La festa dell’Indipendenza d’Israele subito dopo la Giornata dei Caduti: testimonianza di un miracolo ottenuto a caro prezzo
Editoriale del Jerusalem Post, da Israele.net
Yom HaZikaron e Yom HaAtzmaut – la Giornata del Ricordo per i caduti e le vittime del terrorismo e la Giornata dell’Indipendenza – sono due ricorrenze indissolubilmente legate fra loro sin dal 1950, quando lo Stato Maggiore delle Forze di Difesa israeliane emanò un’ordinanza che proclamava giornata del ricordo il quarto giorno del mese ebraico di Iyar, cioè il giorno immediatamente precedente quello in cui, nel 1948, venne istituito lo stato d’Israele. Il collegamento tra le due giornate venne poi sancito dalla Knesset in una legge del 1963. Nel 1998, il primo governo guidato da Benjamin Netanyahu stabilì che la Giornata del Ricordo commemorasse anche i civili vittime del terrorismo.
Nel corso degli anni alcuni hanno suggerito di separare le due giornate per evitare il problematico travaglio emotivo insito nel passaggio istantaneo dal lutto personale e collettivo ai festeggiamenti nazionali. Certamente non si può respingere né si deve mai sminuire la tremenda sfida che comporta per molti passare così repentinamente da un giorno di profondo dolore a uno di grande festosità. E tuttavia, riteniamo che vi sia un certo incanto dolce/amaro nella stretta connessione tra i due. I milioni di israeliani che martedì hanno affollato i cimiteri e si sono raccolti nelle cerimonie commemorative e che si sono fermati in silenzio al suono delle sirene in memoria dei caduti, lo hanno fatto in uno stato ebraico sovrano, difeso da uno dei più potenti e sofisticati eserciti del mondo. Israele è una grande potenza militare, una meraviglia economica e un hub tecnologico per il mondo intero. Vince premi Nobel ed Eurofestival della canzone, sviluppa innovazioni all’avanguardia e meraviglie agricole ed ha generato una Wonder Woman. Secondo l’Ufficio Centrale di Statistica, oggi abitano questo piccolo paese 9,7 milioni di israeliani: 12 volte la popolazione che contava Israele al momento della sua fondazione. Di questi, 7,1 milioni sono ebrei, due milioni sono arabi e poco più di mezzo milione appartengono ad altre variegate comunità. Circa il 79% della popolazione ebraica del paese è costituita da sabra (nati in Terra d’Israele). Oggi, il 46% degli ebrei del mondo vive in Israele. La società israeliana è vivace e la sua democrazia è solida. Le centinaia di migliaia di israeliani che si riversano nelle strade del paese, ogni sabato sera da quattro mesi, per protestare contro la riforma giudiziaria proposta dal governo hanno evidentemente una visione del futuro di Israele diversa dai sostenitori della riforma, ma quello che fanno entrambi è battersi per garantire che il paese in cui vivono i loro figli sia migliore dell’Israele di oggi. Ci sono poche canzoni che catturano la complessità della vita in Israele in modo semplice ma intenso come la ballata di Naomi Shemer Al Kol Eleh (“Su tutto questo”): “Sul miele e sul pungiglione dell’ape, sull’amaro e sul dolce, sulla nostra bambina, stendi la tua protezione, mio buon Signore”. Il miele e il pungiglione, l’amaro e il dolce hanno sempre fatto parte dell’esperienza israeliana, e lo sono anche oggi. Come ha mostrato in modo così doloroso il drammatico attacco terroristico di lunedì, avvenuto a pochi isolati dalla sede del Jerusalem Post nel centro di Gerusalemme, non cessa la lotta per essere un popolo libero nella nostra terra [citazione dall’HaTikvah, inno nazionale israeliano ndr]. A Yom HaZikaron versiamo lacrime di dolore per i giovani uomini e donne caduti in battaglia e per i civili di ogni età – uomini, donne, adolescenti e bambini – assassinati in atti di terrorismo sin da prima della nascita di Israele. Poi alla sera, con l’inizio di Yom Ha’Atzmaut, con un gesto tanto incomprensibile quanto per noi del tutto naturale, asciughiamo le nostre lacrime e ci raduniamo per gioire di ciò che abbiamo costruito in questo angolo speciale del mondo. A tramonto del sole, nel passaggio da una Giornata all’altra, esprimiamo tutta la nostra gratitudine a coloro che hanno reso l’estremo sacrificio affinché potessimo celebrare i 75 anni di uno dei più grandi miracoli dell’era moderna. Chag Atzmaut Sameach – Felice Giorno dell’Indipendenza, Israele.
(Da: Jerusalem Post, 25.4.23)