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Il Foglio Rassegna Stampa
22.06.2023 Russia: disinformazione e propaganda
Analisi di Paola Peduzzi, Micol Flammini

Testata: Il Foglio
Data: 22 giugno 2023
Pagina: 5
Autore: Paola Peduzzi, Micol Flammini
Titolo: «Non vinco, ma ti dico che Kyiv perde. parla mosca»

Riprendiamo dal FOGLIO  di oggi, 22/06/2023, a pag. 5, con il titolo 'Non vinco, ma ti dico che Kyiv perde. parla mosca', l'analisi di Paola Peduzzi, Micol Flammini.

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Paola Peduzzi

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Micol Flammini

Fuoco, incendiare, distruggere, polverizzare e ancora annientare con le fiamme. Nel lessico del corrispondente di guerra russo queste espressioni ricorrono molto spesso e sono riferite a quello che l’esercito di Mosca dovrebbe fare in Ucraina, anzi, all’Ucraina. Il corrispondente di guerra non è più un giornalista, o meglio, la sua funzione non si esaurisce con il racconto di quello che accade al fronte. E’ spesso un propagandista, a volte inviato al fronte dai media del Cremlino, più spesso un blogger che prende la linea del Cremlino e va addirittura oltre. Sostiene la guerra contro Kyiv, a volte ha un accesso diretto ai soldati di Mosca, lavora dal fronte e incita, infuoca, strepita, combatte pure. In russo vengono chiamati voenkory, il termine è storico, oggi sono degli estremisti, odiano Kyiv, detestano l’occidente, sono sicuri che la Russia prevarrà perché, dicono, è dalla parte della ragione. Che siano impiegati dai media del Cremlino o blogger, sono tutti molto seguiti e anche abbastanza famosi tra i russi perché offrono più dettagli rispetto alle informazioni ufficiali, ai servizi in televisione o agli esperti a piede libero nei salotti propagandistici. Anche loro, i voenkory, sono propagandisti, e hanno assunto questa loro nuova funzione dal 2014, dopo la prima invasione dell’Ucraina, l’annessione illegittima della Crimea e la guerra nel Donbas e hanno inaugurato un nuovo genere del reportage di guerra russo: il reportage di propaganda, appunto. Non tutti sono schierati con il Cremlino, molti sono contrari alle decisioni del ministero della Difesa, al ministro Sergei Shoigu, non criticano mai Vladimir Putin in maniera diretta, ma sono convinti che saprebbero cosa fare per vincere la guerra e consigliano: fuoco, fiamme, distruzione totale. Chi contesta Shoigu, promuove invece Evgeni Prigozhin, finanziatore e capo delle milizie mercenarie della Wagner e non è un caso che il primo a menzionare la presenza della Wagner in Ucraina dopo il 24 febbraio sia stato proprio un corrispondente di guerra: Evgeni Poddubny, dell’emittente televisiva Rossija 1, nel luglio del 2022 annunciò che una centrale elettrica nel Donbas era stata “liberata” dalla Wagner. Fino a quel momento nessuno parlava apertamente dei mercenari, erano il sottobosco, l’occulto, erano gli esecutori silenziosi del volere di Putin. Da quel momento sono usciti allo scoperto. I voenkory sono un elemento importante della propaganda di Mosca, anche delle sue crepe. Sono gli addetti alla battaglia nella battaglia, sono coloro che devono dire che la Russia sta vincendo perché loro sono lì, in prima linea e lo vedono. Se qualcosa va storto, loro dicono cosa va fatto di meglio e queste critiche sono tra i motivi del loro seguito: loro possono permettersi di contestare. Aedi della brutalità e dell’odio contro Kyiv, parlano soprattutto ai russi e devono, vogliono, pretendono di far credere che la guerra la vinceranno. Sono figure importanti per capire come funziona, quali e quanti canali usa la propaganda di Mosca. Dove ci crede più fragili, e come pensa di poter manipolare i russi. Le voci della controffensiva. Appollaiati sulla controffensiva, i voenkory si dividono tra chi conferma i numeri del Cremlino e chi conferma quelli di Prigozhin. Il presidente russo ha parlato ieri dicendo che l’Ucraina ha perso 245 carri armati e 678 veicoli corazzati tentando di sfondare e “non ha alcuna possibilità”, ha detto Putin. Prigozhin invece ha descritto la situazione in alcune aree, in particolar modo nella regione di Zaporizhzhia, come disastrosa e ha accusato Shoigu di mentire e di non sapere come fermare l’avanzata dell’Ucraina. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha ammesso che la controffensiva non procede spedita, ma la tattica è logica: bisogna indebolire i russi prima di sfondare. Il muro si abbatte martellando. Una cosa però l’abbiamo imparata durante queste controffensive fatte di proclami: più Mosca la spara grossa, più si sente in difficoltà. E l’ha sparata parecchio grossa, annunciando morti e ferimenti gravi di due figure ucraine molto importanti: Kyrylo Budanov e Valerii Zaluzhnyi. Yoda e gli immortali. “Una squadra di immortali arriverà nel mezzo della notte nei sogni dei russi che vogliono conquistare l’Ucraina e li trasformerà in incubi”, ha detto Kyrylo Budanov, il capo dell’intelligence militare ucraina, ricomparso in video dopo che per settimane la propaganda russa ha ripetuto: Budanov è morto. Il giorno prima anche Valerii Zaluzhnyi, comandante delle Forze armate ucraine, era ricomparso in un video, dopo che anche per lui la propaganda russa aveva usato lo stesso metodo: il generale è morto. Se Budanov ha parlato degli immortali, Zaluzhny è comparso in un video in un contesto a lui familiare – una stanza che sembra un bunker, tutti in mimetica, tavolone con sopra mappe e fogli: lì si fa la strategia della difesa ucraina – e sul petto cucito un piccolo baby Yoda: la didascalia l’hanno fatta tutti sui social, citando il celebre “this is the way” della piccola creatura con gli occhi e le orecchie grandi. I propagandisti russi hanno continuato su Telegram il viaggio dentro la loro realtà alternativa, in cui cercano di trascinare tutti, dicendo che i video erano falsi o creati dall’intelligenza artificiale. La centrale di questa realtà alternativa è stata l’agenzia di stato russa Ria Novosti, che divenne famosa il 26 febbraio del 2022 perché pubblicò alle 8 di mattina di Mosca un articolo in cui dichiarava l’operazione speciale russa in Ucraina conclusa con successo: il testo è stato subito rimosso, la costruzione di una realtà alternativa si era scontrata senza rimedio contro la resistenza ucraina. Nell’aprile successivo, mentre il mondo scopriva l’orrore di Bucha, Ria Novosti pubblicò un altro testo in cui citava la denazificazione dell’Ucraina trentotto volte e ci aggiungeva un altro termine che sarebbe poi diventato cruciale: deucrainizzazione dell’Ucraina, che è la dimostrazione della volontà di uccidere tutti gli ucraini in quanto ucraini, che è anche una definizione di genocidio. Nelle ultime settimane Ria Novosti ha scritto che il generale Zaluzhny era ferito, forse morto e ricoverato all’estero. Qualche giorno fa Vladimir Putin ha risposto così a un giornalista che gli chiedeva se sapesse qualcosa del generale ucraino: “Lo so. Penso di saperlo. Chiedetelo a lui. Ma per farlo bisogna passare a una lingua straniera. A me sembra che sia all’estero, ma potrei sbagliarmi”. Con Budanov il format della propaganda si è evoluto: “Un missile russo ha colpito l’ufficio vicino a quello dove era presente Budanov”, il 29 maggio scorso, ha scritto Ria Novosti la settimana scorsa, sostenendo di aver appreso la notizia da fonti dell’intelligence militare ucraina: Budanov sarebbe stato tirato fuori dalle macerie, trasportato da un’eliambulanza delle forze ucraine fino alla base militare di Rzeszow, in Polonia, e da lì portato in aereo in Germania. Qualche giorno dopo, i propagandisti russi hanno iniziato a dire che c’era la conferma della notizia da parte di un giornale tedesco, il magazine Stern, che sosteneva che Budanov fosse in coma ricoverato in Germania. Lo Stern ha dovuto pubblicare un articolo per dire che non aveva mai pubblicato l’articolo che sui canali Telegram i russi festanti continuavano a citare come prova del fatto che Budanov fosse in fin di vita. A mandare in tilt la propaganda russa è stata la strategia del silenzio adottata dall’Ucraina in questa fase di controffensiva militare, gli ucraini tacciono, ripetono: shhh, danno poche informazioni, la sorpresa può essere un’arma potente. Così i russi si ritrovano a riempire questo silenzio e lo fanno (anche) annunciando la morte dei vertici ucraini: sanno che possono essere smentiti in ogni momento, ma la realtà alternativa – ma pure la disperazione – funziona così. Diverso è invece il messaggio quando è rivolto soltanto a noi, soltanto all’esterno. Italia e dezinformacija. Putin cerca di dire che l’occidente è in mano a una casta di satanisti e gay che vogliono imporre la transumanizzazione attraverso l’ingegneria genetica, e la Russia in Ucraina sta combattendo per evitarlo. Il rapporto “Dezinformacija e misure attive: le narrazioni strategiche filo Cremlino in Italia sulla democrazia liberale e la ‘decadenza’ delle società occidentali” è l’ultima ricerca dell’Istituto Gino Germani di Scienze sociali e studi strategici, ed è stata condotta da Massimiliano Di Pasquale e Luigi Sergio Germani. “Negli ultimi anni – ci ha detto Di Pasquale – le narrazioni sul tema del tramonto dell’occidente ‘decadente e nichilista’ sono entrate nei dibattiti politici, mediatici e culturali mainstream”. Lo studio si occupa appunto delle narrazioni strategiche relative al tramonto dell’occidente “decadente e nichilista” e al fallimento delle democrazie liberali “diffuse in Italia da media russi, da media autoctoni filo Cremlino e da opinionisti influenzati dal Cremlino”. Nella parte iniziale del lavoro viene spiegato il concetto sovietico di “misure attive”. Inoltre, vengono esaminati i principali fattori storico-politici e culturali che hanno reso la società italiana più permeabile all’influenza di Mosca, primo tra tutti un fondo di antiamericanismo venuto dal passato sia fascista sia comunista. La seconda parte analizza la natura del regime putiniano e la sua ideologia, approfondisce il concetto di occidente collettivo e passa in rassegna le quattro macronarrazioni storicamente utilizzate dal Cremlino per attaccare la democrazia liberale: le élite contro il popolo, i valori minacciati, la sovranità perduta, l’imminente collasso. Nella terza parte si analizzano le principali idee sul tema del tramonto dell’occidente e del fallimento dell’ideologia liberale. Occhi sulla Slovacchia. Un altro paese europeo in cui la disinformazione russa lavora e scava è la Slovacchia. Alcuni studi hanno rilevato che, nonostante il governo slovacco non abbia osteggiato le decisioni europee, abbia anzi mandato armi, aiuti, accolto rifugiati, la popolazione non si è mai liberata di anni di media russi molto attivi sul territorio. Tra gli slovacchi è comune incolpare l’Ucraina per l’aumento dei costi dell’energia, credere che Kyiv non potrà vincere la guerra e dovrebbe ammetterlo, e soprattutto gli slovacchi sono più propensi a pensare che l’attacco russo non è cosa che possa riguardarli, Mosca non ce l’ha con loro, quindi è legittimo disinteressarsene. La Slovacchia è tra i paesi che andranno a elezioni quest’anno e il governo è stato molto coraggioso nelle sue scelte. La politica estera sarà al lato del dibattito e non al centro, ma è tra quelle nazioni in bilico in cui è già arrivato un segnale, non positivo, da una figura che in questi anni in Europa ha cercato di fare molto, la presidente Zuzana Caputová. Zuzana Caputová ha detto che non si ricandiderà alle elezioni. Quarantanove anni, una vita a difendere i diritti umani prima di entrare in politica, leader più popolare del paese, liberale ed europeista, gran sostenitrice dell’Ucraina, la Caputová è stata descritta dalla propaganda come un burattino nelle mani degli americani e dell’immancabile George Soros. “Con la mia decisione di non candidarmi – ha detto – non sto rinunciando all’ideale e alla fiducia nei valori cui ho dedicato la mia vita professionale e personale. Ho cercato di aiutare la democrazia e la giustizia in Slovacchia prima del mio mandato presidenziale, e lo farò dopo”. La Caputová dice che è una decisione personale che riguarda anche la sua famiglia: nel dicembre scorso, in un’intervista, aveva detto di aver ricevuto delle minacce di morte rivolte a lei e alle sue due figlie. Le parole usate in questi messaggi minatori erano le stesse dei suoi avversari politici: sei liberale, democratica, europeista e atlantista, quindi devi essere annientata. Le espressioni ritornano, e sono le stesse della propaganda di Mosca.

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