Netanyahu: "Riposa in pace amico mio"
Commento di Deborah Fait
A destra: Silvio Berlusconi con Benjamin Netanyahu
“Silvio è stato un grande amico di Israele. Riposa in pace, amico mio”. Queste le parole di Benjamin Netanyahu alla notizia della morte di Silvio Berlusconi. Il presidente era molto amato in Israele perché, fin dai suoi primi anni come premier, ha sempre dimostrato una sincera simpatia e un forte appoggio alla politica del governo e al popolo israeliano. Durante la sua prima visita ufficiale in Israele, invitato a parlare alla Knesset, il Parlamento di Gerusalemme, ha avuto parole di amore, ammirazione, rispetto per il paese e il popolo ebraico e, come Marco Pannella, anche lui accarezzava il sogno di far entrare Israele nella Comunità europea. I media israeliani lo accolsero con simpatia, titolando “Benvenuto Silvio”, con confidenza, con affetto. Durante quella visita alla Knesset, Netanyahu ricordò il gesto eroico che salvò una ragazza ebrea dalla Gestapo, di Rosa Berlusconi, l’amata mamma del Presidente. Nella sua visita allo Yad vaShem, il mausoleo della Shoah, Berlusconi ha sussurrato “non può essere vero. Mai più, mai più”, e fece quello che nessuno aveva pensato prima di lui, si inginocchiò davanti alla fiamma perenne. Ma il lavoro più importante, per Israele e gli ebrei, Berlusconi lo fece in Italia dove, con il suo comportamento apparentemente scanzonato, mise sempre il bastone fra le ruote all’antisemitismo dei precedenti governi democristiani e comunisti, duri a morire e ad abbandonare il pregiudizio antiebraico. La calda amicizia dei vari Andreotti, Moro, Craxi, Pertini, e per ultimo, Occhetto, verso i palestinesi, ricevette un duro colpo con l’ascesa di Berlusconi alla Presidenza del Consiglio. Ha avuto anche rapporti con Arafat ma senza quelle accoglienze trionfali cui ci avevano abituati i governi precedenti, letteralmente in ginocchio, adoranti, davanti all’arci-terrorista palestinese. A me Silvio Berlusconi era simpatico e ho pagato questa simpatia con uno sberlone, come ho raccontato altre volte, da parte di un’amica che lo detestava come tanti altri. Mi era simpatico, non solo per il suo atteggiamento verso gli ebrei e Israele, ma perché lo trovavo umano, empatico, divertente, dissacrante, visionario. Lo sentivo caratterialmente vicino e la sua vita privata non mi ha mai interessato né scandalizzato come succedeva ai tanti ipocriti buonisti che, in segreto, lo invidiavano. Aveva rotto con i governanti ingessati, cupi e noiosi della Prima repubblica, li aveva praticamente cancellati, ridotti a un lontano ricordo. Mi divertivano le sue corna, i suoi cucù a una tedeschissima Merkel, il suo apostrofare come “Kapò” Martin Schultz, all’epoca presidente del Parlamento europeo. Ho ammirato la sua voglia di creare cose per il bene comune. Oltre alla politica, oltre a tessere rapporti con il mondo intero, ha costruito città, ha dato lavoro a milioni di persone, trattando tutti i suoi dipendenti come amici. Ha creato un impero dal nulla, ha messo l’Italia davanti alle sue televisioni, aprendola al mondo esterno. Gli snob NO-Tivù ritengono la cosa deprecabile ma ha avuto anche molteplici vantaggi. Sta all’essere umano deciderne i limiti non a chi ha creato un servizio pubblico. Ho ammirato soprattutto la sua forza nei decenni delle persecuzioni. Gli hanno fatto di tutto, gli hanno detto di tutto, calunnie, condanne ai servizi sociali, avvisi di garanzia di una magistratura stalinista, durante un congresso internazionale, 88 processi in 25 anni (una sola condanna per frode fiscale, tanto per…), fino ad arrivare a spaccargli la faccia con una statuina del Duomo di Milano. E lui sempre avanti, senza mollare mai, sempre con il sorriso, mai una parola di odio contro i suoi scalmanati e indefessi odiatori. Adesso che è morto, vengono fuori testimonianze sulla sua generosità, sulle sue opere di bene mai pubblicizzate, sulla sua umanità, sul suo essere “miliardario ma non snob” come dice Toni Capuozzo, sulla sua simpatia che molti interpretavano come cafonaggine e che era semplicemente voglia di vivere gioiosamente. Berlusconi è stato amato, odiato, sbeffeggiato, insultato ma lui è sempre risorto come la Fenice dalle ceneri dove volevano buttarlo. Ora se n’è andato definitivamente lasciando un bagaglio di esperienze da usare, portando con sé l’allegria che era parte di lui, l’affetto di parenti e amici e, spero, il rispetto di tanti italiani che devono a lui se l’Italia è uscita dal provincialismo, dalle ideologie sessantottine, dalle lotte di classe. Il suo progetto era creare un’Italia allegra, un “Italia da bere” dove avanzava il merito, non la tessera di partito, un’Italia moderna non ingessata al passato. Non so se ci è riuscito, forse avrebbe potuto farlo se lo avessero lasciato lavorare senza fargli, e farci, perdere 25 anni nelle aule di tribunale. Piero Sansonetti, direttore dell’Unità, lontano anni luce dalle idee di Silvio Berlusconi, ha detto la frase più bella e più vera: “Berlusconi ha portato il sogno nella politica italiana”.