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La Repubblica Rassegna Stampa
24.05.2023 Caso Mortara 2: "Rapito", il film che racconta la storia vera del rapimento voluto dal Papa
Commento di Arianna Finos

Testata: La Repubblica
Data: 24 maggio 2023
Pagina: 38
Autore: Arianna Finos
Titolo: «“Anche il Papa dovrebbe vedere il film”»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 24/05/2023, a pag.39, con il titolo “Anche il Papa dovrebbe vedere il film” il commento di Arianna Finos.

Arianna Finos - Unifrance
Arianna Finos

Marco Bellocchio biografia | MYmovies.it
Marco Bellocchio

CANNES — Marco Bellocchio, 83 anni, è carico di energia e buonumore. È alla Croisette per il quarto anno consecutivo: «Bello esserci, ma anche casuale. La scelta, Cannes o Venezia, dipende da quando finisco il film, da quale è più utile a sostenerlo. Lo dico perché alla mia età la gloria non è disprezzabile ma secondaria ». L’incontro sul terrazzo del Majestic, quartier generale del cinema italiano. «L’importante — sorride — è aver cercato di fare un film vivo, vivace e sentito. Parla del violentissimo rapimento di un bambino, si muove su registri sentimentali. Un film destinato a un pubblico popolare». Rapito racconta di Edgardo Mortara, sottratto nel 1858 alla famiglia ebrea di Bologna perché battezzato di nascosto dalla domestica che lo credeva in fin di vita. Un caso che ha avuto rilevanza internazionale e al quale non mancheranno reazioni: «Alcuni sacerdoti lo hanno visto. Erano emozionati e pensierosi. E alcuni ebrei, che hanno espresso una commozione evidente. Ho scritto al Papa per farglielo vedere, non mi ha risposto, spero che lo veda. Ha altre cose a cui pensare, ma magari trascorre una serata interessante». Il produttori Paolo Del Brocco di Rai Cinema, Beppe Caschetto di Ibc Movie e Simone Gattoni di Kavac devolveranno la prima giornata di incassi italiani, il 25 maggio, alle zone colpite dall’alluvione.

RAPITO | Cinema Teatro Politeama | Pavia

Il rapimento di Edgardo Mortara è un delitto contro una famiglia tranquilla, agiata, della Bologna ancora sotto l’autorità del Papa Re «ma in quegli anni in Europa si respirava un’aria di libertà, si affermavano i principi liberali e per questo il rapimento è figlio della disperata volontà di un’autorità agonizzante che contrattacca, come spesso accade nei regimi totalitari». Nel Duemila c’è stata la beatificazione di Pio IX, «c’è una continuità recente, Wojtyla ha preteso la beatificazione di Pio IX che non solo ha compiuto o permesso queste azioni, ma che era veramente impresentabile. Ma Wojtyla lo ha scelto come campione della fede: che abbia fatto rapire Mortara è secondario rispetto al fatto che ha difeso certi dogmi e in nome di questo è riuscito a farlo beato. E questo è davvero contemporaneo». Ma, sottolinea, la riflessione politica è un passaggio successivo, «ho fatto questo film con un grande coinvolgimento nella storia, ma senza il pensiero programmatico di fare un film di condanna. Poi se oggi qualcuno, vedendolo, fa delle riflessioni politiche sul presente, sarò interessato adascoltarlo». Alla domanda se ami tutte le sue creature cinematografiche allo stesso modo o ci sono quelle a cui tiene di più, al di là del risultato, risponde: «Ci sono film in cui credo di aver utilizzato meglio quello che so fare, a livello di formazione delle immagini e di racconto. Questo è stato possibile per una serie di scelte e casualità. Avere attori non solo bravi ma partecipanti cambia il risultato». È stata lunga la ricerca del piccolo Edgardo «perché siamo circondati da bambini macchina, sanno tutti recitare ma tutti allo stesso modo. È speciale lo sguardo, l’emozione di Enea Sala. Pur non essendo mai entrato in una chiesa, in una sinagoga, non essendo mai stato battezzato, si è investito della sofferenza, dall’angoscia di Edgardo. Non conosco la sua vita privata, conosco la sua generosità. E sicuramente certe relazioni affettive, al di là della religione non praticata in famiglia, le ha acchiappate nella sua stessa vita». Tra i titoli possibili c’eraLa conversione , quella di Mortara. C’è una scena in cui Edgardo immagina di togliere i chiodi a Cristo, che scende dal crocefisso. «Tenta per tutta la vita una riconciliazione impossibile tra la famiglia e la Chiesa — spiega Bellocchio — non rinnegherà mai i suoi genitori, le sue origini, e alla sua conversione assoluta non mancano le ribellioni inaspettate, anche inconsce. Penso alla scena in cui in chiesa si lancia verso il Papa, come per abbracciarlo ma forse anche per farlo cadere. E sarà malato per lunghi periodi». Per Bellocchio la fede di Edgardo resta un mistero: «Ho scelto di rappresentare un bimbo violentato nell’anima e poi un uomo che, fedele ai violentatori che crede salvatori, diventa un personaggio che ci esime da ogni spiegazione razionale. Rapito è un film, non un libro di storia o una tesi ideologica».

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