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La Repubblica Rassegna Stampa
04.06.2023 Ucraina, anche decine di migliaia di donne combattono contro gli invasori
Analisi di Brunella Giovara

Testata: La Repubblica
Data: 04 giugno 2023
Pagina: 9
Autore: Brunella Giovara
Titolo: «La pasticciera e l’estetista al fronte per l’Ucraina: 42mila le donne soldato»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 04/06/2023, a pag.9, con il titolo "La pasticciera e l’estetista al fronte per l’Ucraina: 42mila le donne soldato", l'analisi di Brunella Giovara.

Ucraina, imbracciano i fucili e curano i feriti: ecco le donne eroine della  resistenza

DNIPRO — In un posto che non si può dire, ma è nel Donbass, lavora questa ragazza Tetiana, mamma felice di due bambini, cannoniera su un obice semovente. Una delle 42mila donne attualmente arruolate nell’esercito ucraino, e una delle 5mila impegnate nei combattimenti. Ieri il ministero della Difesa le ha volute onorare, perché «mantengono la difesa al pari degli uomini, combattono, corrono rischi e, purtroppo, a volte danno la vita. Sono un modello di coraggio e dedizione per il mondo intero». Un numero in aumento costante, dicono i funzionari di Kiev, e se è così il motivo è semplice: il Paese è in guerra, logico che molti e molte decidano di arruolarsi, avendo i russi già oltre la porta di casa, ed essendo sempre sotto tiro dal febbraio 2022. Allora erano circa 30mila, altre 12mila si sono aggiunte in questi 14 mesi. E così è stato per Tetiana Ciubar, che ha 25 anni e faceva la pasticcera a Konotop, nella regione di Sumy, e ora invece pensa alla controffensiva che verrà. «Da piccola mi sarebbe piaciuto fare il militare, poi non ci ho più pensato», sono cose che si pensano quando si hanno 6 anni. Ma, incredibilmente, è arrivata la guerra. La motivazione è sempre la stessa, per maschi e femmine: «Volevo fare qualcosa». Tetiana si è arruolata, ed è finita nel centro di addestramento per carristi, «dove gli uomini mi guardavano con un certo scetticismo… me lo ricordo bene». Ma poi ha «imparato a mirare, e sono diventata molto precisa. Sono contenta di quello che faccio, soprattutto quando mi arrivano i report dei miei colpi andati a segno».

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Ha imparato a manovrareuna macchina che mai poteva immaginare, nella vita di prima. Ha le sue soddisfazioni da soldato, che solo un soldato può capire, e nella 58esima brigata di cui fa parte si trova proprio bene. Certo, i figli piccoli a casa. Certo, il rischio di finire ammazzata da un drone nemico. È già tutto in conto, sembra di capire. L’esercito ucraino è stato uno degli ultimi a permettere alle donne di combattere. Prima potevano sì arruolarsi, ma lavorando nei servizi, nella logistica, nelle comunicazioni, negli ospedali, raramente in prima linea. L’invasione ha cambiato le cose, spinto molte a un impegno diretto, una cosa incomprensibile a chi non vive la loro condizione. La legge è cambiata nel 2016, sulla spinta della prima invasione russa di due anni prima, Crimea e Donbass, e di una cosa che si chiamava il “battaglione invisibile”, un movimento di donne – non solo femministe – impegnate per l’uguaglianza dei diritti. Pari diritti per tutti, anche nell’esercito. Elena Sheremet, 44 anni, di Kharkiv, e infermiera sul fronte del Donbass. «I russi bombardavano la mia città da giorni, allora ho pensato che potevo dare una mano in ospedale». Faceva l’estetista, e le piaceva. «Ho avuto così tanta paura, quei primi giorni. Arrivavano i soldati feriti, e non so neanche io come è successo, ma mi sono arruolata». Ha seguito un corso di 4 mesi per la specializzazione da prima linea, e questo fa da un anno, sempre con la speranza che non le capiti tra le mani suo figlio Roman. Ed eccola ne lla foto con il figlio di 22 anni, ricognitore, appena rientrato da Bakhmut. «Lavora con i droni, dicono tutti che è molto bravo», il che la rende felice, soprattutto perché è vivo, dopo una missione lunga in una delle aree più calde. «I capelli lunghi? Sono il mio segno di riconoscimento. Poi, quando sono di turno a raccogliere i feriti, faccio le trecce e le schiaccio sotto l’elmetto. Ma quando è tornato Roman mi sono pettinata bene». Altre donne sono tornate dalla prigionia con la testa rasata a zero. Altre, con segni non cancellabili di stupri e abusi. Delle 108 prigioniere rilasciate negli scambi con i russi, a ottobre, quasi tutte erano della Marina militare, e ce n’erano anche alcune della Guardia nazionale, e un paio del reggimento Azov. E ci sono le morte, che lasciano mariti e figli. Elena: «Ho anche un bambino, che ha solo 12 anni. Vive con il padre, perché io sono qua. Lo vedo una volta al mese, quando riesco a tornare a casa». E tutto questo ha un peso, ma non c’è proprio alternativa, o a casa o qua. Quindi qua, anche lei aspettando la controffensiva, «Io sono pronta. Stiamo solo aspettando l’ordine», lo dice senza retorica.

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