesta la violenza contro gli innocenti. L’ebraismo che pratico mira alla pace e alla risoluzione dei conflitti con mezzi non violenti. L’ebraismo che amo si incarna nel comandamento di amare il prossimo come se stessi e nell’imperativo di vedere ogni essere umano come creato a immagine di Dio. Non c’è nulla di ebraico negli attacchi violenti contro palestinesi innocenti ed è tempo che i leader di Israele – tutti i leader di Israele – lo affermino chiaramente. Gli autori di questi attacchi di gruppo devono sentire, da tutti gli angoli della società israeliana e da tutte le componenti del governo israeliano, che essi non rappresentano né noi né i nostri valori, e che faremo tutto il necessario per combatterli e assicurarli alla giustizia. E poi deve essere esercitato tutto il peso delle forze dell’ordine israeliane, delle forze di sicurezza e del sistema giudiziario per garantire che coloro che cercano di fare del male a palestinesi innocenti siano contrastati e bloccati ad ogni piè sospinto. Niente sarebbe più ebraico di questo.
(Da: Jerusalem Post, 30.6.23)

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