sabato 23 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Il Foglio Rassegna Stampa
24.05.2023 Sul fronte di Belgorod
Analisi di Micol Flammini

Testata: Il Foglio
Data: 24 maggio 2023
Pagina: 1
Autore: Micol Flammini
Titolo: «I confini di Belgorod»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 24/05/2023, a pag. 1, con il titolo "I confini di Belgorod", l'analisi di Micol Flammini.

Risultati immagini per micol flammini
Micol Flammini

Joseph Stalin and Vladimir Putin: Two men with the same mindset - The New  European

Roma. E’ vero che Russia e Ucraina erano due nazioni molto connesse prima dell’annessione illegittima della Crimea da parte di Mosca e prima dell’inizio della guerra nella regione del Donbas. E’ vero che il confine di oltre millecinquecento chilometri era ricco di scambi di persone, merci, accordi. Ed è vero che Kyiv avrebbe anche fatto a meno di rendere quella frontiera altamente militarizzata come avrebbe fatto a meno della guerra. Quello che appare illogico è che il Cremlino, che questa guerra l’ha iniziata e lungo quel confine ha ammassato soldati e mezzi militari, non sia in grado di sorvegliare la sua frontiera della guerra. Lunedì nella regione russa di Belgorod c’è stata un’imponente incursione armata, rivendicata da due gruppi di nazionalisti russi contrari al Cremlino – il Corpo dei volontari russi e la Legione libertà per la Russia – che è andata avanti fino al giorno seguente. Esistono immagini e video girati dagli incursori, con aria molto disinvolta e con piglio parecchio ironico. Non era la prima volta che qualcuno dimostrava che passare da una parte all’altra del confine fosse più semplice del previsto, e non è stata una semplice azione di sabotaggio, ma la dimostrazione che in Russia la guerra è in casa. Sono arrivati vestiti da militari, ci sono stati bombardamenti, hanno portato anche i blindati. E il confine russo si è lasciato attraversare, nonostante le avvisaglie e i precedenti. Il Cremlino ha risposto prima con naturalezza, dicendo che dopo la “liberazione” di Artemovsk, il nome russo per Bakhmut, si aspettava un’azione del genere da parte degli ucraini. Ma il sabotaggio si è trasformato in un vero scontro, un’azione più grande, e allora il ministero della Difesa ha detto di aver dispiegato aerei e artiglieria e di aver neutralizzato settanta uomini, alcuni di nazionalità russa, alcuni di nazionalità ucraina, tutti nazisti. Kyiv ha smentito. L’operazione per respingere gli incursori è stata guidata dal colonnello generale Aleksandr Lapin, una delle alte cariche allontanate dalla guerra in Ucraina per i risultati scarsi e reintrodotte in Russia: Lapin è capo delle forze di terra della Federazione. Per i russi la guerra era iniziata come rumore di fondo al confine, era proseguita con bombardamenti mirati nelle regioni alla frontiera. Poi sono arrivati gli attacchi nelle zone più interne della Russia con droni e sabotaggi. In seguito c’è stata la mobilitazione parziale di cittadini che non avevano nulla a che vedere con l’esercito. Da quel momento l’invasione ha smesso di essere un’eco lontana, è diventata un’immagine: quella della cartolina per la convocazione. Ognuno di questi passaggi corrisponde a un fallimento della strategia del Cremlino. Poi sono iniziate le incursioni nel territorio russo, sempre più plateali, sempre più difficili da nascondere e i cittadini russi hanno iniziato a domandarsi: possono invaderci? L’Ucraina vuole che la Russia senta la guerra, vuole che il Cremlino utilizzi risorse per proteggere il suo territorio anziché dispiegarle contro Kyiv. Il valore di queste incursioni è doppio: militare e psicologico e i gruppi russi che li rivendicano sono poco numerosi, hanno poco seguito, difficile che agiscano senza un coordinamento con Kyiv. Ieri gli esperti dell’istituto britannico Rusi hanno pubblicato un rapporto in cui mostrano come l’esercito russo sia migliorato da un anno all’altro, ha imparato dai suoi fallimenti, ed è stato in grado di correggere molti errori, riuscendo anche a ridurre le perdite sul campo di battaglia. Non ha però pensato a proteggere i confini, dove le guardie di frontiera non mancano soltanto dall’inizio della guerra, ma sono sempre state considerate poco utili per la salvaguardia delle frontiere di un paese temuto. Neppure con l’invasione Mosca ha pensato di dover presidiare i suoi confini. I canali telegram che criticano il Cremlino, non per la guerra ma per come la sta conducendo, hanno iniziato a sottolineare questa debolezza, a dire che è inammissibile. Putin ha invaso per spingere più a occidente il confine della Russia, per divorare l’Ucraina, invece si ritrova gli ucraini dentro alla sua di frontiera. Una guerra nata per i confini si sta trasformando in una guerra dentro ai confini. Se i russi sono spaventati, per gli ucraini queste incursioni hanno l’effetto opposto e la regione di Belgorod, inizia già a girare con un altro nome: Bilhorod, à la ucraina.

Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT