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Il Foglio Rassegna Stampa
25.05.2023 Se Amnesty diventa 'Amnesy': la smemoratezza di Amnesty Italia
Analisi di Luciano Capone

Testata: Il Foglio
Data: 25 maggio 2023
Pagina: 1
Autore: Luciano Capone
Titolo: «Amnes(t)y Italia»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 25/05/2023, a pag. 1 l'analisi di Luciano Capone dal titolo "Amnes(t)y Italia".

Riccardo Noury Archives - HopeMedia Italia
Riccardo Noury

Roma. Ad agosto del 2022, dopo la pubblicazione del famigerato comunicato stampa di Amnesty International (AI) che accusava le forze ucraine di aver “messo in pericolo la popolazione civile”, il portavoce di Amnesty Italia Riccardo Noury diceva che l’esercito ucraino “per difendere la popolazione la trasformano in obiettivo militare”. E respingeva duramente le critiche del governo ucraino: “Il 29 luglio abbiamo inviato il rapporto al ministero della Difesa ucraino, ma non ci hanno mai risposto. I commenti sono arrivati dopo con giudizi inaccettabili”. Fino a poche settimane fa, Noury difendeva ancora a spada tratta quel comunicato che aveva prodotto uno scossone all’interno della stessa ong, con le dimissioni della capa di Amnesty Ukraine per protestare contro la “condanna di un esercito di difensori”. Lo ha fatto, per esempio, in un’intervista al Riformista dell’11 aprile 2023. “Nel 2022, anno in cui Amnesty International ha pubblicato un’ottantina di rapporti e comunicati stampa in cui si mettevano nero su bianco i crimini di guerra russi – diceva il portavoce di Amnesty Italia – abbiamo diffuso una nota di tre pagine nella quale rilevavamo che in alcuni casi specifici, meno di 20, le forze ucraine avevano attuato tattiche che avevano messo in pericolo i civili che stavano difendendo, ad esempio insediandosi in centri abitati e strutture civili. Questo ci è costato l’accusa di essere filoputiniani, nonostante un mese dopo l’inizio della guerra il nostro ufficio di Mosca fosse stato chiuso”. Noury quindi sminuiva le critiche ad Amnesty, evidentemente anche quelle interne, come ingiuste e dovute a partigianeria e confermava l’impianto del comunicato del 4 agosto 2022, che Amnesty Italia aveva tradotto in italiano, pubblicato sul suo sito e rilanciato sui social network, secondo cui le forze militari ucraine “hanno messo in pericolo la popolazione civile” con “tattiche che violano il diritto internazionale umanitario perché trasformano obiettivi civili in obiettivi militari”. Le cose però avrebbero dovuto suggerire maggiore cautela. Le reazioni e le critiche ucraine, e non solo, a quel documento erano talmente fondate che Amnesty International aveva avviato una revisione interna sull’accaduto. E così è successo che pochi giorni dopo l’intervista di Noury, il 27 aprile, il New York Times ha tirato fuori che una commissione indipendente di esperti di Diritto umanitario internazionale, incaricata dalla stessa Amnesty, aveva prodotto un report (mai pubblicato da Amnesty) che mostrava enormi limiti nell’indagine della ong. Per il panel di esperti il comunicato del 4 agosto 2022 era “scritto in un linguaggio ambiguo, impreciso e per certi aspetti legalmente discutibile... Questo è particolarmente vero nei paragrafi di apertura, che potrebbero essere letti come implicanti – anche se questa non era l’intenzione di AI – che, a livello sistemico o generale, le forze ucraine erano principalmente o ugualmente responsabili della morte di civili derivanti dagli attacchi della Russia”. In sostanza, la conclusione chiave secondo cui l’Ucraina aveva violato il diritto internazionale “non era sufficientemente comprovata” dalle evidenze raccolte. Inoltre, Amnesty ha tenuto nascosto il rapporto, ma ha anche fatto pressioni per ammorbidirlo. Dopo lo scoop del New York Times, Amnesty è stata costretta a pubblicare il report indipendente già il giorno successivo. Ma ha anche avviato un’ulteriore revisione per rivedere cosa non ha funzionato, non solo dal punto di vista legale, dato che quel lavoro approssimativo è stato abbondantemente usato come arma di propaganda dalla Russia. Pochi giorni fa, il 17 maggio, dopo meno di un mese, Amnesty International ha pubblicato un ulteriore report che, alla luce degli errori del comunicato del 4 agosto, descrive come migliorare i processi interni e “il modo in cui lavoriamo”. “A nome del Consiglio internazionale, mi scuso profondamente per l’angoscia e la rabbia causate dal comunicato stampa del 4 agosto”, ha scritto la capa di Amnesty International Anjhula Mya Singh Bais, che ha preso come impegno quello di riformare la ong imparando dai propri errori: “Andando avanti, la leadership di Amnesty International utilizzerà questo feedback costruttivo per costruire un piano d’azione completo che non solo affronti le raccomandazioni delineate, ma assicuri che le implementiamo in modo coerente e diligente a lungo termine”. In sostanza, siamo di fronte a un terremoto, che ha portato a dimissioni, una brutta figura e una riorganizzazione profonda della più importante ong che si occupa di diritti umani. Il problema, però, è che in Italia tutto questo non sembra sia accaduto. L’ultima dichiarazione di Noury è ferma alla conferma del rapporto che è stato smentito dalla sua ong. Sul sito di Amnesty, che aveva tradotto in italiano il comunicato che denunciava l’Ucraina, non c’è alcun riferimento al report che ne ha mostrato le falle. Amnesty Italia ha dimenticato di tradurre sia i report indipendenti sia il comunicato di scuse della capa di Amnesty International. Noury non ricorda di dovere delle scuse o delle precisazioni. Vuoto totale di memoria. Più che Amnesty è amnesia.

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