L’appuntamento era a place des Grands-Hommes. Ma sono tre donne ad arrivare una dopo l’altra. Tre donne ironiche, combattenti, refrattarie: Élisabeth Badinter, Sonia Mabrouk, Abnousse Shalmani”. Comincia così l’articolo di Alexandre Devecchio pubblicato dal Figaro. “Perché loro tre? Perché ognuna alla propria maniera incarna lo spirito francese, difende una certa arte di vivere e la libertà. Perché ora? Perché in questo inizio di Ventunesimo secolo, la libertà, appunto, sembra nuovamente minacciata. Non solo nei regimi autoritari, ma anche nel cuore delle nostre democrazie occidentali. Attraverso nuove ideologie in “ismo”: wokismo, decolonialismo, neofemminismo. E la più mortifera tra queste, l’islamismo, che vuole imporre il suo controllo sul corpo delle donne e farne uno strumento di potere. Tutte queste ideologie hanno come punto in comune quello di voler decostruire le fondamenta della nostra civiltà (…). Femminista laica e universalista, Badinter è inquieta per l’ascesa di un neofemminismo ‘revanscista e ‘differenzialista’ che, secondo lei, disonora il femminismo. Un nuovo femminismo compiacente con l’islam che cataloga ora la specialista della filosofia dei Lumi nel campo dei reazionari. Élisabeth Badinter, al contrario, si riconosce in Sonia Mabrouk e Abnousse Shalmani: vede in loro le eredi capaci di portare avanti e prolungare queste battaglie. E queste ultime si iscrivono volentieri sulla sua scia. Come Badinter si diceva ‘figlia di Simone de Beauvoir’, Abnousse Shalmani potrebbe dirsi figlia di Élisabeth Badinter. ‘Ha avuto un grande ruolo nella mia formazione intellettuale: arrivando dall’Iran, ero alla ricerca di donne come lei’, ricorda Shalmani (…). Per Abnousse Shalmani, è anzitutto l’esperienza intima ad aver alimentato il suo femminismo e il suo bisogno viscerale di libertà. La scena si svolge a Teheran nel 1983, quattro anni dopo la rivoluzione. Abnousse ha soltanto sei anni e si ribella a suo modo contro la dittatura di Khomeini e dei mullah. ‘Non voglio indossare questa cosa! E in più è brutto! Basta!’. La bambina non sopporta il velo che le viene imposto a scuola. Quando suona l’ultima campanella, si vendica e se lo toglie (…). Come Élisabeth Badinter, non si riconosce nell’essenzialismo del nuovo femminismo che considera tutti gli uomini come dei carnefici e tutte le donne come delle vittime. Le donne, così come gli uomini, posso essere secondo lei di volta in volta vittime o carnefici. ‘La polizia morale che ha che sequestrato e picchiato Mahsa Amini è composta al 60 per cento da donne’, sottolinea. E ironizza sulle neofemministe che parlano di società patriarcale a proposito della Francia: ‘Se la Francia è una società patriarcale, allora come dobbiamo qualificare l’Iran?’. ‘In Francia le neofemministe si comportano come se avessero una terribile rivincita da prendere sugli uomini, nonostante siano molto giovani e non abbiano conosciuto l’epoca in cui sussistevano delle forti diseguaglianze’, analizza Badinter (…). Agli occhi di Abnousse Shalmani, ‘i rappresentanti del Wokistan condividono con i mullah la volontà di cambiare l’uomo a partire dalla sua natura profonda (…). Il rifiuto del velo simboleggia il rifiuto della sharia e dell’islam, e significa che il regime è già crollato nelle teste: la rivoluzione delle mentalità è stata fatta’, vuole credere Shalmani, ‘non resta che far cadere i mullah dal trono (…). Sonia Mabrouk si dice affezionata alla laicità, ma non si riconosce negli abbattitori di statue e deplora il fatto che alcuni militanti laici confondano laicità e vuoto spirituale e culturale, cosciente che l’islamismo approfitta di questo vuoto. ‘Tutti parlano di valori – constata la giornalista tunisina – ma questi valori sono delle parole macedonia che si fa fatica a definire e che in fondo sono disincarnate’. ‘La laicità non deve condurci a cancellare le radici cristiane della Francia, a negare la nostra storia’, afferma. Sonia Mabrouk è convinta che la battaglia contro l’islamismo passi da un triplo riarmo, spirituale, culturale e morale, che ha definito nel suo ultimo libro la riconquista del sacro. La malattia, e in seguito la morte dolorosa della madre pochi mesi fa, l’hanno spinta a ripensare al modo in cui il governo francese ha gestito la crisi sanitaria: le restrizioni sui riti funerari l’hanno particolarmente scioccata e sarebbero state, secondo lei, inimmaginabili nel Maghreb. In questo vede il sintomo mortifero di un relativismo, di una desacralizzazione che mina l’occidente dall’interno e spiega la sua debolezza dinanzi agli avversari: ‘La vostra civiltà marcisce dalla testa, come i pesci. Le vostre chiese sono vuote, le trasformeremo in moschee”, faceva dire a un jihadista in un precedente romanzo.
(Traduzione di Mauro Zanon)
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