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La Repubblica Rassegna Stampa
24.05.2023 Caso Mortara 1: Le conversioni forzate
Commento di Maurizio Molinari

Testata: La Repubblica
Data: 24 maggio 2023
Pagina: 32
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Le conversioni forzate»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 24/05/2023, a pag. 32, con il titolo "Le conversioni forzate" l'analisi del direttore Maurizio Molinari.

Molinari: “Le sorti dell'Italia sono decisive per quelle dell'Europa” -  Mosaico
Maurizio Molinari


Il recentissimo libro di Daniele Scalise sul caso Mortara (Longanesi ed.)

Il film Rapito di Marco Bellocchio racconta la vicenda del sequestro del bambino ebreo Edgardo Mortara nel 1858 a Bologna da parte del Papa re Pio IX sulla base di una ricostruzione storica meticolosa che ci consegna tre tasselli dell’ostilità antiebraica che distingueva lo Stato Pontificio. Il primo, e più feroce, tassello è quello del rapimento: non solo del piccolo Mortara ma di una moltitudine di bambini ebrei che, con le motivazioni più differenti, venivano staccati dalle famiglie per essere convertiti. Per il semplice motivo che l’intero antigiudaismo pontificio puntava a rendere la vita impossibile agli ebrei all’unico fine di fargli riconoscere che il “Verus Israel” era la Chiesa e dunque dovevano convertirsi “per raggiungere la salvezza”. Le conversioni forzate degli ebrei, dall’Inquisizione spagnola a Pio IX, sono state una piaga feroce inflitta agli ebrei europei e le liste dei nomi dei convertiti restano ancor oggi un impenetrabile tabù. Durante i numerosi incontri che delegazioni vaticane hanno avuto con controparti e israeliane e/o rabbiniche dopo il riconoscimento dello Stato ebraico da parte di Giovanni Paolo II nel 1993, la questione delle “liste dei convertiti” è occasionalmente affiorata ma la discussione in merito non è mai in realtà iniziata perché tocca uno degli argomenti più delicati in assoluto. Per il semplice motivo che quelle conversioni per l’ebraismo vennero estorte, non sono valide e dunque le persone in questione sono sempre rimaste ebree a tutti gli effetti mentre per la Chiesa rimettere in discussione quei battesimi appare impossibile. Ovvero, l’entità deldanno causato da secoli di conversioni forzate è tale che neanche il contemporaneo dialogo ebraico-cristiano riesce ad affrontarlo, aggredirlo, sanarlo. Il secondo tassello è descritto dalla scelta di Edgardo Mortara che, diventato adulto, subito dopo la liberazione di Roma nel 1870 rifiuta di tornare alla propria famiglia per restare fedele — fino alla morte nel 1940 — al cattolicesimo. È una rappresentazione plastica di quanto a fondo nel suo animo l’antigiudaismo aveva scavato, fino al punto da trasformare lui stesso in un vettore della conversione (fallita) della madre sul letto di morte. La fotografia del successo totale della conversione di Mortara sottolinea la capacità del Male di divorare le vittime che riesce a sottomettere. Ma non è tutto perché c’è anche un terzo tassello del film di Bellocchio che lo rende istruttivo, fonte importante di formazione per le nuove generazioni, lì dove scena dopo scena descrive le umiliazioni quotidiane a cui gli ebrei erano sottoposti dallo Stato Pontificio. Offrire regali in cambio di offese, subire il disprezzo e dover ringraziare, essere alla costante mercé di un potere nemico, doversi sempre scusare per il solo fatto di essere ebrei e una miriade di altre feroci umiliazioni quotidiane fanno comprendere perché la Breccia di Porta Pia il 20 settembre 1870 e la conseguente distruzione del ghetto di Roma — eretto da Papa Carafa, Paolo IV, nel 1555 — vennero salutate dagli ebrei romani come la fine di un’asfissiante oppressione ultrasecolare, riconoscendo nel Tricolore portato dai bersaglieri la conquista della libertà tanto a lungo agognata.

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