Zelensky: "Pronti all'attacco". Russi in fuga da Belgorod Cronaca di Paolo Mastrolilli
Testata: La Repubblica Data: 04 giugno 2023 Pagina: 8 Autore: Paolo Mastrolilli Titolo: «Zelensky:“Pronti all’attacco però avremo molti morti”. Russi in fuga da Belgorod»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 04/06/2023, a pag. 8, con il titolo "Zelensky:“Pronti all’attacco però avremo molti morti”. Russi in fuga da Belgorod" la cronaca di Paolo Mastrolilli.
Paolo Mastrolilli
Volodymyr Zelensky
WASHINGTON — La controffensiva ucraina sta per scattare, ma costerà molte vite umane, richiederà tempo, e nessuno può garantirne l’esito. «Noi — ha detto il presidente Zelensky al Wall Street Journal — crediamo che avremo successo. Ma non so quanto a lungo durerà. Ad essere onesto, può andare in molte direzioni, completamente differenti. Però la lanceremo, e siamo pronti». Pronti vuol dire che gli ucraini sono determinati a riconquistare i loro territori e hanno ricevuto gli aiuti necessari per tornare all’attacco. Non tutto quello di cui avevano bisogno, però, perché ad esempio il leader di Kiev riconosce che Putin ha ancora la superiorità aerea, e questo significa che «un ampio numero di soldati morirà». Avrebbe voluto più difese aeree, a partire dai Patriot, e magari quei caccia F-16 che alla fine sono stati concessi durante il recente G7 di Hiroshima, ma non arriveranno in tempo per avere un impatto sulla controffensiva: «Avremmo voluto certe cose — ha ammesso Zelensky — ma non potevamo aspettare mesi». Molto però è arrivato, come alcuni nuovi carri armati, e comunque i soldati ucraini sono «più forti e motivati » di quelli russi, adesso distratti anche dagli attacchi lanciati ai loro confini, vicino alla città di Belgorod. L’intervista del presidente arriva sullo sfondo delle discussioni in corso per immaginare una via verso la soluzione diplomatica del conflitto, ma anche le garanzie da dare a Kiev per il suo futuro. Perciò si pone l’interrogativo delle ragioni che hanno spinto Zelensky a parlare così. Di sicuro c’è la volontà di preoccupare Mosca, ma nello stesso tempo gestire le aspettative, per evitare un crollo del sostegno a favore dell’Ucraina se la controffensiva non portasse grandi risultati. Poi c’è la volontà di premere sugli alleati, affinché diano aiuti di maggior qualità. Il presidente qui deve tenersi in equilibrio, perché da una parte non vuole urtare gli Usa, gli europei, e anche gli asiatici che lo hanno aiutato con forniture e soldi, ma dall’altra è ovvio che la concessione col contagocce dei sistemi d’arma più avanzati ha danneggiato Kiev. Basti immaginare a che punto saremmo oggi sul terreno, se i lanciarazzi Himars, i carri armati Leopard, i sistemi di difesa aerea, e adesso i caccia F-16, fossero arrivati prima. Biden è stato prudente perché voleva evitare la Terza guerra mondiale, ma poi queste armi sono state consegnate, Putin non ha risposto con le atomiche, e se Zelensky le avesse avute un anno fa magari il conflitto sarebbe già finito. Il leader di Kiev poi ha ammesso di essere preoccupato per il futuro, perché non capisce cosa intenda Trump, quando dice che lui metterebbe fine alla guerra in 24 ore: «In situazioni del genere, quando c’è il supporto, hai sempre paura dei cambiamenti». Zelensky ammette che il suo Paese non può entrare ora nella Nato, facendo una concessione utile al dialogo diplomatico in corso per trovare una via d’uscita negoziata, ma nello stesso tempo dice che il vertice di Vilnius dell’11 e 12 luglio dovrà dare un’indicazione chiara su quando si apriranno le porte a Kiev. L’Indonesia ha avanzato una proposta di pace e gli Usa stanno parlando con la Cina, come dimostra il viaggio a Pechino del capo della Cia Burns, a patto però che riconosca l’integrità territoriale ucraina. Poi la guerra è sempre imprevedibile, e oltre alla controffensiva che potrebbe rafforzare o indebolire la mano negoziale di Zelensky, ci sono anche gli attacchi nella regione di Belgorod — dove ieri due donne sono state uccise nei bombardamenti e altri seicivili sono rimasti ferti — con Prigozhin che minaccia di intervenire con i mercenari di Wagner, magari spingendo Putin ad azioni irresponsabili. Almeno cinquemila persone sono fuggite dalla vicina Shebekino, da giorni sotto il fuoco dell’artiglieria, per trovare rifugio provvisorio proprio a Belgorod. Il governatore della regione ai confini con l’Ucraina, Vjacheslav Gladkov, accusa dei bombardamenti le forze armate di Kiev, ma i partigiani russi filo-ucraini che hanno rivendicato l’incursione dello scorso 22 maggio a Belgorod attribuiscono a Mosca la completa responsabilità degli attacchi. E annunciano un accordo con il comando ucraino per l’apertura di corridoi umanitari per i residenti di Belgorod, perché possano essere evacuati in territorio ucraino.
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