Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 30/04/2023, a pag. 11, con il titolo "Il presidente lituano: “Dal summit di Vilnius vogliamo la road map per Kiev nella Nato” ", l'intervista di Fabio Tonacci.
Fabio Tonacci
Gitanas Nauseda
ROMA — La marcia di avvicinamento ucraino alla Nato avrà una tappa cruciale nella piccola e agguerrita Lituania. «Spero che dal vertice dell’Alleanza il prossimo 11 luglio a Vilnius usciremo con una road map definita», si augura Gitanas Nauseda, 58 anni, dal 2019 presidente della prima repubblica baltica, nel 1990, a dichiarare l’indipendenza dall’Urss. Nauseda, in visita istituzionale a Roma, ha incontrato Mattarella e ha inaugurato il business forum italo-lituano sulle tecnologie verdi. Parla con Repubblica negli uffici dell’ambasciata lituana.
A che punto è la discussione sull’ingresso di Kiev nella Nato? «Sarò franco, sarà l’elemento più complicato da affrontare a Vilnius. La Lituania spinge per avere un’agenda ambiziosa, ma alcuni Paesi tuttora esitano a inviare segnali forti, in tal senso, a Zelensky».
Perché ritengono che l’allargamento della Nato renda arduo ritornare a uno stato di convivenza pacifica con l’autocrate di Mosca. Su quali basi pensate di raggiungere un compromesso? «Dobbiamo superare la vecchia formula, ripetuta tante volte dal 2008 (anno dell’invasione russa in Georgia, ndr) ad oggi, delle “porte aperte”. Si sa che le porte della Nato sono aperte a tutti, ma non abbiamo “algoritmi” pratici per usarle, dunque dobbiamo mandare segnali che l’Ucraina è benvenuta e può fare parte del sistema di sicurezza».
È un ritorno all’idea dell’ingresso prima che la guerra finisca? «No, sarebbe troppo difficile. Ne siamo consapevoli e ne sono consapevoli gli stessi ucraini. Bisogna passare alla fase pratica, definire tappe e formule su come procedere quando la guerra sarà conclusa».
Cos’altro ci sarà sul tavolo del summit di Vilnius? «Il potenziamento del fianco orientale della Nato. Abbiamo alte aspettative al riguardo perché il vertice di Madrid è andato bene, dalle dichiarazioni ora bisogna passare ai fatti. Non sto parlando solo di aumentare la presenza di militari stranieri nei Paesi più a Est dell’Alleanza, ma anche di posizionare sistemi di difesa aerea in Stati come la Lituania».
Può entrare nel dettaglio? «Adesso abbiamo un regime di polizia aerea, che va bene in tempi di pace. In tempi di guerra è cruciale avere il controllo dello spazio aereo. Senza tali sistemi è complicato».
Sistemi di cui non c’è molta abbondanza in Europa, però. «Va trovata una soluzione politica. La nostra proposta punta a forniture a rotazione dai Paesi che hanno contraerea, radar, missili Patroit. Cisentiremmo molto più protetti».
Ritenete davvero di essere il prossimo obiettivo russo, nel caso Putin dovesse vincere in Ucraina? «L’appetito della Federazione russa è enorme. Se stiamo parlando di chi sarà il prossimo, forse saranno i Paesi baltici, forse la Polonia. Putin va fermato in Ucraina, ma se così non sarà, tutta l’Europa potrebbe essere il suo prossimo obiettivo. Persino l’Italia».
La Cina si è proposta come mediatrice tra le parti in conflitto. Cosa ne pensa? «Perché sia una buona mediatrice, ci devono essere due precondizioni: che Pechino riconosca e condanni l’aggressione russa, e che non sostenga Putin né direttamente con le armi né indirettamente permettendogli di eludere le sanzioni. La telefonata tra Xi Jinping e Zelensky è un buon inizio, e tuttavia le voci su un sostegno segreto alla Russia minano la fiducia nelle autorità cinesi».
Che valore dà al piano di pace cinese in 12 punti ? «Ne abbiamo già uno in 10 punti di Zelensky, molto chiaro, che prevede il ripristino dell’integrità territoriale e il ritiro delle truppe russe dall’Ucraina. Atteniamoci a questo».
Sa che la Russia non lo accetterà mai, vero? «Non è pronta ad accettarlo nel suo insieme, forse alcune parti sì. Putin comunque può usare la trattativa di pace per fermare temporaneamente il conflitto, concentrare risorse e tornare a combattere. È per questo che, onestamente, al momento non vedo alcun terreno per il negoziato».
L’ambasciatore cinese a Parigi ha detto che le ex repubbliche sovietiche non hanno sovranità. «Una provocazione, subito smentita dal governo di Pechino. Purtroppo di tanto in tanto sentiamo tali idee... Ci siamo dichiarati indipendenti nel 1990 e ci aspetteremmo che ogni Paese lo riconosca, così come riconosca che la Lituania non è mai stata nell’Unione Sovietica per libera volontà ma solo perché obbligata con la forza militare».
La Lituania accoglie da sempre oppositori e dissidenti russi, però ora state adottando una politica di restrizione dei visti. Perché? «Se parliamo di cittadini della Federazione russa, vediamo che molti di loro non vogliono andare a combattere in Ucraina, però ciò non significa automaticamente che siano contro Putin. Per questo dobbiamo essere cauti e tutelare la nostra sicurezza nazionale».
Sempre parlando di confini: perché volete rendere legali i respingimenti dei migranti? «Il regime bielorusso sta usando questa leva per destabilizzare il nostro Paese. È cominciata nel 2021, ora vediamo nuovi tentativi di Lukashenko di canalizzare i flussi migratori. Abbiamo elementi per ritenere che possano essere programmati nuovi voli da Iraq, Iran e Medio Oriente verso Minsk, Mosca e Kaliningrad, così poi da spingere quei migranti arrivati oltre i nostri confini. Per questo chiediamo alla Commissione di considerare una cornice legale che ci permetta di affrontare la situazione».
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