Roma ignorò l'allarme: Meloni tace Cronaca di Giuliano Foschini, Fabio Tonacci
Testata: La Repubblica Data: 14 aprile 2023 Pagina: 11 Autore: Giuliano Foschini, Fabio Tonacci Titolo: «Gli Usa avvisarono il governo sul rischio di fuga della spia. Ma Roma ignorò l’allarme»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 14/04/2023, a pag. 11, con il titolo "Gli Usa avvisarono il governo sul rischio di fuga della spia. Ma Roma ignorò l’allarme", l'analisi di Giuliano Foschini, Fabio Tonacci.
Giuliano Foschini Fabio Tonacci
Gli Stati Uniti avevano avvisato l’Italia, con una relazione inviata al ministero della Giustizia, del rischio fuga di Artem Uss. Ma, ciò nonostante, nessuna misura straordinaria è stata presa. Il dato emerge dagli atti allegati all’inchiesta sul magnate russo e mette in difficoltà il governo. Com’era inevitabile, l’evasione di Uss è diventato un caso politico. E ieri la premier Giorgia Meloni ha spiegato al Copasir che se una responsabilità c’è stata non è da individuarsi né nell’Intelligence né tantomeno nel governo. Ma su chi – la magistratura – ha deciso di mandare il magnate russo, fermato in aeroporto a Milano il 18 ottobre scorso sulla base di un mandato di cattura americano (Uss era accusato di contrabbando di petrolio, reati finanziari, traffico di tecnologie militari e riciclaggio), agli arresti domiciliari da cui è scappato lo scorso 22 marzo. Poche ore dopo il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha annunciato un’ispezione in Corte d’Appello di Milano «relativamente alla decisione dei magistrati di sostituire la misura della custodia cautelare in carcere con gli arrestidomiciliari e braccialetto elettronico». «Nessuno», ha detto in sintesi la premier davanti al Comitato (con il presidente Lorenzo Guerini che però ha smentito categoricamente che la premier abbia pronunciato frasi contro altri organi dello Stato, come invece era stato riportato dopo l’audizione) «aveva avvisato né il governo e nemmeno l’Intelligence che Uss potesse rappresentare un pericolo per la nostra sicurezza nazionale». In realtà leggendo gli atti emerge un’altra verità. E cioè che il governo e il ministero della Giustizia sapessero perfettamente chi era Uss e, soprattutto, erano a conoscenza del rischio fuga. Lo sapevano perché gli era stato indicato chiaramente dall’ambasciata americana. Che da un lato aveva indicato – trasmettendo gli atti di indagine – che Uss non era un “semplice” contrabbandiere di petrolio. Ma un sospetto trafficante di armi, accusato di comprare quella tecnologia hi-tech che a Putin serviva nella guerra in Ucraina. E dall’altro gli Stati Uniti avevano esplicitamente denunciato il rischio evasione. Il primo allarme arriva 24 ore dopo la cattura di Uss. È il 19 ottobre e a scrivere al ministero della Giustizia è il magistrato americano che si occupa dell’inchiesta: «Esiste – scrive – un altissimo pericolo di fuga», esortando i colleghi italiani a tenere una custodia cautelare in carcere. Così accade fin quando, siamo al 25 novembre, la presidente della quinta sezione penale della Corte di Appello di Milano, Monica Fagnoni, concede i domiciliari su richiesta degli avvocati di Uss. Gli americani ne vengono a conoscenza e così scrivono al ministero: la lettera, firmata da un funzionario dell’ambasciata americana a Roma, è indirizzata al direttore della Cooperazione giudiziaria, Gianfranco Criscione. «Dato l’altissimo rischio di fuga che Uss presenta – si legge - esortiamo le autorità italiane a prendere tutte le misure possibili per disporre nei confronti di Uss la misura della custodia cautelare per l’intera durata del processo di estradizione». Dunque, il governo sapeva benissimo che Uss poteva scappare e ciò nonostante non hanno attivato i canali di intelligence, e non solo, per evitare una fuga così incredibile. Lasciando tutto nelle mani dei carabinieri di Basiglio (dove Uss era agli arresti) che, tra l’altro, avevano solo il compito del controllo senza alcuna indicazione di sorveglianza speciale o vigilanza. Ma c’è di più: nella stessa comunicazione gli americani motivano la loro preoccupazione parlando di precedenti specifici. Sei casi in tre anni, cioè, di detenuti fuggiti dall’Italia «mentre era in corso una richiesta di estradizione dagli Stati Uniti». Si tratta di Laura Virginia Fernandez Ibarra, Efeturi Simeon, Christopher Charles Garner, Christos Panagiotakoupolos, Daisy Teresa Rafoi-Bleuler, Uwe Bangert, tutti ricercati dagli americani per i reati più disparati (dalle truffe informatiche ai reati sessuali) e fuggiti, sparendo nel nulla, mentre erano agli arresti domiciliari nel nostro Paese. Proprio come Uss.
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