Putin distrugge l'Ucraina: perché il Corriere non invia Sergio Romano? Cronaca di Lorenzo Cremonesi
Testata: Corriere della Sera Data: 16 aprile 2023 Pagina: 8 Autore: Lorenzo Cremonesi Titolo: «A Sloviansk sotto i missili S-300 che distruggono i palazzi dei civili»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 16/04/2023, a pag.8, con il titolo 'A Sloviansk sotto i missili S-300 che distruggono i palazzi dei civili' l'analisi di Lorenzo Cremonesi.
Perché il Corriere non invia in Ucraina come corrispondente Sergio Romano, che invece continua a diffondere comodamente da casa propaganda pro Putin?
Ecco l'articolo:
Lorenzo Cremonesi
Quando cadono i missili in piena notte in genere si resta nel letto come pietrificati dalla paura, in attesa. Tanti contano i colpi: uno, due, tre…in genere sono salve di cinque o sei, poi torna la calma e allora si odono le sirene dei mezzi di soccorso, che sfrecciano per le vie svuotate dal coprifuoco notturno. Ormai quasi nessuno scende nei rifugi, neppure quando suona per tempo l’allarme: gli ucraini si sono abituati ai bombardamenti, sperano nella legge delle probabilità. Negli ultimi tempi diverse famiglie, che erano sfollate verso le regioni occidentali nelle prime settimane della guerra, sono tornate contando più che altro sulla fortuna. Chi ha deciso di restare nel Donbass spera scaramanticamente nella possibilità che l’esplosione colpisca altrove. Nel buio lo squasso della deflagrazione arriva allo stomaco, tremano i vetri, l’onda d’urto fa vibrare muri e soffitti. Se i rimbombi capitano vicini, allora si odono il tintinnare delle finestre infrante, lo sconquasso dei rottami che precipitano sul marciapiede, il bagliore dello scoppio si riverbera nelle stanze. Meglio è quando l’attacco avviene durante il giorno: manca l’ostilità ancestrale del buio, la luce addomestica la paura, il traffico per le strade rende la città più amichevole. I più, nell’udire gli scoppi, si accostano ai muri, guardando in alto per assicurarsi che nulla cada dai tetti. Quindi, si premurano di estrarre i cellulari per capire cosa sia accaduto: i siti d’informazione locali sono veloci nel riportare le cronache dei bombardamenti. Così è stato anche venerdì pomeriggio qui nelle zone urbane del Donbass affacciate al settore della cittadina di Bakhmut assediata dall’esercito russo ormai da circa nove mesi. A Kramatorsk verso le cinque del pomeriggio si sono udite almeno cinque forti deflagrazioni, che hanno fatto tremare le mura dello stabile dove abbiamo affittato un appartamento. Poco dopo è stato possibile verificare che tre missili avevano centrato alcuni magazzini e box semivuoti nei pressi della scuola Numero Nove, circa 200 metri in linea d’aria dalle nostre stanze. Non ci sono vittime civili. Attorno non abbiamo individuato alcun segno di presenza militare. Però non sappiamo se altrove siano stati colpiti siti militari o se tra le vittime ci siano soldati. La censura vieta queste informazioni. Anche Kostyantynivka è stata colpita: da qui operano buona parte delle unità impegnate a Bakhmut, non ci sono notizie. Molto più gravi sono state invece le conseguenze del bombardamento alla stessa ora sulla cittadina di Sloviansk, una quindicina di chilometri a nord di Kramatorsk. Già l’altra sera erano segnalati 9 morti civili. Una madre e una figlia sono intanto decedute sotto le bombe russe nel Kherson. Si aggiungono agli 8.451 morti e 14.156 feriti civili ucraini che le Nazioni Unite registrano dal 24 febbraio 2022 al 3 aprile scorso. A loro volta da Mosca sostengono che le bombe ucraine ieri hanno ucciso 4 civili e feriti 11 nelle zone del Donetsk filorusso. Ieri mattina ci siamo recati a Sloviansk e lo scempio si è rivelato in tutta la sua gravità. «I russi hanno tirato almeno 7 missili S-300 sull’area urbana», ha dichiarato il governatore ucraino del Donetsk, Pavlo Krylyenko. Sono armi da guerra, costruite per abbattere gli aerei o come antimissili, i loro effetti sui palazzi a più piani, che qui sono ancora per lo più dell’era sovietica in pannelli di cemento prefabbricati, possono essere devastanti. A ieri sera i morti ritrovati erano saliti ad almeno 11, ma si riteneva che il numero finale possa sfiorare la quindicina, visto che mancano ancora quattro o cinque persone all’appello. Tra loro anche un bambino di due anni, deceduto mentre era nell’ambulanza: il papà è ancora disperso, la mamma è salva perché si trovava nel loro negozio. Le vittime sono quasi tutte concentrate in un palazzo a sei piani, di cui gli ultimi due sono stati completamente sbriciolati. Si trova al numero 6 della strada Parkava, nel quartiere di Moladiosni: attorno non è visibile alcun sito militare: non depositi, non postazioni di artiglieria, non caserme o edifici adibiti a dormitorio per le truppe. «Questa notte non ho dormito, sono sotto choc, non so cosa farò», ci ha detto tremante tra i sopravvissuti Radmir Bondarienka, 54 anni, che è rimasto per accudire la madre 85enne. Il governo ucraino continua a chiedere che gli alleati mandino al più presto armi antiaeree. Il presidente Zelensky accusa «lo Stato russo del male, che mostra la sua essenza assassina». Nei prossimi giorni dovrebbero arrivare i missili americani Patriot, sono attesi anche i Samp-T italiani e francesi. Intanto, il governo di Varsavia, che pure è tra i massimi sostenitori dello sforzo bellico di Kiev, ha deciso di bloccare temporaneamente l’import del grano e di altri prodotti agricoli ucraini che stanno danneggiando i contadini polacchi.
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