Ucraina: l'obiettivo è ricostruire un Paese prospero, sicuro, europeo Analisi di Paola Peduzzi
Testata: Il Foglio Data: 25 giugno 2023 Pagina: 1 Autore: Paola Peduzzi Titolo: «Ucraina dreamin’. La determinazione dei ricostruttori ucraini che s’impegnano a costruire un nuovo paese prospero, sicuro ed europeo»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 25/06/2023, a pag. 1, con il titolo 'Ucraina dreamin’. La determinazione dei ricostruttori ucraini che s’impegnano a costruire un nuovo paese prospero, sicuro ed europeo', l'analisi di Paola Peduzzi.
Paola Peduzzi
Mustafa Nayyem
Vladimir Putin continua ad attaccare e bombardare l’Ucraina, a occupare terra ucraina e a trattarla come fosse sua costringendo i cittadini che la abitano a dimenticarsi di essere ucraini, ma se l’Ucraina, alla fine di questa guerra, si ritroverà più prospera, più democratica, più sicura e più europea ecco che il brutale errore di calcolo del presidente russo si mostrerà in tutta la sua catastrofica miseria. E’ dal 1991 e ancor più negli anni Duemila che Putin cerca di stroncare l’ambizione democratica e di benessere dell’Ucraina: lo ha fatto in tutti i modi, ora è determinato a radere al suolo un paese piuttosto che non soggiogarlo. Per questo il lavoro dei nation builder ucraini, i ricostruttori, oggi è importante e urgente come quello dei soldati impegnati nella controffensiva. Il capo dell’Agenzia di ricostruzione di Kyiv, Mustafa Nayyem, ha detto al Financial Times: “Molti dei nostri partner saranno sorpresi di quanto può essere trasparente e responsabile la nostra ricostruzione. Il governo ucraino funziona ancora, e funziona bene”, l’Ucraina non è uno stato fallito, nonostante la costanza distruttiva di Putin, nonostante sia al 116esimo posto della classifica della Trasparenza e della corruzione, sotto persino alla Bielorussia. Nel suo ultimo numero, l’Economist dedica la copertina all’Ucraina 2.0, ai ricostruttori che hanno iniziato a rifare il paese prima che Putin lo distruggesse, giovani politici e manager che hanno scardinato il sistema di potere oligarchico ucraino – con alterne e brutte vicende – e che poi, con l’avvio della guerra, si sono ritrovati con la possibilità di creare un paese nuovo, il paese che sognavano gli arancioni nel 2004 e i rivoluzionari della dignità nel 2014. I danni di guerra ammontano a 400 miliardi di dollari secondo la Banca mondiale ma è una stima che tutti considerano molto bassa e che comunque è stata elaborata prima dell’esplosione della diga di Nova Kakhovka da parte – le ricostruzioni concordano – dei russi. Gli asset finanziari della Russia che potranno forse in futuro essere utilizzati per ripagare questi danni non sono sufficienti, si tratta per i nation builder di attirare investimenti e lavoratori, di riportare a casa i sei milioni di ucraini che sono scappati (il 15 per cento della popolazione, di cui il 60 per cento è laureato), di reintegrare il milione di ucraini che sono andati a combattere, di sorprendere, come dice Nayyem (che è nato in Afghanistan, è scappato dai sovietici, è nella lista dei nemici di Mosca e ha avuto dimestichezza per tutta la vita con la distruzione) gli investitori smantellando l’immagine di un paese corrotto e incapace di utilizzare in modo proficuo i fondi per la ricostruzione. E’ cambiato il patto sociale tra gli ucraini e lo stato: la società civile si è fatta fortissima ma è diventata anche più fiduciosa nei confronti delle istituzioni. I ricostruttori sanno che questa fiducia è preziosa quanto la resistenza sul fronte e nelle città e che esercita anche una enorme pressione per evitare che si ricada negli errori del passato. I nation builder non vogliono ricostruire l’Ucraina di prima, ma una nuova, pronta per entrare in Europa, digitale, innovatrice, sicura (e magari nella Nato): la chiamano Ucraina 2.0, è l’Ucraina sognata nelle piazze che invocano da decenni l’Europa – e il database con tutti i contratti di ricostruzione avviati e da avviare nel paese si chiama “Dream”.
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