Putin annette alla Russia il Mare d’Azov Cronaca di Rosalba Castelletti
Testata: La Repubblica Data: 14 giugno 2023 Pagina: 23 Autore: Rosalba Castelletti Titolo: «Putin: “Stop all’accordo sul grano”. E annette alla Russia il Mar d’Azov»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 14/06/2023, a pag.23, la cronaca di Rosalba Castelletti dal titolo "Putin: “Stop all’accordo sul grano”. E annette alla Russia il Mar d’Azov".
Rosalba Castelletti
Putin "Grande fratello"
Manca poco più di un mese alla scadenza dell’accordo sull’esportazione di grano ucraino nel Mar Nero e Mosca è già tornata a minacciare di farlo saltare. Solo che stavolta, stando a fonti occidentali, non si tratterebbe del solito bluff per giocare al rialzo; il rischio è reale. «Stiamo considerando di ritirarci da questo accordo sul grano. Molte condizioni che dovevano essere applicate non sono state soddisfatte», ha detto il presidente russo Vladimir Putin incontrando i corrispondenti militari dopo aver siglato il decreto che definisce il Mar d’Azov come un «mare interno della Russia», in seguito all’annessione delle regioni ucraine di Zaporizhzhia, Kherson e Donetsk. L’accordo tra Russia e Ucraina, mediato da Turchia e Nazioni Unite nel luglio 2022 e prorogato più volte, l’ultima un mese fa per 60 giorni, ha sbloccato l’export di cereali rimasti ostaggio del conflitto sferrato da Mosca consentendo di abbattere i costi globali delle materie prime alimentari che erano schizzati a livelli record e di alleviare così la crisi alimentare mondiale. Ora si teme nuovamente che il grano ucraino torni a marcire nei silos. L’intesa prevede un corridoio sicuro delle navi e la presenza di un Centro di controllo (Jcc) a Istanbul, composto da funzionari Onu, turchi, russi e ucraini, per gestire e coordinare il passaggio, nonché ispezionare le navi di ritorno in Ucraina accertando che non trasportino armi. Il pretesto per la minaccia di ritiro è sempre lo stesso. Mosca, ha detto Putin, è stata «ingannata » a causa della mancata attuazione della seconda parte dell’accordo sulla facilitazione delle sue esportazioni di cibo e fertilizzanti grazie al ripristino dell’accesso al sistema di pagamento Swift per la Banca agricola russa (Rosselkhozbank), alla ripresa delle forniture di macchine agricole, nonché alla rimessa in funzione del gasdotto Togliatti- Odessa per le consegne di ammoniaca, componente essenziale dei fertilizzanti. Già la scorsa settimana il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, aveva avvertito che un’esplosione su una parte dell’infrastruttura nel Nord-Est dell’Ucraina — della cui responsabilità si erano accusate a vicenda Mosca e Kiev — avrebbe rischiato di avere un «impatto negativo» sul futuro dell’accordo. Ora lo conferma Putin. Il leader del Cremlino ha anche accusato Kiev di utilizzare i corridoi marittimi per attaccare la flotta russa con i droni e ha poi sottolineato che l’accordo avrebbe dovuto aiutare i Paesi «amici» in Africa e America Latina, ma che finora è stata l’Europa a beneficiarne, fornendo peraltro valuta estera a Kiev. Nulla che non abbia già detto in passato, ma stavolta le cancellerie europee sospettano che faccia sul serio. Già lunedì il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres si era detto «preoccupato». Mentre ieri la Casa Bianca ha invitato la Russia a smetterla con le minacce: «Il mondo merita la certezza che questo corridoio per le esportazioni di grano e cibo poggi su una base sostenibile e raggiunga i mercati globali in modo che il mondo possa essere nutrito». Kiev, dal canto suo, grida al ricatto. Soprattutto insiste perché il gasdotto Togliatti- Odessa non venga rimesso in funzione.Il suo timore è che, una voltatornato a regime, Mosca possa chiedere tregue tecniche con l’obiettivo di fermare la sua controffensiva e avantaggiarsi dal punto di vista militare. Il problema è che su una cosa ha ragione Putin: l’accordo conviene più a Kiev che a Mosca. Una volta fatto saltare e di conseguenza estromesso il suo principale concorrente sul mercato, la Russia potrebbe rafforzare il suo controllo sull’approvvigionamento alimentare globale. Di recente Putin ha spinto i “big” del commercio globale di cereali ad abbandonare il mercato russo per avere maggiore controllo su entrate e spedizioni. Adesso è il Cremlino a decidere dove, e a quale prezzo, destinare il suo grano. Può utilizzarlo come leva geopolitica. Come “valuta delle valute”, come lo definiva Lenin.
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