Iran: la protesta riparte dalle università Analisi di Pegah Moshir Pour
Testata: La Repubblica Data: 21 giugno 2023 Pagina: 17 Autore: Pegah Moshir Pour Titolo: «Dalle università iraniane riparte la protesta con un solo slogan: “No!”»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 21/06/2023, a pag. 17, con il titolo "Dalle università iraniane riparte la protesta con un solo slogan: “No!” " l'analisi di Pegah Moshir Pour.
Pegah Moshir Pour
L’Università dell’Arte di Teheran
Tensioni e proteste scuotono da una settimana l’atmosfera all’Università dell’Arte di Teheran, dove le studentesse sono in prima linea nella lotta per la libertà di espressione e i diritti delle donne. Gli avvenimenti degli ultimi giorni hanno visto una serie di arresti, la disobbedienza delle ragazze all’obbligo di portare il velo e l’emergere di una potente campagna di comunicazione di sostegno denominata “No”. Tutto ha avuto inizio il 13 giugno, quando il Consiglio delle corporazioni studentesche ha riferito che il giorno precedente il responsabile della sicurezza dell’università, Hamzeh Borzouei Kutnai, ha sospeso incondizionalmente alcune studentesse poiché si erano presentate all’università senza un Maghna’e: indossare questo tipo di velo diventò obbligatorio all’inizio degli anni ‘80 in tutte le università, uffici governativi e banche, ma il suo uso divenne gradualmente obsoleto in alcuni istituti, tra cui appunto le università. Gli studenti hanno deciso di organizzare una manifestazione pacifica per protestare contro le restrizioni e le politiche oppressive del regime che limitano la loro libertà accademica e personale. I giovani si sono riuniti nel cortile dell’università, portando striscioni e cartelli con slogan come “Vogliamo esprimerci” e “Diritti per tutte le donne iraniane”. La loro voce di protesta era diretta anche contro l’obbligo di indossare il Maghna’e, un tipo di velo che copre integralmente testa, collo, fino al petto: oggi è simbolo di oppressione, molte donne desiderano rimuoverne l’obbligatorietà, poiché la religione stessa prevede la libera scelta. La risposta delle autorità non si è fatta attendere. Il 17 giugno, un’operazione delle forze speciali e del personale di sicurezza in borghese ha scosso l’università, con una serie di arresti mirati alle studentesse ritenute responsabili dell’organizzazione delle proteste. Numerose giovani sono state arrestate, lasciando il campus nell’angoscia e nell’indignazione. Testimoni oculari hanno riferito di scene di estrema violenza davanti a proteste pacifiche. Gli studenti hanno affermato sui social media che Borzouei e altri funzionari universitari hanno minacciato di chiamare l’esercito. Uomini in borghese e altre forze di sicurezza erano già presenti all’interno e all’esterno dell’università in gran numero. Hanno bloccato la consegna di cibo per prevenire casi di avvelenamento, già accaduti nei mesi scorsi. Nonostante gli arresti, molte ragazze hanno continuato a sfidare apertamente le restrizioni del velo imposte dal regime. Camminando per i corridoi dell’università, osando scoprire i capelli, mostrando la propria disobbedienza silenziosa ma potente. Questo atto di sfida ha ispirato altre studentesse che, giorno dopo giorno, hanno deciso di unirsi a questa forma di protesta non violenta. Le immagini di queste giovani coraggiose sono state catturate e diffuse sui social media, creando un’ondata di solidarietà e sostegno sia a livello nazionale che internazionale. Parallelamente, ha preso slancio una campagna di comunicazione di sostegno denominata “Con voi non abbiamo niente da dirci, solo una parola: no!”. Attraverso manifesti, volantini e post sui social, la campagna invita il popolo iraniano e la comunità internazionale a sostenere le studentesse e a condannare l’oppressione del regime. Il simbolo distintivo della campagna è un velo cancellato con la parola “No” scritta in grande, un segno di ribellione e di lotta per la libertà di scelta delle donne. «La storia del movimento studentesco ha dimostrato che intimidazioni, sospensioni, arresti e uccisioni non indeboliscono l’unità e la resistenza degli studenti», hanno avvertito. La settimana di proteste all’Università dell’Arte di Teheran continua, l’atmosfera rimane carica di tensione e incertezza. Le studentesse arrestate sono ancora detenute e le loro famiglie e amici chiedono la loro immediata liberazione, ma non abbiamo alcuna notizia. Nel frattempo, le giovani ragazze continuano a sfidare le restrizioni del velo, dimostrando il loro coraggio e la loro determinazione a lottare per un futuro migliore. La situazione all’interno dell’università e le proteste delle studentesse hanno attirato l’attenzione di organizzazioni per i diritti umani e di attivisti in tutto il mondo, che esprimono la loro solidarietà e la loro preoccupazione per la situazione delle donne in Iran. La voce delle studentesse si sta diffondendo, trasformando questa lotta individuale in una causa condivisa per la libertà e l’uguaglianza. Secondo l’agenzia di stampa attivista Hrana almeno 700 studenti universitari sono stati arrestati durante i recenti disordini, molti hanno subito condanne come la reclusione, la fustigazione e decine di studenti sono stati espulsi dalle università o sospesi dagli studi, mentre le forze di sicurezza cercano di soffocare il diffuso dissenso. Anche gli insegnanti e docenti sono nel mirino del regime iraniano, dopo la richiesta del capo supremo Ali Khamenei di intensificare il controllo su di loro, arriva l’annuncio da Ahmad Mahmoudzadeh, funzionario del ministero dell’Istruzione: «Gli insegnanti devono frequentare 60 ore di formazione relative alle conoscenze educative, nonché alla competenza generale e professionale entro cinque anni. Ogni anno, dopo aver superato tutti questi corsi, possono ottenere un attestato di competenza professionale».
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