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La Repubblica Rassegna Stampa
21.04.2023 Lgbtq, la Ue mette l’Italia con Polonia e Ungheria
Cronaca di Claudio Tito

Testata: La Repubblica
Data: 21 aprile 2023
Pagina: 7
Autore: Claudio Tito
Titolo: «"Retorica anti Lgbtq+”, Strasburgo mette l’Italia con Polonia e Ungheria»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 21/04/2023, a pag. 7, con il titolo "Retorica anti Lgbtq+”, Strasburgo mette l’Italia con Polonia e Ungheria" la cronaca di Claudio Tito.

Arriva la prima rete di insegnanti Lgbt+, Fratelli d'Italia attacca:

BRUXELLES — Il Parlamento europeo assesta un nuovo schiaffo all’Italia e alla maggioranza di destra. Una condanna vera e propria della retorica utilizzata contro le comunità Lgbtq+. Ieri infatti, durante la sessione plenaria dell’Eurocamera a Strasburgo, è stato approvato un emendamento dei Verdi che «condanna fermamente la diffusione di retorica anti-diritti, anti- gender e anti-Lgbtq+ da parte di alcuni influenti leader politici e governi nell’Ue, come nel caso di Ungheria, Polonia e Italia». Il nostro Paese viene quindi associato a quelli guidati da esecutivi sovranisti, in passato già sanzionati dall’Ue per procedure antidemocratiche e lesive dello stato di diritto. Sia Varsavia sia Budapest sono sotto osservazione da parte della Commissione proprio per alcune leggi riguardanti le minoranze omosessuali e anche per quelli sulla amministrazione della Giustizia. Un vero buco nero all’interno dell’Unione europea. L’emendamento, approvato con 282 voti a favore, 235 contrari e 10 astenuti era stato inserito nella relazione sulla depenalizzazione universale dell’omosessualità, alla luce dei recenti sviluppi in Uganda. La relazione è stata approvata invece con 416 voti a favore, 62 contrari e 36 astenuti. Per il sì all’emendamento in difesa delle comunità Lgbtq+, oltre agli stessi Verdi, si sono schierati i socialisti di S&D, la Sinistra e i liberali di Renew. Ma dal calcolo dei voti appare plausibile che anche un gruppo di parlamentari del Ppe – probabilmente del nord Europa – abbia sostenuto la censura. L’indicazione data dai vertici popolari è stata quella di non votare per la proposta dei Verdi. Non votare, che non vuole dire esprimersi esplicitamente contro. Resta il fatto che senza l’aiuto di almeno un piccolo pacchetto di europarlamentari Ppe difficilmente quel testo avrebbe ricevuto il sostegno del Parlamento europeo. Si tratta dell’ulteriore segno che in questa fase il tentativo del presidente del Ppe, il tedesco Manfred Weber, di consolidare la collaborazione con i Conservatori meloniani dell’Ecr, trova molti ostacoli. Una quota consistenti di popolari non stanno apprezzando lo slittamento a destra del loro partito e soprattutto non stanno apprezzando la tensione nei confronti di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue e “collega” di partito. Il malcontento è emerso anche in occasione dei voti sul Patto per l’Asilo e i Migranti. Al momento del voto si è verificata una situazione analoga. Non solo il Ppe è stato sconfitto sulla richiesta di mettere a disposizione delle eventuali costruzioni di muri “Anti- migranti” una quota del bilancio comunitario, si è riscontratapure la spaccatura nel merito del Patto sull’Asilo e i Migranti. In quel caso si è poi dimostrato che i sovranisti non hanno alcuna intenzione di aiutare l’Italia e i Paesi del Mediterraneo nell’emergenza migratoria. Circostanza che ha determinato una divisione all’interno dello stesso gruppo Ecr con gli italianiinevitabilmente a favoredell’approvazione del Patto. Del resto, una delle differenze fondamentali tra l’Ecr e il Ppe si concentra proprio sulla linea da tenere sugli extracomunitari. I conservatori, come si è capito anche in queste occasioni, non vogliono i migranti tout court . I popolari sono tradizionalmente disponibili al confronto. La bacchettata dell’Europarlamento comunque ha provocato la reazione dellla maggioranza italiana di centrodestra. Ma restano la sanzione e il giudizio ormai consolidato di uno schiacciamento dell’Italia sulle posizionidei Paesi di Visegrad.

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