L'Onu tolga il seggio ai russi Analisi di Bernard-Henri Lévy
Testata: La Repubblica Data: 31 maggio 2023 Pagina: 26 Autore: Bernard-Henri Lévy Titolo: «Togliete quel seggio ai russi»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 31/05/2023, a pag. 26, l'analisi dal titolo "Togliete quel seggio ai russi" di Bernard-Henri Lévy.
Bernard-Henri Lévy
Una delle armi di cui dispone Putin nella guerra totale che sta conducendo contro l’Ucraina è lostatus di membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il famoso diritto di veto che quella posizione gli conferisce gli permette di bloccare qualunque risoluzione che non gli vada a genio, gli sia sfavorevole o interferisca con i suoi interessi e i suoi crimini. Questa mostruosa assurdità risale, si dice sempre, all’indomani della Seconda guerra mondiale e alla decisione di riservare, in seno all’Onu appena creata, lo statuto di membro permanente ai cinque vincitori, Urss compresa. Senonché c’è un altro avvenimento, meno glorioso, di cui si parla più di rado. È il 21 dicembre del 1991. L’Unione Sovietica sta per essere ufficialmente dissolta. Undici dei quindici Stati frutto della dissoluzione e ormai sovrani si riuniscono ad Alma-Ata (oggi Almaty), in Kazakistan. Sono lì per spartirsi le spoglie dell’entità defunta e sapere a chi fra loro andrà il prezioso seggio di membro permanente dell’Onu. La risposta arriva dopo qualche ora di dibattito sotto forma di una semplice lettera, indirizzata da Boris Eltsin al segretario generale delle Nazioni Unite, nella quale in sostanza si dice: “Noi, nazioni nate dalla dissoluzione dell’ex Impero sovietico e oggi costituite in una Comunità di Stati indipendenti (Csi) abbiamo deliberato. Ho l’onore di informarvi che sarà la Federazione russa a succedere all’Urss, a ereditare il suo seggio alle Nazioni Unite e a beneficiare dei diritti a esso associati”. Il destinatario della notifica avrebbe potuto far notare che nulla, nello Statuto delle Nazioni Unite, consente a un gruppo di Stati di disporre di un seggio permanente e di farne l’oggetto di chissà quale mercimonio. Si sarebbe potuto obiettare che la nozione stessa di Stato successore (nel trattato di Almaty:successor State) non compare in alcun testo e non ha alcun valore giuridico. Si sarebbe potuto far notare che, da un punto di vista legale, nessuno degli undici Stati che hanno preso quella decisione unilaterale era ancora formalmente membro dell’Onu e che l’Urss sarebbe stata ufficialmente sciolta solo giorni dopo. Si sarebbe dovuto, davanti alla novità della situazione e, soprattutto, della posta in gioco (quel giorno fu deciso anche, ben prima del memorandum di Budapest, che le armi nucleari nei territori ex sovietici dovessero essere messe sotto il controllo russo), esigere che quantomeno se ne discutesse in Assemblea generale. E invece no. Non si fece niente di tutto ciò. La notifica di Eltsin e la conseguente appropriazione indebita sono state ratificate senza alcuna discussione. Un buon numero di Paesi membri ha saputo di questo gioco di prestigio solo dalla stampa. Ma il risultato di questa strana sequenza di fatti è che, per quanto si frughi negli archivi, la concessione dello statuto di membro permanente alla Russia e l’attribuzione del diritto di veto che ne consegue non sono scritte da nessuna parte: non hanno base legale né alcun tipo di legittimità e la Federazione russa terrorizza il mondo da trent’anni avvalendosi di un diritto di cui si è appropriata indebitamente. Da qui l’idea a cui ho brevemente accennato, accanto agli ambasciatori di Francia e Ucraina, e che rilancio qui. Invito le Nazioni Unite a riaprire la pratica. A rivalutare il colpo di mano originario sul quale poggiano l’ordine e il disordine contemporanei. E, considerata la costanza con cui la Federazione russa, da Bucha a Mariupol, passando per la deportazione dei bambini del Donbass, si fa beffe degli ideali fondanti dell’Onu, ideali di cui un membro permanente del Consiglio di sicurezza dovrebbe, più di chiunque altro, essere garante, le invito a revocare senza rimpianti un diritto di cui Eltsin e Putin si sono, lo ripeto, appropriati senza averne titolo. Ma cosa ne sarebbe poi del patto del 1945 e dell’eredità della “grande guerra patriottica”? Ebbene, dobbiamo ricordare il pari diritto che avevano gli undici di Alma-Ata a rivendicare l’eredità dell’Unione Sovietica. E ricordare anche che il primo Fronte ucraino nel quale, come suggerisce il nome, i soldati ucraini erano massicciamente rappresentati, fece più della sua parte in quella guerra e che fu proprio quel Fronte a liberare il campo di sterminio di Auschwitz. Dobbiamo inoltre osservare che, se c’è un Paese dell’ex Urss in cui i valori antinazisti proprio in questo momento sono ravvivati, è l’Ucraina di Volodymyr Zelensky. Possiamo dunque concludere che, nel mondo del nuovo dopoguerra che si prepara sotto i nostri occhi, i diritti della Russia decaduta potrebbero e dovrebbero tornare proprio all’Ucraina. Spogliare la Federazione russa del seggio permanente: lo richiede la legge. Trasferire tale diritto all’Ucraina: la memoria lo consente, la morale lo auspica e un grande dibattito fra nazioni sovrane e unite potrebbe deciderlo.
(Traduzione di Alessandra Neve)
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