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La Repubblica Rassegna Stampa
01.06.2023 Iran 1: Il coraggio di togliersi il velo
Analisi di Pegah Moshir Pour

Testata: La Repubblica
Data: 01 giugno 2023
Pagina: 14
Autore: Pegah Moshir Pour
Titolo: «La pasionaria iraniana che agita il velo contro gli ayatollah»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 01/06/2023, a pag. 14, con il titolo "La pasionaria iraniana che agita il velo contro gli ayatollah" l'analisi di Pegah Moshir Pour.

ilcoraggioèdonna. Intervista alla testimonial Pegah Moshir Pour, attivista  per i diritti umani – Ondanews.it
Pegah Moshir Pour

Fatemeh Sepehri, la pasionaria iraniana in guerra col regime - la Repubblica
Fatemeh Sepehri

«Sono 44 anni che ci scambiamo le condoglianze, ma le famiglie sono stanche di piangere. Spero con tutta me stessa che Ali Khamenei e tutti quelli legati a lui se ne vadano dal nostro bellissimo Paese. Questi sono assassini, stanno distruggendo il popolo con ogni mezzo. Oggi Mahsa Amini, domani un’altra, sono anni che va avanti così: per ogni passo che facciamo, c’è un morto da piangere. Popolo iraniano, svegliati. Teniamoci per mano e scacciamo una volta per tutte questo incubo. Cosa stiamo aspettando? Cosa deve accadere ancora? Non dobbiamo avere speranza in un cambiamento di questo regime ma solo in noi stessi, e aiutarci a sradicare questa gentaglia. Quanti altri morti dobbiamo piangere? Cosa è rimasto ancora? Stiamo soffocando con tutte queste uccisioni! Devono andarsene tutti. Ali Khamenei deve andarsene. Non c’è punto di ritorno, siamo stanchi. L’Onu resta in silenzio. Mondo, parlo a te: se non ci vuoi aiutare, noi non possiamo fermarci. Fino a quando non sotterreremo il regime della Repubblica islamica noi non molleremo. Io sono contenta di aver fatto sentire la mia voce prima della mia morte».

Sono le parole, nella sua ultima intervista online, di Fatemeh Sepehri. Una donna iraniana di 58 anni, una musulmana che porta ilvelo orgogliosamente. Una figura luminosa. Fatemeh è una donna che ha visto la sua esistenza scossa dalle brutali leggi iraniane, e che ha trasformato il suo dolore in forza. Quando il marito fu ucciso nella guerra Iran-Iraq degli anni ‘80, gli agenti del regime le tolsero tutto ciò che le era rimasto. Ma trovò la forza di opporsi, di resistere, di lottare. Quando nel 2019 mise la sua firma sulla "dichiarazione dei 14 attivisti politici" in cui si chiedevano le dimissioni del leader supremo Ali Khamenei, forse non immaginava che quel gesto l’avrebbe condotta alla prigionia. La "Dichiarazione" era una lettera aperta firmata da 14 attivisti politici all’interno dell’Iran, fra i quali suo fratello Mohammad Hossein Sepehri, e rivolta al popolo iraniano: invitava Ali Khamenei a dimettersi dal suo incarico di leader supremo dopo 20 anni di mandato. Alcune settimane dopo, Fatemeh e altre 13 donne ne firmarono un’altra, analoga, in cui sostenevano che il dominio teocratico aveva portato all’"apartheid di genere" e aveva "cancellato" i diritti di metà della popolazione del Paese. Fatemeh fu condannata a dieci anni di carcere e 154 frustate. Il tribunale di Mashhad l’aveva condannata per "collaborazione con governi stranieri ostili", cinque anni per "collusione contro la sicurezza nazionale" e un anno per "propaganda contro il regime". La sentenza venne confermata in appello, e la sua liberazione dopo nove mesi fu una piccola vittoria. Ma la sua lotta era tutt’altro che finita. Arrestata nuovamente durante una manifestazione pacifica nel 2021, e poi di nuovo mentre era a casa sua, Fatemeh è diventata un simbolo di resistenza contro l’oppressione. Nonostante l’isolamento forzato, nonostante le condizioni precarie – la sua pensione era stata sospesa per ordine di Khamenei – ha tenuto duro. Nel cor so degli anni la sua voce è risuonata tra le mura della sua cella, ha attraversato le sbarre, èarrivata oltre i confini dell’Iran. Fatameh Sepehri ha descritto un popolo stanco, oppresso, che bramava dignità e diritti per le donne, che anelava a un nuovo sistema politico. Ha promesso di non smettere di lottare finché il suo Paese non si fosse liberato dalle catene dei suoi governanti clericali. Il 21 settembre 2022 le forze di sicurezza l’hanno nuovamente arrestata, a casa, e l’hanno incarcerata nella prigione di Vakilabad. Un mese dopo, il 23 ottobre, sua figlia ha condiviso un video in cui spiegava che per tutto il mese precedente la madre era stata tenuta in isolamento. Un gruppo di attivisti per i diritti umani in Iran, Harana, ha segnalato che Fatemeh si trovava in cattive condizioni di salute dopo un intervento chirurgico. Condannata a 18 anni di carcere con l’accusa di "collaborazione con Paesi ostili", "insulto alla leadership" e "propaganda contro il regime", la sentenza di Fatemeh è stata confermata in appello. Oggi la sua vita è in pericolo. Nonostante un recente intervento chirurgico alla mano sinistra e un’emorragia allo stomaco, è stata rimandata in prigione. Eppure, anche in questo momento, Fatemeh resta un faro di forza e speranza, una testimone del coraggio umano, una donna che si oppone all’oppressione con una determinazione indomita. La sua voce continua a risuonare, portando con sé la promessa di un giorno migliore.

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