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Analisi di David Elber
Abbiamo pubblicato ieri la parte 1 di questo articolo: https://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=610&id=90313
La Palestina mandataria
Il primo censimento operato dall’amministrazione civile britannica, nel 1921, mostrò un drastico calo della popolazione complessiva. Ciò fu dovuto agli eventi bellici: tra il 1917 e il 1918, il territorio si trovò in prima linea negli scontri tra inglesi e turchi. Questi duri combattimenti causarono la morte di moltissime persone sia a causa degli scontri armati, sia come conseguenza delle razzie turche. A questo si aggiunse la momentanea emigrazione di parte della popolazione sia tra gli arabi (che avevano case e famiglie in altri parti dell’Impero), che tra gli ebrei e i cristiani (non tutti ancora cittadini ottomani).
Gli inglesi utilizzavano alternativamente il termine “musulmano” o “arabo” senza fare altre distinzioni etniche. Ma sono diverse le cose che colpiscono dei dati forniti dagli inglesi. Da un lato si rileva l’accento posto sull’incremento della popolazione ebraica come frutto dell’immigrazione – è bene ricordare che era lo scopo primario dell’istituzione del Mandato per la Palestina – dall’altro si mette in rilievo come la popolazione “musulmana nativa” sia cresciuta in modo “incredibile”. In altri passi ufficiali si legge di “tassi di crescita demografica senza precedenti”. In altri ancora di “prodigio demografico”. Però, una più attenta lettura degli stessi report ufficiali fa emergere che “i musulmani presenti sul territorio” parlano ben “23 lingue diverse”. In altri per la prima volta si parla della popolazione “araba cristiana che parla 21 lingue diverse”. In altri documenti si parla di ben 51 diverse lingue parlate dalla “locale popolazione araba”. Pare evidente la contraddizione dei dati forniti dalle autorità britanniche: come si può pensare ad una “crescita senza precedenti della locale popolazione araba” e attestare che questa popolazione “indigena dalla presenza millenaria nello stesso luogo” parli ben 51 lingue diverse? Pare molto più probabile che sia, invece, il frutto di una massiccia e recente immigrazione.
Quindi, anche le cifre del primo censimento britannico (1931) che attestano una presenza “araba” o musulmana” di oltre 700.000 persone rispetto alle 550.000 ante Prima guerra mondiale, smentiscono il mito che l’immigrazione ebraica abbia causato l’allontanamento della popolazione araba dal territorio. Anzi, anche negli anni ’20 e ’30 è vero il contrario: l’immigrazione ebraica è stata un catalizzatore per la contestuale immigrazione araba. Anche in questi anni, infatti, gli insediamenti arabi crescono numerosi vicino a quelli ebraici e nelle grandi città come Gerusalemme, Haifa, Tel Aviv-Giaffa a popolazione mista.
La dimostrazione che questi report siano privi di fondamento è dimostrato dal fatto che il tasso di natalità attribuito alla “locale popolazione araba” in quel determinato periodo storico, non ha uguali né in tutto il Medio Oriente né in Europa ma solo negli USA che era un paese a forte immigrazione.
In conclusione, si ribadisce che l’evidenza dei dati, dimostra in modo inequivocabile che nelle aree di forte presenza degli insediamenti ebraici (fascia costiera, valle di Esdraelon, Galilea, Gerusalemme) la popolazione araba (ad esclusone di beduini nomadi e cristiani) è cresciuta da 92.300 abitanti del 1893 a circa 463.000 del 1947 (la popolazione è quintuplicata). Mentre nelle aree (Giudea, Samaria e Gaza) con modesta presenza ebraica la popolazione araba è cresciuta da 233.500 abitanti del 1893 a 517.000 del 1947 (la popolazione è poco più che raddoppiata). Quindi non vi sono dubbi che la presenza ebraica abbia favorito l’immigrazione araba e non la sua emigrazione come si vuol far credere.
David Elber
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