Al Meis di Ferrara una mostra da non perdere su sinagoghe e cimiteri ebraici in Italia Analisi di Susanna Nirenstein
Testata: La Repubblica Data: 21 giugno 2023 Pagina: 35 Autore: Susanna Nirenstein Titolo: «Le sinagoghe tra persecuzione e rinascita»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 21/06/2023 a pag. 35, con il titolo "Le sinagoghe tra persecuzione e rinascita", l'analisi di Susanna Nirenstein.
Susanna Nirenstein
Tra i tanti elementi che hanno permesso la sopravvivenza del popolo ebraico alla distruzione del Tempio del 70 d.C., alla cacciata da Israele e a secoli di feroci persecuzioni, se ne citano sempre due maggiori: innanzitutto Yochanan Ben Zakkai, il rabbino del I secolo che si salvò avventurosamente durante l’assedio a Gerusalemme e accettò la vittoria di Roma in cambio di una scuola di studio a Yavne, in Galilea, dove si sarebbero raccolte e discusse le leggi orali insieme alla Torah, una rivoluzione capace di traghettare i fedeli dai sacrifici sull’altare alla religione del Libro e dello studio , trasportabili dovunque con sé. Il secondo pilastro degli ebrei nella diaspora però fu ed è senz’altro l’istituzione della sinagoga, in ebraico Bet Ha-Knesset (casa dell’assemblea), la Gerusalemme dell’esilio (nata, sembra, durante la cattività babilionese — VII-VI secolo a.C.) luogo di preghiera ma anche di incontro, cittadella educativa, centro in cui confluire e studiare, tornare nel Sinai fondativo appunto, ad accogliere stupiti e pieni di domande la parola di Dio: metti dieci ebrei insieme ed ecco che possono svolgere una preghiera pubblica, dagli un Aron dove riporre i rotoli della Torah, una Bimà, un pulpito da cui leggere ad alta voce la Bibbia, ed ecco che torna la comunità. Sulle Case di Vita-Sinagoghe e cimiteri (altro punto identitario quest’ultimo dell’esistenza ebraica nello scorrere del tempo) il Meis di Ferrara ha aperto una bella mostra a cura di Andrea Morpurgo e Amedeo Spagnoletto piena di informazioni, immagini, arredi antichi, oggetti che ci raccontano attraverso architetture, riti, notizie e un bel catalogo con tante firme di valore e tanti spunti — dagli ornamenti sinagogali ai matronei, alla posizione del rabbino nel rito — momenti e snodi importanti del rapporto tra gli ebrei e il territorio italiano in duemila anni di storia, creando così un itinerario inedito, dove forma, stile, regole hanno modellato i rapporti tra potere e questa antica minoranza.
La storia inizia con i primi ebrei a Roma (dal II secolo a.C. — vedi i resti della sinagoga di Ostia del II secolo d.C., o gli scavi di Bova Marina), ma certamente la dinamica si fa più intensa nel Medioevo, quando le autorità iniziano a stipulare patti giuridici con gli ebrei che si diffondono sul territorio per il commercio e la professione di prestatori, unica permessa dal Concilio del 1179. I contratti prevedono gli anni di residenza, la possibilità di macellazione secondo le regole rituali, di avere una sinagoga e un terreno per il cimitero. Nel sud Italia, a Palermo, a Trani ad esempio, si creano vere e proprie architetture (nel XV secolo poi smantellate o trasformate in chiese) per la preghiera, lo studio, l’istruzione. Al centro e al Nord invece sono le case dei maggiorenti ebrei a ospitare uno spazio per il rito, mentre per la sepoltura venivano dati dei campi fuori le mura (senza iscrizioni sulle lapidi però) e vietati i cortei comunque. Ancora nel XVIII secolo, le cose andavano così. Già, quando si parla di ebrei prima dell’Unità di Italia la storia è sempre quella, una storia di feroce discriminazione. E, infatti, le sinagoghe fino a quel momento sono “nascoste” negli edifici, mai accessibili dalla strada, “invisibili”. Ma meravigliosamente, nel 1861, dopo il Risorgimento a cui parteciparono tanti ebrei, fatta l’Unità d’Italia e sconfitto il Papa, adottato lo Statuto albertino, si dichiara l’uguaglianza di tutti i cittadini, senza distinzione di culto. Un cambiamento che portò una realtà del tutto nuova, con grandi mutazioni nella distribuzione della popolazione ebraica, spopolamento dei piccoli centri, concentrazione nei centri urbani e finalmente nascita di “templi israelitici” con facciate, cupole, segni riconoscibili a Verona, Alessandria, Modena, Vercelli, Firenze, Torino, Milano, Roma, Genova! Alleluja! Se nelle comunità medio piccole si adeguano le sinagoghe esistenti con rinnovamenti stilistici e decorativi, nelle città sopra citate (le nuove norme riguardano anche i cimiteri che ora vengono riammessi entro le mura e vedono sorgere anche tombe sfarzose o comunque connotate) dunque si crea un inedito stile ebraico rintracciabile solo nella Bibbia, nell’immaginario di ognuno, una maniera che si mosse liberamente tra l’arte greca, romana, mesopotamica, asiatica, assira... moresca, ma anche in dialogo con i monumenti circostanti: l’importante era che richiamassero l’idea di Gerusalemme, l’ispirazione biblica, esotica, fossero immediatamente riconoscibili nella loro diversità (pensate a Roma e Firenze). L’avventura della costruzione baldanzosa delle sinagoghe si chiuse col fascismo. Con lena, ma con un doloroso ridimensionamento delle comunità, dopo il ’45, ci si rimise all’opera. Persecuzione e rinascita: d’ora in poi guardate secondo una nuova ottica anche queste strane cupole, rappresentano una lezione di storia.
Per inviare la propria opinione alla Repubblica, telefonare 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante