Il ruolo della Cina in Ucraina Analisi di Giulia Pompili
Testata: Il Foglio Data: 02 giugno 2023 Pagina: 4 Autore: Giulia Pompili Titolo: «L’aiutino cinese»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 02/06/2023, a pag.4, con il titolo "L’aiutino cinese" l'analisi di Giulia Pompili.
Giulia Pompili
Putin con Xi Jinping
Roma. Altro che negoziati di pace. A metà maggio, durante la visita di due giorni a Kyiv dell’inviato speciale della Repubblica popolare cinese per la crisi in Ucraina, Li Hui, i rappresentanti del governo ucraino hanno chiesto conto al diplomatico di Pechino della tecnologia cinese trovata negli armamenti russi. L’ha detto Vladyslav Vlasiuk, consigliere speciale per le sanzioni del presidente Volodymyr Zelensky, a Jay Solomon di Semaphor due giorni fa. “L’Ucraina ha sottolineato l’importanza che la Cina non permetta che i componenti cinesi vengano esportati verso la Russia”, ha detto Vlasiuk. Il riferimento è a un gruppo di aziende cinesi, già sanzionate dall’America, e che potrebbero essere presto colpite da sanzioni anche europee – la proposta è ancora in discussione alla Commissione – tra cui la 3HC Semiconductors e la King-Pai Technology. Anche il flusso di esportazioni di droni cinesi verso la Russia sin dall’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina è aumentato: secondo quanto riportato da un’inchiesta del New York Times di fine marzo, la Cina ha venduto più di 12 milioni di dollari in droni e parti di droni a Mosca. La maggior parte sarebbero della DJI di Shenzhen, la più grande produttrice di droni del mondo, tanto che a fine aprile l’azienda ha sospeso le vendite ufficiali sia in Russia sia in Ucraina per evitare che i suoi prodotti vengano utilizzati in combattimento. Ma non è facile reperire le informazioni sulla componentistica degli armamenti che Mosca usa contro Kyiv: due settimane fa un’inchiesta dell’Organized Crime and Corruption Reporting Project, condotta con i media Der Spiegel e il russo iStories, ha messo in luce la capacità della Russia di evadere le sanzioni e di continuare ad acquisire tecnologia cruciale attraverso il Kazakistan con rivenditori di comodo, come la società con sede a Mosca chiamata Nebesnaya Mekhanika, che continua a vendere droni della cinese DJI anche oggi. Poi c’è un altro problema. La Difesa ucraina, che analizza le armi russe cadute sul suo territorio, in un recente rapporto visionato da Semaphor ha trovato altra componentistica definita “cinese”, che però sarebbe taiwanese: per esempio, nel sistema di navigazione satellitare di un missile da crociera lanciato dalla Russia, e su quello di un drone kamikaze Shahed-136 di fabbricazione iraniana, sono stati trovati microchip prodotti dall’azienda di semiconduttori taiwanese Vbsemi. La visita a Kyiv di Li Hui era parte di una più ampia missione che a metà maggio l’ha portato anche a Bruxelles, a Varsavia, a Parigi e Berlino. Poi però venerdì scorso il diplomatico è volato a Mosca – una città che conosce bene, essendo stato ambasciatore cinese lì dal 2009 al 2019 – dove ha incontrato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. Pechino sta lavorando per costruirsi un’immagine positiva nel conflitto nel resto del mondo, e nella narrazione cinese è l’unica potenza a lavorare per la riattivazione della cosiddetta “shuttle diplomacy”, il dialogo tra due parti che non vogliono parlarsi. Nel frattempo sfrutta quello che può della crisi russa, anche economica. L’equilibrio è delicato, e nella logica del governo ucraino in questa fase ogni potenziale sforzo – anche se interessato – può essere utile. Ma il fatto che gli ucraini abbiano affrontato il problema di fondo, e cioè il supporto non solo ideologico antioccidentale ma anche concreto, attraverso la tecnologia, della Cina alla Russia dimostra ancora una volta che Pechino non può essere un mediatore credibile. L’altro ieri, alla fine della ministeriale del Consiglio per il commercio e la tecnologia Ue-Usa a Lulea, in Svezia, il segretario di stato americano Antony Blinken e la vicepresidente della Commissione Ue, Margrethe Vestager, hanno fatto sapere di essere pronti a collaborare per contrastare le pratiche sleali della Cina, la sua disinformazione che “amplifica il messaggio russo”, e soprattutto a lavorare insieme per “il controllo delle esportazioni”, soprattutto quelle cinesi che vanificano le sanzioni occidentali contro la Russia.
Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante