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La Repubblica Rassegna Stampa
01.06.2023 Iran 2: Alla sbarra le giornaliste che svelarono il caso Mahsa Amini
Cronaca di Gabriella Colarusso

Testata: La Repubblica
Data: 01 giugno 2023
Pagina: 14
Autore: Gabriella Colarusso
Titolo: «Alla sbarra le giornaliste che svelarono il caso Mahsa Amini»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 01/06/2023, a pag.14, con il titolo "Alla sbarra le giornaliste che svelarono il caso Mahsa Amini", la cronaca di Gabriella Colarusso.

Gabriella Colarusso (@gabriella_roux) | Twitter
Gabriella Colarusso

Their Hair Long and Flowing or in Ponytails, Women in Iran Flaunt Their  Locks - The New York Times

A porte chiuse, senza familiari presenti, è iniziato il processo a Niloufar Hamedi e Elahe Mohammadi, le giornaliste che hanno raccontato al mondo la storia di Mahsa Amini, documentando le proteste che per quattro mesi hanno scosso l’Iran. Hamedi ha solo 30 anni ma era già conosciuta per il suo rigore e la serietà, giornalista impegnata sul fronte dei diritti e dell’ambiente, appassionata di calcio che si è battuta perché le donne avessero la possibilità di accedere agli stadi. Scrive per Shargh ,giornale riformista, ed è stata la prima a dare la notizia del coma e poi della morte di Amini, la 22enne curda arrestata perché non vestiva secondo i rigidi criteri della polizia morale islamica e deceduta due giorni dopo. Hamedi fotografò i genitori della ragazza in un abbraccio drammatico davanti alla stanza dell’ospedale in cui avevano appena detto addio alla figlia. «Il nero del lutto è diventato la nostra bandiera nazionale», scrisse. Poche ore dopo iniziavano le prime manifestazioni di protesta. Mohammadi, 35 anni, reporter diHammihan , fu inviata due giorni dopo a Saqqez, la città natale di Amini, provincia curda nel Nord, a coprire il funerale. Fu lei a riferire per prima lo slogan curdo che è risuonato in tutto il mondo diventando simbolodella battaglia per i diritti: "Donna, vita, libertà". Da otto mesi le due reporter sono in isolamento. L’udienza di martedì è durata meno di due ore e «i suoi avvocati non hanno avuto la possibilità di difenderla», ha raccontato su Twitter il marito di Hamedì, Mohammad Hossein Ajorlou. «Niloufar ha negato tutte le accuse sottolineando di aver svolto il suo dovere di giornalista in base alla legge, e di non aver mai compiuto nessun atto contro la sicurezza nazionale». Mohammadi è comparsa invece davanti alle sezione 15 del tribunale rivoluzionario di Teheran, presieduta dal famigerato giudice Abolqasem Salavati, che ha un inquietante record di sentenze di morte comminate nella sua carriera. L’avvocato Shahabeddin Mirlohi ha detto che non gli è stato permesso di parlare. «Abbiamopresentato obiezioni formali serie. A nostro avviso, il tribunale rivoluzionario non ha giurisdizione su questo caso, che dovrebbe essere trattato con la presenza di una giuria e in modo aperto». A ottobre, le autorità iraniane avevano accusato le due reporter di "collusione con poteri ostili" contro la sicurezza nazionale, un’accusa che potrebbe comportare l’ergastolo se non la pena di morte. Per il ministero dell’intelligence le due donne sarebbero agenti stranieri della Cia. Almeno 75 reporter sono stati arrestati durante le proteste in Iran, il 40% donne, secondo il Comitato internazionale per la protezione dei giornalisti. Tanti citizen-journalistsche non hanno nemmeno la visibilità garantita da una testata rischiano di pagare un prezzo ancora più alto.

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