Stati Uniti e Iran negoziano ancora una volta. Quali esiti?
Analisi di Antonio Donno
Gli incontri informali tra rappresentanti americani e iraniani a Mascate, in Oman, rappresentano l’incipit di una nuova fase negoziale sul problema del nucleare di Teheran. Dopo il fallimento della lunga stagione di incontri a Vienna, Washington non aveva mai rinunciato a riprendere le trattative con il regime iraniano; viceversa, le numerose interruzioni volute da Teheran stavano a significare che il regime aveva tutto l’interesse a prendere tempo per avviare a completamento l’arricchimento dell’uranio e completare il progetto nucleare. Tutto questo vuol dire che gli iraniani sono intenzionati a portare a termine un programma nucleare che, tra le altre cose, è costato al regime una grande quantità di denaro che ha immiserito una società già povera e provocato le rivolte dei mesi passati.
Tuttavia, quando gli incontri riprenderanno, la questione fondamentale da chiarire tra le due parti è la verifica del livello raggiunto attualmente dall’arricchimento dell’uranio, cosa che nessuno conosce perché il controllo internazionale è cessato da tempo. L’obiettivo americano è di stabilire con gli iraniani un livello massimo del 60 per cento; ma il lungo periodo di interruzione dei negoziati di Vienna non potrebbe aver permesso a Teheran di superare la soglia del 60 per cento? E se i nuovi negoziati dovessero bloccarsi su questo punto cruciale, non si andrebbe verso un altro fallimento? Dunque, la ripresa degli incontri negoziali, che sembra prossima, presenta interrogativi di grande importanza.
La situazione economica iraniana è molto grave, né tantomeno l’alleanza con la Russia potrebbe portare Mosca a fornire sostanziali aiuti economici a Teheran, in considerazione del fatto che anche la Russia di Putin versa in gravi difficoltà economiche. Solo Pechino potrebbe venire incontro economicamente al regime degli ayatollah, ma a quali condizioni? Certo, una nuova possente ondata di proteste popolari in Iran non può convenire né a Putin, né ai progetti mediterranei di Xi Jinping. L’unica vera parziale soluzione potrebbe derivare dall’annullamento delle pesantissime sanzione occidentali che gravano sull’economia iraniana; ma questo comporterebbe sostanziali concessioni di Teheran sulla questione del nucleare. Insomma, a questo punto del confronto decennale tra l’Iran e l’Occidente sembra che le posizioni si siano invertite. Per evitare che il regime tracolli, i dirigenti iraniani devono migliorare le condizioni di vita della popolazione, evitando, così, nuove pericolose rivolte popolari.
Ma gli americani possono fidarsi del regime iraniano? Le esperienze passate dimostrano che gli accordi negoziali sono serviti agli iraniani soltanto per procedere nel programma nucleare. Quando, nel 2015, gli Stati Uniti di Obama firmarono gli accordi con Teheran, sembrava che la questione fosse stata risolta. Netanyahu non ne era convinto. Infatti, gli avvenimenti successivi hanno dimostrato il contrario. Quando si è trattato di consentire agli ispettori internazionali di accedere, secondo gli accordi negoziali, nel cuore dei laboratori iraniani dove avveniva la fase finale dell’arricchimento dell’uranio, il regime ha posto un veto, asserendo che quei luoghi fossero parte fondamentale della sicurezza nazionale e non potessero essere visitati da persone estranee.
Per questo motivo, Trump decise di uscire unilateralmente da un trattato che non portava ad alcuna soluzione e sostituirlo con sanzioni sempre più pesanti. È, quindi, probabile che la politica delle sanzioni si stia dimostrando ben più utile degli accordi negoziali violati regolarmente da Teheran. Il governo israeliano teme che questi eventuali accordi siano ancora una volta uno strumento nelle mani degli ayatollah per proseguire nella politica dell’arricchimento dell’uranio, ma gli occidentali dovrebbero aver tratto insegnamento dalla furbizia del regime iraniano. L’accordo dovrebbe prevedere la progressiva cancellazione delle sanzioni soltanto nel caso in cui Teheran dovesse accettare apertamente l’ingresso degli ispettori internazionali nei luoghi decisivi del programma nucleare iraniano. In caso contrario – nuovamente – gli eventuali accordi rappresenteranno l’ennesima prova della malafede del regime iraniano, con le conseguenze che gli occidentali dovrebbero trarre una volta per tutte.
Antonio Donno