Enrico Loewenthal, storia di un partigiano vero Cronaca di Gianni Giacomino
Testata: La Stampa Data: 28 aprile 2023 Pagina: 47 Autore: Gianni Giacomino Titolo: «L'addio al partigiano "Ico", liberò Aosta uno degli ultimi testimoni della Resistenza»
Riprendiamo dalla STAMPA - Torino di oggi, 28/04/2023, a pag.47, con il titolo "L'addio al partigiano "Ico", liberò Aosta uno degli ultimi testimoni della Resistenza" la cronaca di Gianni Giacomino.
Enrico Loewenthal
Era il 28 aprile di 78 anni fa quando Enrico Loewenthal, il partigiano «Ico», insieme ai suoi combattenti, scendeva dalle montagne e liberava Aosta dall'occupazione nazifascista. Aveva appena 19 anni e un coraggio da leone. Il partigiano «Ico» è morto nella sua casa di Torino, all'età di 97 anni, circondato dall'affetto dei suoi familiari: la moglie Paola Luzzati, il figli Elena ed Edoardo, sei nipoti e la pronipote Luce. «Se oggi possiamo vivere in libertà è anche grazie a lui - dice Elena Loewenthal, scrittrice e direttrice del Circolo dei lettori - A me e mio fratello ha insegnato a non avere paura mai». Con Enrico Loewenthal se ne va uno degli ultimi testimoni diretti del periodo della Resistenza. Diciassettenne, studente del D'Azeglio, lascia Torino, dov'era arrivato dalla Germania con i genitori Edoardo e Ida Falco, in seguito alle leggi razziali. Con la famiglia scappa nelle Valli di Lanzo, dove sceglie di diventare partigiano. Si unisce alla formazione «Bracchiello» dell'11° Brigata Garibaldi, poi alla Colonna GL Renzo Giua, accumulando una grande esperienza di lotta. Notti e giorni all'addiaccio tormentati da fame e freddo. Nel 1945 dalla Francia arriva poi in Valle d'Aosta. E con le truppe della Cumba Freida cominciò la storia del valoroso «Ico» che diventò comandante dei partigiani della Valle del Gran San Bernardo. Tra le sue azioni si ricorda quella di Gignod dove lui, che conosceva bene il tedesco, affrontò una colonna nazisti. «Uccidetemi pure, ma la montagna è piena di partigiani, non la farete franca», disse. Iniziò una lunga trattativa e «Ico» la spuntò. I tedeschi consegnarono tutte le armi e raggiunsero la Svizzera. Lui e i suoi scesero ad Aosta e la liberarono. Episodi che Loewenthal ha poi raccontato nella sua biografia dal titolo: «Mani alto, bitte». «Poi – ricorda ancora la figlia Elena – tornò a Torino e diede l'esame di maturità con la divisa partigiana». Nel dopoguerra entrò in un magazzino devastato, trovò una saldatrice, la smontò e decise che valeva la pena di provare a produrre apparecchi per saldature. All'inizio partì con due soli dipendenti, poi la sua azienda è arrivata a occupare 110 persone e a esportare in 50 Paesi. Ceduta l'attività nel 2002, ha vissuto tra Torino e Pantelleria, dove produceva olio d'oliva. Spesso il partigiano «Ico», insignito della Croce al Merito di Guerra, non nascondeva l'amarezza per l'Italia contemporanea: «La storia che racconto è la storia della mia vita, o meglio di alcuni anni della mia vita e di alcuni avvenimenti di cui sono stato testimone. Anni duri, di silenzioso dolore da un lato e di roboante arroganza dall'altro. Anni che pensavo fossero passati definitivamente, ma che a volte rintraccio nelle parole troppo urlate dei giornali, nella rabbia infinita di chi continua a subire ingiustizie, nell'iniquità di uno Stato che invece di valorizzare le sue risorse le distrugge, che invece di proteggere i suoi cittadini e i loro diritti li calpesta, che macina errori enormi, che distrattamente dimentica i suoi morti, che sventola bandiere di un solo qualunque colore».
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