La memoria non è militanza Commento di Elena Loewenthal
Testata: La Stampa Data: 17 aprile 2023 Pagina: 9 Autore: Elena Loewenthal Titolo: «La memoria non è mai militanza»
Riprendiamo da La Stampa di oggi, 17/04/2023, a pag.9, con il titolo "La memoria non è mai militanza" il commento di Elena Loewenthal.
Elena Loewenthal
Stefano e Virgilio avevano otto e ventidue anni. Mezzo secolo fa sono morti bruciati non per colpa di un cortocircuito ma perché alcuni membri di Potere Operaio avevano appiccato il fuoco a casa loro, per uccidere. Il rogo di Primavalle è una pagina buia del nostro passato recente, come ha sottolineato ieri la premier nel suo messaggio di commemorazione. E quei due fratelli sono state le vittime di un odio ideologico, la preda di un delitto politico che è dovere di tutti ricordare. Ma come? Non certo per un'ansia di pacificazione che non è mai compatibile con la violenza del passato, di qualunque colore essa sia. Non si tratta di «pacificare» la memoria; non certo nel senso di quella impossibile conciliazione della sfera politica cui la sorella di Stefano e Virgilio ha detto ieri di non poter procedere perché nessuno le «ha chiesto scusa» di quel che ha fatto. Non è questo il punto: la memoria non chiede di far pace con il passato. Chiede di prenderne coscienza, senza pretendere né di assolvere né di puntare un dito accusatorio. Questo dovrebbe essere sempre il senso del ricordare: sapere che è accaduto e che potrebbe ancora accadere ma che bisogna pensare e fare in modo che non accada più. Senza chiamare in causa una politica che di fronte al passato è, o dovrebbe essere sempre, materia inerte. La memoria è per definizione incompatibile con la militanza. Nelle commemorazioni della violenza politica che divampò negli anni Settanta – gli anni della cosidetta lotta armata della sinistra –, questo dovrebbe essere il senso del ricordare il piombo rosso. Ma non sempre pare essere così, nell'enfasi politica che a volte accompagna queste cerimonie, in cui si ravvisa come un'ansia di «fare giustizia» della e attraverso la memoria, rendendo così onore alle vittime della violenza di sinistra. Il pensiero a quel tempo e a quelle stragi dovrebbe funzionare come mezzo di coscienza collettiva, portare alla luce la storia. Ma non per inasprire i contrasti di oggi. Ricordare e commemorare (che significa letteralmente «ricordare insieme») significa cercare quell'equilibrio che la nostra storia recente non ha trovato per il fatto stesso che ha prodotto una violenza cieca, insensata, assurda. In questo senso, la memoria non dovrebbe mai avere nulla a che fare né con il vendicare e nemmeno con il rivendicare. È un deporre le armi doppiamente: nei confronti di un passato che non c'è purtroppo modo di cambiare perché quel che è stato e stato e tutto è ormai tanto ineluttabile quanto imperdonabile. E del presente, sul quale la memoria dovrebbe alzare bandiera bianca invece di diventare uno strumento di rivendicazione ideologica. Perché ricordare non ci rende migliori ma almeno dovrebbe renderci più consapevoli. Trasformarla in uno strumento per inasprire i contrasti – ideologici o politici che siano – significa ipotecare il futuro, rassegnarsi al fatto che tanto non può che andare sempre così, su fronti opposti che continueranno a guardarsi in cagnesco quando non a farsi la guerra a vicenda.
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