Weizmann e Ben Gurion, i padri di Israele Analisi di Antonio Donno
Testata: Informazione Corretta Data: 12 giugno 2023 Pagina: 1 Autore: Antonio Donno Titolo: «Weizmann e Ben Gurion, i padri di Israele»
Weizmann e Ben Gurion, i padri di Israele
Analisi di Antonio Donno
Chaim Weizmann con David Ben Gurion
Nell’ultimo fascicolo di “Jewish Review of Books” (vol. 14, no. 1, Spring 2023) è apparso un articolo di due grandi storici israeliani, Motti Golani e Jehuda Reinharz, dal titolo History – and Israel – from Outside In. La tesi di fondo è che spesso colui che ha trascorso la maggior parte del suo tempo lontano da Israele può capire ciò che è avvenuto in quella terra da una prospettiva più ampia, “un punto di vista che risultava essere una risorsa politica effettiva nelle mani di un uomo che fu l’erede di Herzl e il maestro di Ben Gurion (p. 5), cioè Chaim Weizmann. Weizmann fu lontano dagli eventi che portarono alla nascita di Israele, dove si recò soltanto nel 1949, divenendone il primo presidente. I due autori sostengono, a questo proposito, che è un fatto di grandissimo rilievo osservare gli eventi locali e i loro attori dall’esterno, come fu nel caso di Weizmann.
La tesi di Golani e Reinharz è discutibile, soprattutto quando gli eventi locali – che determineranno gli esiti successivi, come nel nostro caso la nascita di Israele – si dipanano con un ritmo accelerato e con una grande intensità, come avvenne nei mesi che precedettero e seguirono il ritiro degli inglesi dal loro mandato sulla Palestina e il potere passò nelle mani del Labor Movement di David Ben Gurion, che fu il leader di quell’accelerazione. L’ormai insostenibile situazione degli inglesi in Palestina, dove le azioni terroristiche ebraiche si susseguivano a ritmo incalzante, e il loro contemporaneo gravoso impegno nel conflitto mondiale si coniugarono nel determinare l’abbandono di Londra dall’impegno del mandato. Così, era inevitabile che eventi così accelerati potessero sfuggire all’analisi di Weizmann, né tantomeno le notizie che giungevano a Londra dalla Palestina per mano degli inglesi potevano avere una patente di verità inoppugnabile. È noto che i vari settori che costituivano il Ministero degli Esteri inglese si contraddicevano, spesso intenzionalmente, sulla portata degli eventi che accadevano in Palestina negli anni tra il 1945 e il 1948. Da questo punto di vista, è impreciso sostenere che “la storia dell’Yishuv è un evidente esempio di un evento che beneficia di un approccio che dall’esterno si inserisce all’interno” (p. 6).
Ben diversa fu la posizione di Ben Gurion, che visse quasi ininterrottamente in Palestina e fu spettatore-attore di primo piano degli eventi che portarono alla nascita di Israele, avendo accumulato, negli anni ’30 e ’40, un enorme bagaglio di cultura politica come leader del Labor Party e del Zionist Executive, esperienza che fu estranea a Weizmann. Collocato stabilmente a Londra, a contatto con i politici inglesi di alto profilo, a Weizmann mancò il contatto con gli halutzim, con i pionieri ebrei che lavoravano la terra e combattevano gli arabi, esperienza che, al contrario, formò la leadership di Ben Gurion sul terreno. Questa decisiva differenza tra i due leader è assente nell’articolo di Golani-Reinharz.
Weizmann e Ben Gurion, nelle loro rispettive sfere di impegno politico, costituirono l’asse del grande movimento sionista, uno dei più grandi movimenti politici che la storia ricordi, perché dette vita, dopo duemila anni di persecuzioni orrende nei confronti del popolo ebraico, a uno Stato degli ebrei in Eretz Israel, l’antica terra degli ebrei. Pur sostenendo Golani e Reinharz che “da una certa prospettiva storica, il grande leader Chaim Weizmann possa apparire artificiosamente piccolo” (p. 5), avendo vissuto in Gran Bretagna, lontano dall’Yishuv, è innegabile che sia affascinante “[…] la sua visione dell’Yishuv, le sue sfide, i successi e i fallimenti, e specialmente il suo rapporto con il mondo circostante” (ibid.). Ma, d’altro canto, il ruolo di Ben Gurion fu decisivo nel momento in cui la Gran Bretagna accentuò la sua politica vessatoria nei confronti dell’immigrazione ebraica e a favore delle richieste arabe. Senza la sua potente azione politica sul terreno della Palestina, è difficile sostenere che comunque lo Stato di Israele sarebbe nato. Una considerazione finale che è assente nel pur importante articolo di Golani e Reinharz.