Samuel Paty, il martirio di un professore Commento di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio Data: 28 aprile 2023 Pagina: 2 Autore: Giulio Meotti Titolo: «“Gli ultimi giorni di Samuel Paty”»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 28/04/2023, a pag. 2, l'analisi di Giulio Meotti dal titolo “Gli ultimi giorni di Samuel Paty”.
Giulio Meotti
Samuel Paty
Roma. Sabato 10 ottobre 2020, il sito islamico Alnas.fr, seguito da oltre 270 mila persone su Facebook, scrive: “Un insegnante di Storia espelle dalla sua classe dei musulmani per mostrare caricature del Profeta”. Su Facebook, il sito condivide l’articolo con la descrizione “Subhanallah! Che Allah protegga tutti i bambini musulmani!”. Abdoullakh Anzorov è uno di quelli che una settimana dopo prenderà alla lettera la parola d’ordine e “riparerà” ai torti commessi alla scuola media di Conflans-Sainte-Honorine, decapitando l’insegnante, Samuel Paty. “Siamo cinque anni dopo gli attentati a Charlie Hebdo, al Bataclan, a Nizza e tanti altri. Nonostante le ripetute segnalazioni, la violenza contenuta nei messaggi postati sugli account digitali di Anzorov, i servizi di intelligence e di sicurezza interna non danno l’allarme”. Si apre così il libro uscito per l’editore Plon di Stephane Simon, “Gli ultimi giorni di Samuel Paty”. Il professore è infastidito dal tono usato nell’email da un collega: “Scrivo questo messaggio oggi perché sento il bisogno di dire che non sostengo il nostro collega. Mi rifiuto di essere complice del mio silenzio in una situazione in cui mi trovo immerso mio malgrado. A mio avviso, questa situazione altera il legame di fiducia che cerchiamo di rafforzare ogni giorno con le famiglie che hanno scelto la scuola pubblica per i propri figli e, visto il contesto in cui si svolge, mette in pericolo l’intera comunità”. Scrive un altro collega: “Il nostro collega non solo ha servito la causa della libertà di espressione, ma ha dato argomenti agli islamisti. La mia etica mi vieta di essere complice in questo genere di cose”. Audrey Fouillard (la preside) è quella che prende le cose più a cuore. Sebbene non sia particolarmente tenera con Paty, non mancherà mai di fare il suo dovere e di essere vigile. “In questa fase, l’accademia o il ministero potrebbero già raccomandare esplicitamente una misura di allontanamento di Samuel Paty, che equivarrebbe a una protezione temporanea. Non è così”. Tra i vari servizi accademici ci si interroga ancora su “un dossier da compilare”. E’ passata una settimana da quando il nome di Paty è finito al centro delle discussioni fra i suoi colleghi, che hanno parlato alle sue spalle, una settimana da quando il college è messo sotto pressione dai genitori degli studenti e dal rettorato. L’atmosfera è ormai pesante. La mail di Paty è concitata: “Dovreste sapere che sono minacciato dagli islamisti così come dall’intero corpo insegnanti”. Diversi professori crollano. Alcuni sono in lacrime, altri esprimono la loro preoccupazione per una situazione che nessuno sembra controllare. La grande moschea di Pantin ha rilanciato sui social i video di due agitatori islamisti e conta ben 100 mila follower sul suo account Facebook. Una nota del servizio di sicurezza smorza: “La comunicazione tra la direzione e le famiglie ha ovviamente contribuito ad allentare le tensioni. All’interno del college non è palpabile alcuna tensione, né da parte della comunità scolastica né da parte delle federazioni dei genitori degli studenti, che pure riconoscono una certa goffaggine del docente…”. Goffaggine? In questa non è stata presa ancora nessuna decisione per proteggere Paty. “La gravità del pericolo che pesava sull’insegnante è totalmente sottovalutata”, scrive Simon. “Nessuna vigilanza sui social è stata avviata dai servizi mentre il nome di Paty circola tra inquietanti staffette digitali, il tutto nell’ambito dell’islamismo radicale. Un encefalogramma amministrativo piatto ha preceduto la bufera”. Disfunzioni, omissioni, dissimulazioni, viltà, compromessi. Ne “Gli ultimi giorni di Samuel Paty”, il giornalista Simon ritorna meticolosamente sui dodici giorni che precedettero il martirio del professore di Storia e Geografia, assassinato a ottobre 2020 da un islamista. L’autore evoca uno “scandalo di stato” che porterà alla morte di un uomo “che è diventato l’incarnazione della nostra laicità di fronte all’islam politico”. Ogni giorno in Rue de Grenelle, dove ha sede il ministero dell’Educazione, arrivano da trenta a quaranta segnalazioni. L’ex ministro Jean-Michel Blanquer, che non può essere sospettato di lassismo, ammetterà che gli mancano i mezzi per verificarle. Che Paty poteva essere salvato ma che la Francia è travolta dalla minaccia islamista. E da allora la situazione sembra addirittura peggiorata poiché la cultura islamica sta guadagnando terreno a scuola. Una recente indagine su “Attacchi al secolarismo e tensioni religiose a scuola” realizzata dall’Institut français d’opinion publique permette di quantificarla. Un insegnante su cinque si è trovato, nella propria carriera, a fronteggiare una minaccia o un’aggressione legata a tensioni di natura identitaria o religiosa. Un dato che sale al 39 per cento nella zona “Rep” più disagiata, dove quasi un terzo degli insegnanti dichiara di aver già subìto un’aggressione fisica. L’ultimo esempio, venerdì 21 aprile, giorno dell’Eid el Fitr, che segna la fine del Ramadan, quando alcune scuole dell’Île-de-France erano deserte. I colleghi del Figaro riportano la testimonianza di un consigliere comunale parigino che aveva solo il 20 per cento di studenti presenti alla scuola primaria. Nonostante una circolare preveda che “devono essere concesse autorizzazioni di assenze agli alunni per le principali festività religiose che non coincidono con un giorno di riposo”. Numeri implacabili e allarmanti. Le minacce di morte contro la sociologa Florence Bergeaud-Blackler stavolta hanno spinto lo stato a porla sotto protezione, in seguito alla pubblicazione del suo libro “Le Frérisme et ses réseaux”, l’inchiesta sui Fratelli musulmani uscita a gennaio da Odile Jacob, con una prefazione di Gilles Kepel. Un’ombra si staglia sul destino francese.
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