Navalny: 'Così Putin mi tortura' Commento di Anna Zafesova
Testata: La Stampa Data: 05 maggio 2023 Pagina: 13 Autore: Anna Zafesova Titolo: «Navalny: 'Così mi tortura lo zar'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 05/05/2023, a pag.13 con il titolo "Navalny: 'Così mi tortura lo zar' " il commento di Anna Zafesova.
Anna Zafesova
Alexei Navalny
«Sono il campione di ascolto dei discorsi di Putin, mi addormento al suono della sua voce». Dopo aver torturato Alexey Navalny con la fame, il freddo, la cella di punizione e l'abolizione delle visite, l'amministrazione del carcere dove è rinchiuso il leader dell'opposizione russa ha inventato un supplizio ideologico, costringendolo ad ascoltare a tutto volume il suo peggior nemico. Una «punizione creativa», come la chiama il detenuto più famoso di Russia, che a lui ricorda «un libro di spie dove i prigionieri dovevano ascoltare a volume assordante le poesie di Mao Tsedong». Più che un tentativo di rieducazione da rivoluzione culturale cinese, o da Arancia meccanica, questa innovazione nel regolamento carcerario della colonia penale numero 2 della regione di Vladimir sembra una tortura psicologica: le registrazioni con Putin vengono accese nella ora di «tempo personale» serale e durano fino al momento di coricarsi. Un nuovo dispetto che conferma quello che ieri ha ripetuto anche Evgeny Cichvarkin, l'imprenditore russo amico di Navalny costretto già anni fa all'esilio dal regime: l'oppositore incarcerato è «il detenuto personale di Putin», e quello che gli viene fatto dietro le sbarre accade per ordine del Cremlino. Oltre alle vessazioni comuni a tutti i prigionieri di quello che resta ancora per tanti aspetti un «arcipelago Gulag» – come la denutrizione cronica per via di razioni troppo piccole e scadenti – per Navalny è stato inventato un programma di tormenti in un girone dell'inferno a lui dedicato. Le sue lettere vengono bruciate, i suoi pacchi viveri buttati, non riesce a ricevere cure mediche e soffre di dolori addominali che hanno fatto venire ai suoi familiari la paura di un nuovo, lento, avvelenamento. Da mesi ormai il politico non esce quasi dalla cella di punizione, alla quale viene condannato anche per la più piccola delle violazioni, come un bottone slacciato: si tratta di 15 giorni rinchiuso in un cubo di cemento gelido, dal quale il politico emerge dimagrito di 5-8 chili. Quando rientra nella sua cella abituale, Navalny si ritrova spesso in compagnia di un altro detenuto, che soffre di squilibri mentali e non si lava da settimane: «Avverto una giustizia nel fatto che la prigione equipari l'impatto dei discorsi di Putin a quello della puzza», ironizza Navalny nel suo messaggio, consegnato agli avvocati e diffuso sui suoi social. Una situazione tragicomica, se non fosse che il dissidente si trova al centro di un Gulag dentro il Gulag, costruito appositamente per lui e dal quale chiaramente non dovrebbe più uscire, almeno nelle intenzioni del suo carceriere. Condannato a due anni e mezzo per una presunta violazione delle regole di libertà condizionata per una precedente condanna, già in carcere Navalny è stato processato e sentenziato a dieci anni per «truffa» e «offesa alla corte», mentre ora è stato incriminato per «organizzazione comunità estremista» e altri reati che insieme dovrebbero fruttargli fino a 30 anni. Di recente però il politico ha comunicato che rischia l'ergastolo, quindi probabilmente alle imputazioni esistenti si sono aggiunte altre, presumibilmente quella di «terrorismo», basata sul fatto che Daria Trepova, la giovane che ha portato la bomba che ha ucciso ad aprile il propagandista nazionalista Vladlen Tatarsky, fosse una seguace del movimento di Navalny. È evidente che per Putin Navalny non deve uscire più dal carcere. Nonostante il suo movimento sia stato messo fuori legge, e i suoi militanti siano in esilio, o in carcere, il suo solo nome è già un capo d'accusa: nei giorni scorsi un uomo è stato arrestato per aver postato sui social il programma dei «15 punti per chi vuole bene al proprio Paese», in cui Navalny invita i suoi seguaci ad aiutare la vittoria dell'Ucraina e rovesciare il regime di Putin per costruire una Russia democratica e «non più imperiale». La vicepresidente della Fondazione anticorruzione di Navalny, Anna Veduta, è appena finita al centro di polemiche per aver dichiarato di donare soldi all'esercito ucraino: il Cremlino ha appena introdotto l'ergastolo come pena massima per «aiuto al nemico», ma anche nei ranghi degli oppositori non tutti approvano. Dopo un anno e mezzo, un fronte anti putiniano non è ancora nato, e anche alla recente conferenza che ha cercato di unire a Berlino i vari esponenti del dissenso i navalniani non si sono presentati. E Boris Zimin, il principale sponsor del movimento, ha proprio ieri annunciato di voler diminuire gradualmente il finanziamento alle donne e agli uomini di Navalny, per spingerli a «variare e cercare altre fonti». Navalny resta comunque la figura più carismatica dell'opposizione russa, l'unico ad aver creato un movimento massiccio e ad aver dato voce e parole d'ordine a milioni di persone, soprattutto esterne ai salotti liberali di Mosca e Pietroburgo. Uno dei motivi per cui rimane il nemico pubblico numero uno, per Putin come per gli ufficiali penitenziari dei quali ha esposto – già dal carcere – le ruberie. Una condanna all'ergastolo lo sposterebbe in un carcere di massima sicurezza, dove l'accesso alle lettere e agli avvocati sarebbe limitato al minimo, «cancellando la sua presenza», dice Cichvarkin. Soltanto la settimana scorsa 130 personalità della cultura – da J.K.Rowling a Benedict Cumberbatch – hanno firmato una lettera in cui chiedono a Putin di liberare il suo «prigioniero personale». Ma è difficile che il Cremlino molli la preda: a questo punto, è uno scontro personale, come dimostra la tortura con la voce di Putin che deve avvelenare anche quei 60 minuti di tempo libero che la prigione concede a Navalny.
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