I media israeliani sulla visita di Reza Ciro Pahlevi in Israele
Cronache israeliane di Deborah Fait
Reza Ciro Pahlevi
Ricordo quando ero una ragazzina e seguivo gli avvenimenti della corte dello Shah di Persia, Reza Pahlevi e delle sue mogli, prima Soraya e poi Farah Diba. La seconda mi era più simpatica perché, avendo già incominciato la mia lotta contro l’antiebraismo/antisionismo unita al femminismo militante, ero affascinata dalla modernità dell’imperatrice e dalla sua dichiarata ammirazione per Israele. Ero solo un’adolescente ma avevo già le idee chiare di quello che sarebbe stato il mio impegno nella vita. Avevo letto che l’imperatrice si batteva per l’emancipazione delle donne persiane e che portava loro l’esempio delle donne israeliane. Per questi due motivi Farah Diba era diventata la mia eroina, la sentivo come una compagna di lotte, come una di noi. Vedevo le ragazze di Teheran andare per strada con i capelli al vento e le minigonne, leggevo sui media dell’epoca che la loro imperatrice le incoraggiava a farlo e, soprattutto le incoraggiava a studiare. Era una donna colta, aveva studiato alla Teheran Italian School e poi in un college francese. Dal matrimonio con l’imperatore erano nati 4 figli, il maggiore, erede al trono, Reza Ciro Pahlevi aveva solo 17 anni quando il buio si impossessò della Persia nella persona dell’Ayatollah Khomeini. Con la rivoluzione islamica e l’esilio dello Shah cambiò tutto. La Persia cessò di esistere con la sua cultura millenaria e i suoi forti legami con gli ebrei e con Israele, per trasformarsi nel mostro che è oggi. Terrore e violenza, le donne chiuse nei neri hijab, i veli neri a coprire i capelli, la libertà di un tempo solo un brutto ricordo. La Famiglia imperiale si trasferì negli USA e da allora le notizie si fecero sempre più rare, si seppe soltanto che lo Shah era morto di cancro. La prima notizia dell’esistenza della Famiglia imperiale è stato l’arrivo inaspettato in Israele proprio del principe ereditario Reza Ciro per una visita ufficiale, la prima in assoluto fuori dagli Stati Uniti dal giorno dell’esilio. I media israeliani ne hanno dato notizia con grande interesse, interrogandosi sui veri reconditi motivi che hanno portato a Gerusalemme il principe. “Le nostre nazioni possono vivere in pace. Noi siamo felici di essere qui per dedicarci insieme a un futuro di pace tra i popoli della regione”, ha dichiarato Reza Ciro appena sceso dall’aereo con la moglie Yakima, ricevuto dal ministro dell’Intelligence israeliano Gila Gamliel. E ha aggiunto “Dai figli di Ciro, il Grande, ai figli di Israele, noi costruiremo insieme il futuro con amicizia e fratellanza”.
Il Jerusalem Post scrive che questa visita vuole essere un messaggio di unità tra il popolo di Israele e il popolo iraniano. Le due nazioni, Persia e Israele, avevano rapporti di profonda amicizia prima che il moderno stato dello Shah fosse distrutto nel 1979 dall’avvento della Repubblica islamica. Da quella data gli ayatollah hanno incominciato a minacciare di morte Israele. Negano la Shoah, dicono di avere pronta la bomba che distruggerà Israele, organizzano ogni anno la settimana dell’odio premiando la vignetta più ferocemente antisemita. Purtroppo non sono pochi gli occidentali che partecipano a questo vergognoso festival dell’odio. Quasi a voler ergersi contro quegli ayatollah che occupano il suo paese, Reza Ciro, dall’aeroporto, è andato direttamente allo Yad vaShem, il mausoleo della Shoah a Gerusalemme. “Essere qui proprio nel Giorno della Memoria della Shoah ha per me un significato speciale. Sono vicino ai sopravvissuti e credo che mantenere viva la Memoria sia di grande importanza. Come diceva Elie Wiesel, senza memoria non c’è speranza” Come la ragazzina di tanti anni fa, sogno e spero che un giorno cada la Repubblica islamica dell’Iran, il mostro che tortura un intero popolo, e che Reza Ciro torni sul trono dei Pahlevi e riporti l’Iran alla grandezza della Persia di un tempo. Forse è solo un sogno ma questa visita improvvisa in Israele è da molti ritenuta un segnale di speranza. Forse i caffettani degli ayatollah stanno tremando, forse vedremo cadere qualche turbante. Sperare è lecito.