Testata: La Stampa Data: 16 aprile 2023 Pagina: 14 Autore: Anna Zafesova Titolo: «Navalny, il veleno di Putin»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 16/04/2023, a pag.14 con il titolo "Navalny, il veleno di Putin" il commento di Anna Zafesova.
Anna Zafesova
Alexei Navalny
Nessun corteo del 1° maggio a Mosca: «Il livello del pericolo terroristico è troppo elevato», comunica il vicepresidente della Federazione dei sindacati indipendenti Aleksandr Shershukov, e quindi non si sfilerà in piazza Rossa e non si terranno comizi con le bandiere rosse. Non che i sindacati (indipendenti soltanto nel nome) si aspettassero un grande afflusso di manifestanti: dopo la fine del regime sovietico i moscoviti associano la festa dei lavoratori più alla partenza verso le dacie da rimettere in sesto dopo l'inverno che alla lotta per i propri diritti. Ma la tradizione è rimasta, e il fatto che il corteo venga cancellato per paura di un «atto terroristico» è un segnale inedito e inquietante. È singolare che il Cremlino decida di discutere pubblicamente la sua paura di un attacco contro Mosca, in una ammissione di vulnerabilità che contraddice la retorica aggressiva della propaganda. Soltanto un mese, fa la cancellazione del concerto per l'anniversario dell'annessione della Crimea che doveva tenersi allo stadio Luzhniki era passata sotto silenzio, come il rinvio più volte del discorso al parlamento di Vladimir Putin, preoccupato secondo diverse voci di diventare un bersaglio dei droni ucraini. Adesso se ne discute senza imbarazzo e le autorità di diverse regioni frontaliere cancellano anche l'appuntamento più sacro del calendario putinista, la parata della Vittoria il 9 maggio, abolita in Crimea, a Kursk e a Belgorod, il cui governatore dice esplicitamente di non volere «provocare il nemico». Da potenza che attacca, la Russia si sente ormai il bersaglio sotto attacco, e le difese antiaeree installate nel centro di Mosca e nei pressi delle dacie di Putin non hanno sortito un effetto tranquillizzante, semmai l'opposto. Nelle inserzioni immobiliari della capitale la prossimità di una batteria di missili Panzir viene ormai menzionata tra i vantaggi della casa, insieme alle zone di verde nel vicinato e ai collegamenti con i mezzi. Ma la sensazione di vulnerabilità è qualcosa di nuovo e sgradito, anche perché i droni ucraini (e i gruppi di infiltrati) hanno già colpito alle porte di Mosca, e i continui incendi ed esplosioni nelle fabbriche militari e nelle caserme – l'ultima è di ieri, al poligono dei carri armati a Kazan, secondo i social una detonazione del magazzino esplosivi con 30 morti – non fanno che aumentarla. Con il regime che si trova di fronte a un dilemma: ammettere di essere sotto attacco significa aumentare lo scontento, ma nello stesso tempo permette di coalizzare l'opinione pubblica, e aumentare la repressione del dissenso, ormai apertamente accusato di complicità con Kyiv. È proprio questa la pista proposta per la bomba contro il propagandista nazionalista Vladlen Tatarsky, ucciso a Pietroburgo dieci giorni fa: una bomba piazzata su ordine degli ucraini dai seguaci del movimento di Alexey Navalny, proclamato una «organizzazione terroristica». Un pretesto per distruggere quel poco che resta di una opposizione il cui leader viene torturato in carcere: il suo collaboratore Ruslan Shaveddinov ha dichiarato venerdì ai giornali britannici che Navalny è «in condizioni critiche», dopo un ennesima reclusione in cella di punizione. Ha perso 8 chili in 15 giorni, lamenta dei forti dolori addominali e gli viene negata la possibilità di ricevere visite di medici qualificati, ottenere i medicinali inviati da sua madre e acquistare prodotti alimentari nell'emporio del carcere. I medici della prigione continuano a non rivelare a Navalny la sua diagnosi, e il fatto che nei giorni scorsi siano stati costretti a chiamare per il dissidente un'ambulanza dimostra, secondo Shaveddinov, che le sue condizioni sono molto serie. Dopo la visita dell'ambulanza non sono giunte altre notizie dal carcere, e il collaboratore del politico ritiene che «lo stanno uccidendo gradualmente con un veleno ad azione lenta nel suo cibo». Un'ipotesi che non suona incredibile, considerando che Navalny era già stato avvelenato dai servizi russi nel 2020, e che Mosca non si sente più vincolata dall'opinione pubblica internazionale nel sterminare ogni dissenso. A confermare il sospetto che il Cremlino voglia eliminare il problema Navalny alla radice è arrivato anche l'ex presidente georgiano Mikheil Saakashvili, a sua volta oggi detenuto e a Tbilisi, e in condizioni di salute peggiorate a tal punto da far sospettare un avvelenamento. Rispondendo a un messaggio di solidarietà mandatogli da Navalny, Saakashvili ha augurato al dissidente russo di «sopravvivere, tornare in libertà e di raggiungere il suo obiettivo», cioè «diventare presidente di quel che resterà della Russia».
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