E’ una controffensiva anti-terrorismo, la politica interna non c’entra
Editoriale del Jerusalem Post, da Israele.net
Non avrebbe dovuto stupire nessuno, né fra gli israeliani né fra gli osservatori esterni, la notizia di martedì mattina che Israele aveva lanciato un’operazione a Gaza e ucciso tre alti comandanti della Jihad Islamica Palestinese. I personaggi presi di mira – Khalil Bahitini, alto capo operativo della Jihad Islamica Palestinese e comandante della divisione settentrionale di Gaza; Tarek Az Aldin, responsabile delle operazioni della Jihad Islamica Palestinese in Cisgiordania; Jahed Ahnam, segretario del Consiglio militare della Jihad Islamica Palestinese – sono stati uccisi nelle loro abitazioni, insieme a diversi famigliari che erano con loro in quel momento. L’operazione, denominata Scudo e Freccia, è stata lanciata in risposta ai persistenti attacchi missilistici della Jihad Islamica Palestinese contro i civili che vivono nel sud di Israele con il tacito sostegno di chi comanda a Gaza, vale a dire il gruppo terroristico Hamas. Nell’ultima raffica della scorsa settimana – che ha fatto seguito alla morte di Khader Adnan, un esponente di spicco della Jihad Islamica Palestinese che si è lasciato morire di sciopero della fame rifiutando le cure mediche mentre si trovava detenuto con l’accusa di terrorismo – erano stati lanciati da Gaza contro Israele almeno 32 razzi e colpi di mortaio, due dei quali erano riusciti a bucare le difese israeliane e ad abbattersi su Sderot causando il ferimento di almeno 12 civili, tra cui in modo grave un lavoratore straniero originario della Cina. Il lancio dell’operazione Scudo e Freccia non dovrebbe sorprendere nessuno perché, come dimostrano decenni di guerra tra Israele e i gruppi terroristici di Gaza, c’è un limite alla quantità di aggressioni che Israele può tollerare prima di contrattaccare. Certo, come in ogni altra occasione precedente c’è stata molta pressione sul primo ministro, oggi Benjamin Netanyahu, da parte degli abitanti e dei sindaci delle località sotto tiro, ed anche all’interno della sua stessa coalizione di governo, affinché rispondesse con forza ai razzi che rendono la vita un inferno agli israeliani che sopportano il peso maggiore degli attacchi. Ma la reazione militare israeliana di lunedì notte non c’entra con la politica interna e nessuno dovrebbe sostenere il contrario. L’operazione corrisponde perfettamente alla linea d’azione che qualsiasi altro governo israeliano avrebbe seguito oggi, così come è avvenuto in passato. Sostenere che Netanyahu abbia deciso di assecondare l’ala di estrema destra della sua coalizione o che l’operazione costituisca un tentativo di distogliere l’attenzione dalle proteste contro la riforma giudiziaria, giunte alla loro 19esima settimana, semplicemente non è credibile. Il leader dell’opposizione Yair Lapid ha immediatamente twittato il proprio sostegno all’operazione scrivendo che “una risposta israeliana nel momento e nel luogo di nostra scelta è il modo giusto per fronteggiare il terrorismo da Gaza: appoggeremo qualsiasi operazione per difendere i residenti del Sud”. Allo stesso modo, il leader di Unità Nazionale Benny Gantz ha accolto con favore l’avvio dell’operazione affermando che “i nostri nemici hanno commesso un grosso errore nel valutare la situazione”. Indipendentemente da chi è al timone, ci sarebbero state e ci saranno critiche e condanne internazionali alla controffensiva di Israele. Ma è fondamentale ricordare che non c’è nessuna equivalenza tra un’operazione israeliana che prende di mira in modo preciso i capi di un gruppo riconosciuto come terrorista dalla comunità internazionale, e il lancio indiscriminato di razzi da parte di quegli stessi terroristi di Gaza il cui obiettivo è uccidere qualsiasi israeliano riescano a uccidere. Gli israeliani si addolorano per la perdita di vite innocenti, come i familiari dei terroristi uccisi nonostante gli enormi sforzi che vengono sempre fatti per evitare vittime innocenti, mentre i gruppi terroristici regolarmente celebrano e festeggiano l’assassinio di ogni bambino israeliano o civile innocente. Ciò di cui la comunità internazionale deve rendersi conto è che Israele ha ed eserciterà sempre il suo fondamentale diritto all’autodifesa. Questo diritto include l’uccisione mirata di coloro che rappresentano una concreta minaccia incombente alla vita e all’incolumità dei cittadini. Gli obiettivi iniziali di questa operazione corrispondono senza alcun dubbio a questo profilo e colpirli costituiva un passo necessario nel quadro dell’impegno incessante per proteggere i residenti meridionali di Israele dalle aggressioni terroristiche che subiscono da fin troppo tempo. L’Operazione Scudo e Freccia, come tutte le operazioni precedenti, non risolverà il conflitto in corso con i gruppi terroristici a Gaza. È solo un’ulteriore risposta, tragicamente consueta, al ciclo infinito di bombardamenti terroristici. Fino a quando non ci sarà un cambiamento fondamentale nel territorio controllato da Hamas, non avremo altra scelta che rassegnarci a questa situazione, e ringraziare le Forze di Difesa e le altre agenzie di sicurezza israeliane che hanno la capacità di prendere di mira i nostri nemici prima che compiano i loro atti atroci contro il popolo israeliano.
(Da: Jerusalem Post, 10-5-23)